Inchieste

Amore e sesso finti. Sentimenti virtuali o mondi reali? Sempre più connessi e sempre più isolati

È la solitudine del 3° millennio, più dannosa e meno evidente perché mascherata da relazioni che impediscono la capacità a instaurarne di autentiche

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Mystic Messenger è un giochino sudcoreano per smartphone dove si interagisce con personaggi virtuali. Il principale obiettivo è quello di intraprendere una relazione amorosa con uno di questi personaggi. Si scambiano messaggini, parole d’amore. Si tratta di frasi programmate dagli autori del gioco che tuttavia diventano autentiche, sentite da chi partecipa alla chat, suddivisa secondo orari prestabiliti. La storia e i personaggi sono così reali che sembra di vivere in un mondo vero.A un certo punto della giornata l’utente non vede l’ora di collegarsi con l’interlocutore preferito. Si tratta di un genere di videogiochi chiamati datingsims, di solito giapponesi, con una trama simile a un romanzo, dove vengono simulate situazioni romantiche. Il proprio avatar è circondato da una serie di persone di sesso opposto con le quali si conversa tentando di capire qual è il soggetto che ha le caratteristiche ideali rispetto a chi conduce il gioco. C’è un tempo prestabilito per dialogare nella comunità costruita apposta per facilitare questo tipo di conversazioni. Durante questo periodo il giocatore deve conquistare il soggetto scelto. Se non ci riesce ha perso la gara, e si ricomincia daccapo. Sono molteplici le applicazioni d questo genere. Si va da TokimekiMemorial a True Love, per citare i giochi più famosi.


Tutte le storie si sviluppano attraverso un racconto accattivante e intelligente. Chi vi partecipa preferisce questi mondi virtuali a quello reale, gli avatar prendono il posto degli esseri umani, le scelte cadono su personaggi di fantasia che sostituiscono il partner in carne e ossa. Ci sono meno problemi, anche nell’intimità. C’è anche chi preferisce i giochi estremi, come quelli in cui il soggetto da conquistare è un alieno o un mostro. In altri, invece, il maschio diventa femmina o viceversa. In altri ancora si rischia di finire in una casa dell’orrore.
Tutto questo può generare confusione e alienazione? Qual è il confine tra i rapporti virtuali e reali? La smaterializzazione del corpo che assume sembianze diverse influisce sulla propria personalità?


Siamo sempre più connessi e sempre più isolati. E’ la solitudine del terzo millennio, più dannosa e meno evidente perché mascherata da un’abbondanza di relazioni che sostituiscono in modo improprio quelle sociali, impedendo la capacità a instaurarne di autentiche. Manfred Spitzer, autore del libro Connessi e isolati, parla di conseguenze dannose per l’equilibrio psicofisico degli individui, con ricadute sull’intera società. E’ un tipo di solitudine contagioso che non riguarda unicamente chi è single ma anche chi vive in coppia o in famiglia o persone sposate.

La solitudine digitale di questi tempi si diffonde come un’epidemia e provoca una serie di malattie anche molto gravi. Una tesi, quella di Spitzer, suffragata da una serie di studi e ricerche scientifiche che confermano quanto la tecnologia possa influire in maniera negativa sulla nostra salute e quella dei nostri figli. L’abuso degli strumenti digitali, il telefonino in primo luogo, crea effetti drammatici sulle capacità cognitive e sull’empatia necessaria per i rapporti sociali. La dipendenza dai social è un esempio. Anche in questo caso si instaurano rapporti virtuali come quelli dei giochi giapponesi.


Quello su mondo reale e mondi virtuali è un dibattito serrato. William Bricken, professore di ricerca presso l’Università di Washington, sostiene che la realtà virtuale non è una simulazione fisica, ma la realtà si trova nell’occhio di chi sta guardando. Come l’arte, o la bellezza, o la verità. La realtà virtuale è il punto di arrivo della rivoluzione digitale, è la presa di potere da parte dell’individuo che ha il controllo del proprio universo. Favorite dai costi della tecnologia, sempre più bassi, le persone hanno la possibilità di elaborare la realtà inforcando un paio di occhiali o indossando dei guanti collegati al computer. Il potere offerto assume dunque una forma veramente democratica. Ma è davvero così o si tratta di pura retorica?
Neppure il giornalista e saggista BenjaninVoolley riesce a fornire una risposta certa. Credere che il computer sia uno strumento di libertà capace di scalfire il potere commerciale è pura utopia. Il controllo dell’informazione rimane nelle mani di aziende oggi ancora più potenti proprio grazie allo sviluppo digitale.
 

Antonio Pascotto

di Antonio PascottoGiornalista Caporedattore All news Mediaset, Tgcom 24.