Inchieste

Clausura: niente tv, no internet e rarissime uscite rendono “felici”

Intervista esclusiva a una Monaca Carmelitana: “la clausura è libertà”.

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“La gente fatica a comprendere quanto sia bella la nostra vita. Non siamo delle ‘recluse’ ma persone profondamente felici. Quello che è più difficile da percepire è il legame profondo che c’è con chi è fuori. La nostra preghiera serve a cambiare il mondo dalle fondamenta, e cioè dal cuore”.
Suor Elisabetta - al secolo Enrica - ha 39 anni e da 20 vive nel monastero carmelitano di San Giuseppe e Teresa di Macchia di Bussone a Terni, in strettissima clausura. Eppure quando viene “costretta” a parlare è un fiume in piena e una valanga di entusiasmo, gioia, allegria. Una gioia testimoniata anche dalle sue consorelle ogni volta che si presenta un’occasione pubblica. E non è raro: perché il Carmelo ternano è tra i più attivi e “inter-attivi”.

Le monache – alcune delle quali sono ex musiciste provenienti da tutta Europa – hanno pubblicato recentemente persino un disco, interamente composto e suonato da loro e ispirato alle opere di Santa Teresa d’Avila.

 

Come si fa a vivere in clausura, senza mai uscire dal monastero per tutta la vita?

“La nostra è una vita bellissima. Una vita per la quale, comunque, bisogna essere portate, e questo non dipende da una scelta personale ma da una chiamata del Signore. Il nostro stare qui serve proprio a dare un anima a ciò che c’è fuori, a dare amore dove non c’è, a pregare - in qualche modo - anche per chi non prega”.

 

Avete la televisione e internet?

“No. Leggiamo il giornale, ma in realtà abbiamo pochi contatti con l’esterno”.

 

Come potete, dunque, aiutare chi è fuori?

“So che è difficile capire ma nell’economia del Signore è così. Se non c'è un’anima spirituale, nel mondo, il mondo non ce la fa. E noi vogliamo offrire la nostra povera preghiera con tutto il cuore”.

 

E’ vero anche che il vostro monastero è sempre stato molto “aperto”: avete addirittura registrato un disco.

“La nostra vita non avrebbe senso se non ci fosse qualcuno da aiutare: non siamo qui per crescere nella santità personale: il nostro scopo è fecondare il bene che c’è nel mondo e ce la mettiamo tutta per farlo”.

 

Da monache-cantanti, cosa pensate del successo di suor Cristina?

“Ci hanno parlato di lei, ma sicuramente è un’operazione molto diversa dalla nostra! Noi abbiamo fatto tutto in monastero, compreso il mix”.

 

È giusto che una suora entri nel mondo dello spettacolo?

“Sono passi che vanno fatti all’interno del proprio ordine. La vita religiosa è molto lontana dal teatro e dalla televisione e prendere quella strada può essere anche pericoloso per chi ha scelto una vita che rovescia completamente i valori di quel mondo”.

 

 

 

Voi di certo con il vostro disco non andrete a The Voice e nemmeno a Sanremo.

“Il nostro obiettivo è solo quello di far conoscere le opere di Santa Teresa. Non abbiamo niente contro suor Cristina e sappiamo che in una trasmissione ha fatto recitare a tutti il Padre nostro: poverina, ce la mette tutta per spiritualizzare l’evento, ma noi facciamo qualcosa di molto diverso”.

 

Oggi, paradossalmente, la vita di clausura attira più degli ordini tradizionali.

“Forse perché i compiti che per secoli hanno caratterizzato le suore – come la maestra o l’infermiera – vengono svolti da donne laiche. Si sente invece un bisogno di radicalità. Entrare in clausura significa immergersi completamente nella vita religiosa e in Dio, senza distrazioni”.

 

Quando e come hai deciso di entrare nel Carmelo?

“Io sono entrata in monastero che avevo 19 anni. Desideravo che la mia vita avesse uno scopo per aiutare gli altri. Nella mia adolescenza ne ho pensate tante, ma sentivo forte il fascino per questo tipo di vita, che pure è visto come un altro mondo”.

 

Perché, non è un altro mondo?

“Sì, in effetti lo è. Ma è un mondo diverso: più semplice, più essenziale in tutto, però più profondo. Io sono convinta che è il Signore che traccia la strada e ti fa desiderare un certo tipo di vita e tu capisci che è proprio quella. Entrare nel Carmelo è come sposare un uomo: non ti sposi con un uomo qualsiasi, ma proprio con lui. Così è per la vita religiosa”.

 

Come ti sei innamorata del Carmelo?

“Con la lettura delle opere di santa Teresa di Gesù bambino, che è una donna molto affascinante: è una santa semplice, alla portata di tutti, ma che viveva seriamente il suo rapporto con il Signore e la sua donazione, quindi leggerla ti fa venire voglia davvero di fare sul serio la tua parte. Una piccola parte ma che puoi fare solo tu”.

 

E’ stata dura resistere per quasi vent’anni?

“E’ il Signore che dà la forza ogni giorno per crescere nella fedeltà. Io penso che sia un dono. Poi resta il fatto che si può capire durante il cammino che non è la propria strada”.

 

Si può uscire?

“La chiave è attaccata alla porta. Non c’è nessuna difficoltà”.

 

 

Dieci anni fa mi hai detto che fare la monaca di clausura è come sposare l’uomo che ami, ma andare a vivere con tua cognata.

“E’ vero, ma oggi penso che la difficoltà più grande non siano le altre monache, ma combattere con la propria povertà. Ci è chiesta una fedeltà nelle piccole cose e possono esserci momenti in cui è difficile credere in sé stessi. In quei momenti assaggiando la tua miseria capisci che è il Signore a supplire alla tua povertà e ti aiuta a superare quel momento e a farti progredire e – sì – ti senti molto amata. Sono momenti bellissimi perché sono di crescita, anche se dolorosi, perché di passaggio. Dopo questi momenti il cammino cambia: si diventa più liberi dentro. Le difficoltà con le sorelle, quindi, derivano dalle difficoltà che hai con te stessa”.

 

In quali casi uscite?

“Per problemi di salute e per andare a votare”.

 

Come è la giornata tipo di una monaca carmelitana?

“Siamo eremite che vivono in comunità. Alterniamo momenti di solitudine – con due ore di orazione silenziosa – e due ore di vita comunitaria. Poi c'è la preghiera liturgica in comune e il lavoro svolto in solitudine. Anche i pasti li facciamo insieme, quindi i due aspetti sono bilanciati”.

 

A che ora vi svegliate?

“Verso le cinque e un quarto: sistemiamo la casa, poi ci sono le lodi, orazione silenziosa, santa messa, poi le preghiere delle varie ore; durante la mattinata lavoriamo nell’orto o facciamo lavori di cucito; c’è chi decora i ceri, chi cucina, chi fa il bucato, c’è chi aiuta le sorelle malate. Dopo pranzo c’è un’ora di ricreazione insieme”.

 

Che fate?

“Lavori in comune, prove di canto, parliamo, stendiamo il bucato”.

 

Un po’ di gossip?

“Beh, c’è poco da chiacchierare! Al massimo possiamo parlare del discorso del papa che abbiamo letto durante il pranzo”

 

Vi piace questo papa così rivoluzionario?

“Sì, anche perché ci rendiamo conto che tante persone si avvicinano alla fede grazie al suo modo di fare, anche se a volte temiamo che possa essere frainteso. Ma sicuramente si sente che la Chiesa è viva in questo momento”.

 

Continuiamo la giornata.

“Preghiera, lettura spirituale, ancora lavoro”

 

Cosa leggete?

“Santi, Sacra scrittura, abbiamo una biblioteca molto fornita”

 

Solo argomenti religiosi, comunque.

“La cosa più laica che leggiamo è Avvenire! Poi lavoro fino ai vespri, poi ancora un’ora di orazione, cena, la ricreazione in comune, poi compieta e alle 21.30 ufficio delle letture. E verso le dieci-dieci e mezza andiamo a dormire”.

 

Com’è il rapporto con Dio? Litigate?

“Sicuramente non è sempre facile pregare. Ma noi crediamo che siamo qui anche per affrontare i momenti difficili proprio perché la preghiera sia più semplice per quelli che stanno fuori”.

 

 

Per voi la clausura non è solo un retaggio storico, come per le clarisse e le benedettine, ma una scelta mistica.

“Sì, santa Teresa ha scelto questa clausura radicale non perché vogliamo proteggerci dal mondo ma perché garantire alle monache un ambiente più protetto riesce a creare una condizione che possa aiutarci a crescere spiritualmente, cosa che è difficile se si è presi dal vortice del mondo. Non sarebbe possibile restare tutto questo tempo nella preghiera se avessimo la testa piena di tutto quello che c’è nel mondo. La clausura è un aiuto a vivere questa interiorità”.

 

Non vedete nemmeno i film?

“Raramente lo abbiamo fatto e ci siamo rese conto che non ci aiuta. Per dire, abbiamo visto il film di Mel Gibson sulla Passione, ma noi non siamo più abituate e anche se sono cose sacre ci rimbombano nel cervello. Abbiamo bisogno di un certo equilibrio. La clausura ci aiuta ad acquisire una maggiore sensibilità spirituale e queste cose ci colpirebbero troppo”.

 

Pesa, la clausura?

“Assolutamente no”

 

Mai avuta la tentazione di uscire?

“Mai, in vent’anni. E poi non siamo mica chiuse in casa, sai? Abbiamo un grande giardino: abbiamo l’orto, le pecore, le galline: quattro ettari di terra. Abbiamo troppi frutti buoni dalla clausura per desiderare di uscire”

 

Quando uscite cosa provate?

“Quando torniamo diciamo: “Gesù mio quello che c’è qua fuori!”. Noi viviamo in un ambiente spirituale molto accogliente, e quando siamo costrette a uscire - per esempio per andare a votare - torniamo stordite. Fuori è una giungla e diventa quasi difficile, per noi, capire tante sopraffazioni, tanta dispersione”.

Arnaldo Casali

di Arnaldo CasaliGiornalista esperto di Spettacolo, Cultura, Religione.