Inchieste

Papi in conflitto sul celibato dei preti?

Scandalo di fronte ad un prete che ha l’amante? dovremmo tenere presente che non pecca più di qualsiasi coppia cattolica che faccia sesso prima del matrimonio. Nella Chiesa Cattolica preti e vescovi erano sposati. Anche figli di Papi

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La moglie del prete fa rischiare lo scisma alla Chiesa Cattolica. “Il celibato ecclesiastico è indispensabile, non posso tacere”: parola di Joseph Ratzinger, che ha firmato a quattro mani un libro con il cardinale guineiano Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino e tra i principali oppositori di papa Bergoglio, in cui si chiede ai fedeli di non lasciarsi “impressionare” da “cattive suppliche, spettacoli teatrali, diaboliche menzogne, errori di moda che vogliono svalutare il celibato sacerdotale”. La possibilità di ordinare uomini sposati – scrivono il cardinale e l’ex papa - rappresenterebbe “una catastrofe pastorale, una confusione ecclesiologica e un oscuramento della comprensione del sacerdozio”. Quando era ancora papa Benedetto XVI aveva liquidato il tema con sarcasmo: “Dopo i preti sposati avremo i preti divorziati”. Che il libro esca proprio adesso non è un caso: il volume intende infatti fare pressione su papa Francesco, che dovrà decidere – nelle prossime settimane – se accettare la proposta emersa durante il recente Sinodo sull’Amazzonia di ordinare preti uomini sposati che possano distribuire i sacramenti in zone sperdute, dove i sacerdoti si vedono una volta ogni due mesi.

La proposta è stata votata dai due terzi dei partecipanti al sinodo, e ora si aspetta solo che il Papa la confermi. Pur riguardando – per il momento - solo l’Amazzonia, è evidente che la novità rappresenterebbe una prima picconata al muro del celibato, preparando un’autentica rivoluzione nella Chiesa Cattolica. Anche perché non è certo solo in Amazzonia che mancano i preti: ci sono vaste zone africane dove la messa viene celebrata due volte all’anno e se la mancanza di vocazioni è un problema ormai anche in paesi cattolicissimi come l’Italia, la Polonia e la Spagna, in Francia ci sono già parrocchie gestite da laici – molto spesso donne – dove anche la liturgia è autogestita e il prete viene solo ad amministrare  i sacramenti.

Di fatto in poco tempo la Chiesa Cattolica si troverà di fronte a un bivio: accettare preti sposati o abolire del tutto il sacerdozio - almeno così come lo conosciamo - per andare verso forme di servizio più vicine a quelle delle chiese protestanti. Un’ipotesi che, paradossalmente, lo stesso Joseph Ratzinger – da cardinale – non escludeva, visto che nel libro Il sale della terra del 1997 scriveva: “La nostra lotta non deve mirare all’ordinazione delle donne, bensì all’eliminazione dell’ordinazione in quanto tale, perché la Chiesa diventi una società di eguali, in cui ci sia solo una shifting leadership, un avvicendamento alla guida”.

Oggi l’ex pontefice che cerca di dettare la linea al suo successore pone la Chiesa Cattolica in una situazione del tutto inedita: quella di avere due papi, entrambi legittimi e formalmente in comunione, ma in contrasto su una questione vitale per il futuro della Chiesa stessa. Benedetto XVI, infatti, ha sempre affermato obbedienza al suo successore, ma in una Chiesa che si basa in primis sulla tradizione, è evidente che i papi predecessori restino delle autorità da tenere in considerazione nei pronunciamenti del papa regnante. Il problema è che di solito i predecessori se ne stanno in silenzio nella tomba, e non protestano quando il papa regnante cambia linea. 

Come è noto, al netto degli scismi medievali che hanno visto anche quattro papi contendersi il pontificato e scomunicarsi reciprocamente, l’unico vero precedente di un papa dimissionario è quello di Celestino V, nel 1294. Come Benedetto, anche lui ebbe un successore che prese una linea completamente diversa dalla sua (e che per curioso caso come nome di battesimo aveva proprio Benedetto), anche se i ruoli erano curiosamente invertiti (Bonifacio tradizionalista, Celestino pauperista e francescano). Anche allora si rischiò lo scisma, con i fedelissimi del papa emerito che negavano la validità dell’elezione del nuovo papa e gli facevano guerra aperta. Bonifacio VIII, però, proprio per evitare il rischio che il predecessore ci ripensasse o gli esternasse contro, pensò bene di fare arrestare Celestino – e, secondo i più maligni –  ammazzare in cella con un chiodo in testa.

Questa volta invece, come sappiamo, il papa emerito non solo abita in Vaticano, ma scrive, esterna, pubblica, incontra anche i nemici di Bergoglio e a volte polemizza (basti pensare ai volumi sulla teologia di papa Francesco, ai quali ha rifiutato di fare la prefazione), veste l’abito bianco e si fa chiamare ancora Benedetto XVI. Per capire quanto l’idea che oggi ci siano due papi nella Chiesa sia entrata nell’immaginario collettivo basta pensare che proprio mentre Ratzinger entrava a gamba tesa sulla questione del celibato, su Sky debuttava la nuova serie di Paolo Sorrentino The New Pope, dove il giovane papa di Jude Law si trova a fare i conti con il suo successore interpretato da John Malkovich.

Negli stessi giorni – per singolare coincidenza – venivano annunciate le nomination all’Oscar di Anthony Hopkins e Jonathan Pryce per le loro interpretazioni di Ratzinger e Bergoglio nel film Due papi. Il primo come non protagonista, e il secondo come protagonista.  Se pensiamo a quanta ostilità Hollywood ha sempre ostentato nei confronti della Chiesa Cattolica (il primo che trova un film sul cristianesimo premiato con l’Oscar vince un abbonamento a Worldpass) comprendiamo che se si arriva a dare la doppia nomination ad un film sul Vaticano significa che l’argomento è davvero imprescindibile.

Eppure, persino autorevoli nemici di Bergoglio come il cardinale Muller (successore dello stesso Ratzinger alla Congregazione per la dottrina della fede) non fanno che smentire l’idea dei due papi: il papa è il vescovo di Roma e capo della Chiesa, e non può che essercene uno, e il papa emerito, così come ogni vescovo emerito, non ha alcun ruolo. A confondere le idee, d’altra parte, è il termine stesso “papa emerito” che in realtà non significa assolutamente nulla: l’uso di dire “emerito”, oggi abusato in ogni campo, è infatti solo un eufemismo per dire che non lo è più, esattamente come il “già”. Tuttavia, se la posizione dell’ex papa sul celibato ha fatto così tanto clamore (tanto che il suo staff è dovuto correre goffamente ai ripari, chiedendo agli editori di ritirare la firma) è perché è in realtà condivisa da buona parte dei cattolici che ancora si scandalizzano a sentire parlare di preti sposati. Confondendo puntualmente, peraltro, l’idea del prete che si sposa con quella dell’uomo sposato che diventa prete. 

La questione, in realtà, è totalmente estranea a un dibattito teologico o dogmatico e appartiene piuttosto ad una visione popolare e bigotta che tende sacralizzare la figura del prete.

Gesù Cristo, è vero, era celibe, e ai suoi discepoli ha chiesto di lasciare tutto per seguirlo, compresa la famiglia. Peccato però che Cristo non fosse affatto prete: non era cioè, un ministro del culto; in compenso tutti i ministri di culto ebrei - sacerdoti e rabbini – erano sposati. E sposati erano i suoi discepoli, tanto che uno dei primi miracoli raccontati nei Vangeli è la guarigione della suocera di Pietro. D’altra parte Cristo dice che chi ama la sua famiglia più del Vangelo non è degno di lui, non dice mica che non vada amata la famiglia. 

Va anche sottolineato che quando Cristo invita a lasciare tutto per seguirlo si rivolge a tutti i cristiani, non solo agli apostoli. Il prete è la guida della comunità, ma non è “più cristiano” del laico, svolge un servizio per la Chiesa, ma questo non lo rende affatto più vicino a Dio degli altri fedeli. Non si capisce quindi per quale motivo solo i preti dovrebbero prendere sul serio le parole di Gesù, e limitare oltretutto il “lasciare tutto” alla moglie, quando Cristo parla anche di padre, madre, fratello, casa, denaro. Alla base dell’equivoco c’è forse anche un po’ di maliziosa de-responsabilizzazione del fedele, che collocandosi comodamente un gradino sotto al consacrato si sente più autorizzato a non seguire il Vangelo, pretendendo invece che il prete rinunci a una vita normale; che, nell’immaginario comune, rimane il “diverso”, quello davanti al quale non si dicono parolacce e non si parla di sesso, quello che veste la tonaca o almeno il colletto, quello che pensa solo a Dio e ai santi e dispensa consigli e sacramenti.

Pazienza poi se questa immagine ormai non corrisponda affatto alla realtà, ed è sempre più raro trovare un prete casto, per non parlare del fenomeno della pedofilia, che – anche se indirettamente – è collegato all’obbligo del celibato (vedi il servizio di Worldpass).

D’altra parte il prete non fa mica voto di castità. Ad essere precisi, il prete non professa nessuno dei voti che caratterizzano invece i frati, i monaci, le suore e la maggior parte dei religiosi: ovvero castità, povertà ed obbedienza. Il celibato fa quindi parte di una scelta di rinuncia radicale a cui il prete non è chiamato. La castità a cui, di fatto, il prete è tenuto, non è quindi dovuta ad una vocazione e ad un voto, ma è la naturale conseguenza del non potersi sposare.

Se il frate che fa sesso viene meno alla sua stessa vocazione mentre il prete cede ad una naturale tentazione carnale come qualsiasi altro cattolico. Quando ci si scandalizziamo di fronte ad un prete che ha l’amante, dunque, dovremmo tenere presente che quel prete non pecca più di qualsiasi coppia cattolica che faccia sesso prima del matrimonio. 

Se la vocazione del frate e della suora è davvero quella di rinunciare a tutto per dedicare la propria vita a Dio e al prossimo, quello del presbitero è piuttosto un servizio, un “lavoro” all’interno della Chiesa che non richiede la rinuncia a vivere la propria vita come meglio crede, fatta eccezione per una moglie e dei figli legittimi. E i motivi non sono di carattere spirituale ma squisitamente pratico: scongiurare eredi che potrebbero rivendicare diritti su beni ecclesiastici e famiglie che renderebbero per la Chiesa più complicata la gestione di un prete, sia per quanto riguarda missioni e trasferimenti, sia per quanto riguarda l’aspetto economico (mantenere una famiglia intera costerebbe di più e costringerebbe il prete a cercare anche un altro lavoro o il Vaticano a spendere di più per mantenerlo).

D’altra parte quella dimensione di solitudine affettiva che oggi sembra parte integrante dell’identità stessa del sacerdote (e che porta, a predicare sulla famiglia persone che non sanno cosa sia) segna in realtà meno della metà della storia del cristianesimo e riguarda solo ed esclusivamente i preti cattolici di rito latino. Peraltro, con qualche eccezione. Non solo sono sposati tanto i preti protestanti che quelli ortodossi, ma nella stessa Chiesa Cattolica preti e vescovi erano sposati per più di mille anni, tanto che abbiamo persino papi figli d’arte: san Patrizio, ad esempio, era figlio di un diacono e nipote di un prete e Teodoro, papa dal 642 al 649, era figlio del vescovo di Gerusalemme. Gregorio Magno, papa dal 590 al 604, proveniva addirittura da un’intera dinastia di pontefici, mentre Ormisda, papa dal 514 al 523 e venerato come santo, aveva un figlio, anch’esso santo – Silverio – diventato a sua volta papa nel 537.

Il celibato ecclesiastico è dunque un’invenzione squisitamente medievale, tanto che oggi a fronte delle esternazioni dell’ex papa, tutte le più autorevoli voci del cattolicesimo – dal Segretario di Stato Pietro Parolin all’ex direttore di Famiglia Cristiana Antonio Sciortino – non fanno che ripetere che il celibato “non è un dogma” e che come è stato introdotto può essere abolito in qualsiasi momento dal Papa o da un Concilio.

Non solo, ma esistono tuttora nella Chiesa Cattolica preti regolarmente sposati, anche se rappresentano una minoranza: sono quelli convertiti dalla Chiesa anglicana, quelli che appartengono alla chiesa cattolica di rito greco (di fatto ortodossi che riconoscono l’autorità del papa) e quelli che hanno ottenuto la dispensa papale per sposarsi, a fronte dei tantissimi che abbandonano la Chiesa per inseguire l’amore.

All’argomento la regista Angelita Fiore ha dedicato il documentario Uomini proibiti, che ha vinto il Terni Film Festival nel 2015. Nel corso del lungo dibattito in sala seguito alla proiezione - e al quale presero parte anche un pastore protestante e un pope ortodosso – non si trovò un solo prete cattolico favorevole al celibato. A riprova che, nella gran parte dei casi, si tratta di un’imposizione subita passivamente e non di una libera scelta. Quel che è peggio è che ancora oggi ai preti “incontinenti” viene incoraggiata dai superiori una vita sessuale disordinata perché, rispetto ad una relazione stabile, rischia meno di minare la vocazione stessa al sacerdozio. Per capirci: un prete che ha rapporti occasionali, “si sfoga” senza fare danni (e – possibilmente – senza dare scandalo), mentre un prete che si innamora seriamente finisce per volersi sposare.   

Eppure, forse, se i preti fossero sposati – non tutti è ovvio, ma quelli che lo desiderano – avremmo sacerdoti meno repressi e più responsabili. E per chi aspira ad una vita di castità c’è sempre l’opzione monastica, esattamente come avviene nella chiesa ortodossa, dove è ben distinta la figura del “pope” (il prete sposato) dal monaco, mentre noi cattolici continuiamo ancora a confondere – nella forma e nella sostanza – il “padre” con il “don”.

 

 

Arnaldo Casali

di Arnaldo CasaliGiornalista esperto di Spettacolo, Cultura, Religione.