Inchieste

I santi fumatori: Padre Pio sniffava tabacco e la Chiesa non è mai stata contraria al fumo

Per secoli è stato permesso persino consumarlo in Chiesa, mentre era vietato accendere sigari e pipe, ma solo per evitare il rumore dell’acciarino.

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C’è una censura, nel santino ufficiale di Pier Giorgio Frassati. Quando nel 1990 l’attivista dell’Azione Cattolica è stato proclamato beato da Giovanni Paolo II, dalla foto che lo ritrae in montagna in tenuta alpina è stato eliminato, con un fotoritocco, un elemento giudicato sconveniente: la pipa.
Frassati, figlio del fondatore del quotidiano “La Stampa” e zio del giornalista e politico Jas Gawronski, morto nel 1925 a soli 24 anni dopo una breve ma intensa vita spesa in buona parte assistendo i poveri, senza dubbio si discosta molto dallo stereotipo del santo tutto preghiere, digiuno e penitenza: faceva infatti politica, amava andare in montagna con gli amici e fumava pipa e sigaro. E non è l’unico santo ad avere avuto il vizio del fumo: il suo concittadino san Giovanni Bosco era un altro fumatore di sigari e sigarette, mentre il severissimo e ascetico padre Pio, il tabacco preferiva sniffarlo.


D’altra parte, per quanto possa apparire strano oggi, la Chiesa cattolica, così severa sul sesso e così diffidente sull’umorismo, non ha mai avuto nulla da ridire sul tabacco. Anzi, per secoli è stato permesso persino consumarlo in Chiesa: esiste un’apposita disposizione che permette ai canonici (un grado intermedio tra semplice prete e monsignore) di “tabaccare” - ovvero di sniffare tabacco – in Cattedrale, mentre era vietato accendere sigari e pipe, ma solo per evitare il rumore dell’acciarino; e fu esclusivamente per proteggere i nuovissimi e preziosi pavimenti di San Pietro dagli sputi maleodoranti, se nel 1650 Innocenzo X proibì la masticazione del tabacco nella basilica, suscitando tra le proteste di preti e fedeli.

Un divieto revocato però nel 1725 da Benedetto XIII, stanco del continuo traffico di gente che usciva dalla chiesa durante la messa per andare a fumare.
E’ pur vero che san Giuseppe da Copertino - morto nel 1663 e altro accanito fumatore - sosteneva che il tabacco fosse un ottimo metodo per allontanare le tentazioni sessuali. Che è un po’ come prendere il caffè per digiunare.
E se il Movimento di rinnovamento carismatico “Comunità di Cristo Risorto” sostiene che “si può smettere di fumare con Gesù” e pubblica sul suo sito internet una serie di testimonianze di persone che raccontano come il percorso di conversione al cattolicesimo abbia coinciso con l’abbandono dell’amaro vizio e quelle di ex fumatori che si sono liberati della sigaretta grazie alle preghiere alla Madonna, i cattolici tabagisti reagiscono su Facebook con un gruppo chiamato “Santi fumatori” che chiama a raccolta i fedeli dediti al tabacco sotto lo slogan: “Santità in odor di nicotina. Che se non produce le nuvole del paradiso non produce manco il fumo di satana; se non è odor d’incenso non lo è manco di caprone”.

Qui si possono trovare altre notizie su santi, beati e pontefici dediti al tabacco, con tanto di foto che li ritraggono con la sigaretta in mano. A cominciare da san Giovanni XXIII, accanito fumatore da vescovo, che anche da papa non disdegnava una sigaretta la sera, mentre guardava il telegiornale.
Il passionista bulgaro Eugenio Bossilkov, martire del comunismo (è stato ucciso dal regime nel 1952 e proclamato beato da Giovanni Paolo II nel 1998) amava ripetere: “Dopo aver parlato di Dio e dopo una battuta di caccia ci sta bene anche un caffé, un sorso di whisky e perfino una boccata di sigaro o di pipa”. E con spirito profetico aggiungeva divertito: “Un giorno i Passionisti avranno un martire con la pipa”.

 

 


Altro beato martire e fumatore è Tito Brandisma, deportato a Dachau per la sua decisa opposizione al nazismo. Anche lui dedito alla pipa, è costretto a smettere di fumare proprio dai nazisti, ma la prende con filosofia. Nel suo diario il 29 gennaio 1942 scrive: “Era la festa del mansueto San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. Avevo ben ripulito ed acceso la mia pipa per la passeggiata mattutina quando venne un soldato tedesco con qualcosa di nuovo. Dovevo consegnargli tabacco, sigari, pipa e fiammiferi. Non potevo più fumare. Fu proprio il pensiero della mitezza di San Francesco che impedì alla mia bocca una parola poco gentile. Battei la pipa e gli consegnai tutto il resto. Il soldato, preso da compassione, disse che non dipendeva da lui. E questo lo capivo. Per consolarmi mi assicurò che potevo conservare i due libri e la carta che mi aveva portato. Fortunatamente a queste cose ci tenevo più che alla pipa e ai sigari. Dall’orario cancellai il fumo e la giornata continuò come le altre. E mi sembra che non poteva essere altrimenti. È già stata una bella cosa aver potuto fumare nei primi più difficili giorni”.


Sant’Escrivá de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei, aveva smesso di fumare quando era entrato in seminario, ma non aveva nulla contro i fumatori, e anzi invitò a iniziare a fumare il suo successore Alvaro de Portillo, paradossalmente, per dare il “buon esempio”: “Desidero che gli altri non si sentano vincolati e che fumino, se ne hanno voglia”. Altro ex fumatore molto tollerante era il beato Paolo VI, che prima di ricevere visite ufficiali si informava se ci fossero fumatori, e nel caso faceva trovare un portacenere in bella vista.


Oggi la divisione tra cattolici fumatori e cattolici salutisti è diventata una questione politica. E – paradossalmente – sono i progressisti quelli avversi alla nicotina, mentre i conservatori difendono il vizio. La rivista Tempi di Comunione e Liberazione arriva a citare il proverbio russo “Se non fumi e non bevi morirai sano”, tesse “L’elogio del viziosi” e critica la lotta al tabacco del settimanale “Famiglia cristiana”.


Non può mancare, ovviamente, un santo patrono. Anzi, un patrono che non è ancora santo: fra’ Pacifico da Caiazzo. Nato nel 1853 e morto a soli 28 anni nel 1881, fra’ Pacifico avrebbe infatti operato prodigiose guarigioni alle vie respiratorie di incalliti fumatori affetti da gravissime malattie ai bronchi e polmoni. A proporre la beatificazione del fraticello e ad additarlo come protettore dei tabagisti è stato, una decina di anni fa, un suo concittadino entrato nel Guinness dei primati come il più grande fumatore al mondo: Salvatore Matarazzo, geometra morto a 59 anni per aneurisma dell’aorta addominale (otto volte più frequente nei fumatori) dopo aver fumato più di 3000 sigarette al mese in 52 anni di “idillio con l’amata bionda”.


Causa accertata di cancro ai polmoni, infarto, ipertensione, danni al feto, ansia e attacchi di panico, il fumo – secondo i santi fumatori – non va però “demonizzato”. Tra i suoi paladini anche i papi Pio IX e Pio X, incallitissimi sniffatori di tabacco.
Vincenzo Lojali, eroe di guerra e ultimo vescovo di Amelia attualmente in attesa di beatificazione, per tutta la vita aveva cercato di smettere di fumare e da bambino era rimasto turbato da un incontro con san Pio X: “Ricordo di aver visto sulla sua candida mantelletta delle tracce di tabacco da naso, e mi fece un po’ impressione. Si vede che aveva un qualche motivo di prendere il tabacco e il prenderlo non deve impedire la santità o le compiacenze del cielo”.


Quanto al beato Pio IX – ultimo papa Re – si racconta che avesse offerto del tabacco da fiuto a un cardinale che aveva rifiutato dicendo: “Santità, non ho questo vizio!”. E il Papa aveva risposto sarcastico: “Eminenza, se fosse un vizio, lei ce l’avrebbe!”.

Arnaldo Casali

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di Arnaldo CasaliGiornalista esperto di Spettacolo, Cultura, Religione.