Inchieste

Alibaba, il portale delle immense ricchezze, si espande in Italia. Moda, riciclo e ambiente il punto di forza 2019

Acquisti fashion Made in Italy e riduzione di plastica, il 70% delle consegne con cartoni riciclati.

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Una storia di povertà e di riscatto, di coraggio e di immense ricchezze, che dal medio oriente arriva all’estremo occidente. “Apriti sesamo” è la formula magica attraverso la quale immense quantità di vestiti e costumi da bagno, t-shirt e pareo colorati, e ancora slip e reggiseni, giacche e vestiti per bambini, accessori per il fitness e per lo yoga, impermeabili, costumi da bagno, maglioni, orologi di ogni marca e modello e pochette solcano ogni giorno gli oceani per apparire magicamente nelle case di chi ha espresso il desiderio di averli, insieme a qualsiasi altro prodotto possa essere venduto, comprato e spedito. Alibaba, multinazionale fondata vent’anni fa in Cina da Jack Ma, è oggi il più grande colosso del commercio elettronico al mondo, capace di gestire 170 miliardi di dollari di vendite:  più di tutte quelle di E-Bay e Amazon messe insieme.  La sua storia, in fondo, comincia proprio come la fiaba di cui porta il nome: il protagonista del racconto tratto da Le mille e una notte (anche se in realtà si tratta di un’aggiunta tardiva, visto che non compare in nessun manoscritto medievale) è un taglialegna che, nascosto su un albero, vede una banda di quaranta ladroni entrare – usando la celebre parola d’ordine – all’interno di una caverna che contiene immense ricchezze.

Jack Ma Yun nasce invece a Hangzhou nel 1964, durante la Rivoluzione culturale, e la caverna l’ha vista in America. A dodici anni Jack, per imparare l’inglese si offre gratuitamente come guida ai turisti.

“Per otto anni – racconterà - ho raggiunto in bicicletta ogni mattina, pedalando per 40 minuti, neve o pioggia, un albergo vicino al Lago dell’Ovest presso Hangzhou. Quell’esperienza mi cambiò profondamente, e cominciai a diventare molto più globalizzato di molti cinesi. Ciò che imparavo dai miei insegnanti era spesso diverso da ciò che mi raccontavano i turisti”.

Jack diventerà il primo imprenditore cinese a comparire sulla copertina della rivista Forbes e ad essere scelto dal Times come uno dei 100 uomini più importanti del mondo e uno degli eroi della filantropia in Asia per i suoi contributi alla lotta contro la povertà. Una lotta che  senza dubbio ha vinto, almeno per quanto riguarda la sua, di povertà: nel 2017 Jack Ma diventerà infatti l’uomo più ricco della Cina.  Divenuto amico di una famiglia australiana, nel 1985 riesce ad uscire per la prima volta dal Paese per passare come loro ospite le vacanze estive.

“Prima della mia prima partenza, ero stato educato che la Cina era il paese più ricco e felice al mondo. Quindi, quando arrivai in Australia, pensai ‘Oh mio Dio! Tutto è diverso da ciò che mi è stato detto!’”.

Laureatosi in inglese nel 1988, inizia ad insegnare per un misero stipendio. A 31 anni a Seattle (dove è arrivato come interprete di una delegazione commerciale) ha l’occasione di connettersi, per la prima volta, alla rete internet; tornato in Cina con un prestito di 2000 dollari apre un sito internet - China Yellowpages – e inizia ad interessarsi di commercio elettronico.

La grande svolta arriva nel 1998 quando, a 34 anni, insieme a 18 amici raccoglie 60mila dollari per fondare Alibaba.com. L’obiettivo è quello di connettere produttori cinesi con acquirenti e distributori stranieri. Per potersi registrare come venditore su Alibaba una impresa deve avere infatti una sede principale o secondaria in Cina che sia verificata quale effettivamente operativa dal governo cinese.

Oggi non mancano tuttavia anche celebri marchi italiani iscritti alla piattaforma. Il Made in Italy si affaccia sul colosso cinese anche con Pronto Moda, marchio specializzato nell’abbigliamento femminile di lusso, nato in Italia nel 2016 ma di proprietà di un cinese - Lin Zhiyin - e Italian Fashion Company, con 20 anni di esperienza, che vende pantaloni, jeans, chinos e abbigliamento maschile casual all’ingrosso: l’ordine minimo sono infatti 300 pezzi. Ben più numerose, invece, sono le compagnie che propongono moda italiana (dagli occhiali alle scarpe, dai costumi da bagno alle T-shirt) ma che in realtà sono nate in Brasile, Cina, Romania o Germania.

“Sedevo in un caffè di San Francisco – racconta Jack Ma - e mi venne in mente che il nome ‘Alibaba’ suona bene. Domandai a una cameriera che passava di lì ‘Sa qualcosa di Alibaba?’. Lei disse di sì. Dopo andai per strada e cominciai a domandare in giro a 30 persone diverse: da Tokyo alla Cina tutti conoscevano Alibaba. Alibaba era una persona buona, lesta negli affari e aiutò il suo villaggio: il nostro Alibaba apre il sesamo di piccole e medie compagnie”.

“Abbiamo registrato pure ‘Alimama’ – aggiunge l’imprenditore - nel caso qualcuno volesse sposarci!”.

E’ l’inizio di una cavalcata inarrestabile: nel 2001 il sito di commercio elettronico comincia a fare reddito, poi arriva Alibaba Group, nel 2004 nasce Alipay, servizio di pagamento online che si pone in diretta concorrenza con paypal, e ancora la piattaforma di vendita online al dettaglio Taobao (su modello di e-Bay) che diventa uno dei 20 siti internet più visitati al modo e gestisce il 60% di pacchi provenienti dalla Cina. Ma acquisisce anche il controllo di Yahoo! Cina e nel 2011 crea un proprio sistema operativo per telefonia mobile: Aliyun OS.

Oggi Alibaba comprende motori di ricerca per shopping e servizi di cloud computing.  Il sito inglese è diretto verso il mercato internazionale (www.alibaba.com), gestendo transazioni tra importatori ed esportatori di più di 240 paesi e regioni. Il mercato cinese invece è gestito attraverso il sito www.1688.com. Inoltre la compagnia fornisce una piattaforma di compravendita per piccole imprese – AliExpress - che permette di acquistare piccole quantità di merci allo stesso prezzo dell’ingrosso, consentendo così anche alle più piccole imprese di rimanere competitive. AutoNavi è invece un’azienda di cartografia che fornisce servizi di mappatura e sviluppa un’app per la navigazione satellitare.

Tra tante ricchezze non potevano mancare i ladroni che – visto il mercato globale – anziché essere solo quaranta sono stati 2236: tante sono infatti le aziende che, attraverso Alibaba, hanno truffato i propri clienti.

Ogni compagnia registrata ad Alibaba deve completare un processo di autenticazione tramite un’agenzia di certificazione, che assegna il titolo di “Gold Supplier” (fornitore d’oro) garantendone la qualità. Nel febbraio del 2011 Alibaba ammette di aver consegnato il titolo a 2236 fornitori che successivamente hanno finito per truffare la propria clientela. Il caso fa crollare del 15% la compagnia nella borsa di Hong Kong e l’Economist titola “Alibaba e i 2.236 ladroni”. Jack Ma, da parte sua, corre ai ripari licenziando in tronco il direttore generale e promuovendo un’indagine interna che porta al licenziamento di 28 dirigenti e cento venditori.

Un’altra notizia che fa scalpore è la rivelazione – da parte del governo cinese – riguardo all’appartenenza di Jack al Partito Comunista, proprio all’indomani dell’annuncio delle sue dimissioni dalla carica di presidente esecutivo per dedicarsi ad attività di filantropia nel settore dell’istruzione.

D’altra parte, che il cinese innamorato dall’America volesse utilizzare parte delle sue ricchezze per dare un contributo a migliorare il mondo lo aveva dimostrato sin dal 2010, quando Alibaba Group aveva avviato un piano per destinare lo 0,3% del proprio fatturato alla protezione ambientale, per l’ammontare di oltre 12 milioni di dollari all’anno.

Negli ultimi mesi Alibaba e l’Onu hanno collaborato inoltre ad una campagna per la sensibilizzazione sulla tutela ambientale. L’obiettivo è coinvolgere i 721 milioni di utenti attivi mensilmente sulle piattaforme commerciali della società rendendo loro più facile la partecipazione ad attività come il riciclo e la piantagione di alberi. Gli utenti possono semplicemente cercare “green” in qualsiasi app di Alibaba – inclusi Taobao, Tmall, Alipay e Freshippo – e trovare suggerimenti su come contribuire alla causa.

“Gli sforzi ambientali di Alibaba consentono a tutti di diventare parte interessata, responsabile e partecipare alla causa della tutela dell’ambiente” ha dichiarato Sun Lijun, presidente della Fondazione Alibaba, il ramo filantropico dell’azienda.

Nel rapporto, Alibaba ha indicato iniziative come i data center che utilizzano sistemi di raffreddamento ad acqua per risparmiare energia e ridurre le emissioni di carbonio o fanno affidamento sulle energie rinnovabili per le loro operazioni, i materiali di imballaggio riciclati e i magazzini alimentati da pannelli solari. C’è anche Ant Forest, un mini-programma all’interno dell’app Alipay che premia gli utenti per i loro comportamenti nel rispetto dell’ambiente, come la rinuncia a fatture cartacee o la scelta dei mezzi pubblici.

A partire da marzo 2019, Ele.me ha consegnato oltre 74 milioni di ordini privi di accessori e imballaggi extra e DingTalk ha consentito a un ufficio senza carta di servirsi di comunicazioni in formato elettronico, via telefono e videoconferenza per risparmiare 227 milioni di chilogrammi di emissioni di carbonio, cosa che equivale a piantare 12,7 milioni di alberi a partire dal marzo 2019.

Cainiao, l’operatore della piattaforma logistica di Alibaba, prevede di aprire 50.000 stazioni di riciclaggio di scatole di spedizione indesiderate presso i suoi punti di consegna in tutta la Cina. Finora l’azienda ha installato 5.000 stazioni di riciclaggio in 200 città, con oltre 13 milioni di scatole riciclate dal 2017. Freshippo, da parte sua, ha installato stazioni di riciclaggio della plastica per tutto il paese, con l’obiettivo di ridurre l’uso di materie plastiche di 3,8 milioni di chilogrammi. Attualmente oltre il 70% delle consegne non utilizza più nuovi cartoni, ma solo riciclati.

Infine, nel corso dell’ultimo anno la Fondazione Alibaba ha raccolto 36,5 milioni di dollari in donazioni e ha implementato programmi di protezione delle acque in 389 città, proteggendo 1.312 fiumi.

L’algoritmo di ottimizzazione del packaging di Cainiao, che assegna imballaggi di dimensioni adeguate agli articoli spediti, per ridurre gli sprechi, è stato applicato a 290 milioni di scatole per la consegna e borse per corriere mentre Idle Fish, un mercato online per beni di seconda mano, ha riciclato oltre 10.000 tonnellate di capi di abbigliamento.

 

Arnaldo Casali

di Arnaldo CasaliGiornalista esperto di Spettacolo, Cultura, Religione.