Inchieste

Bruxelles: 19% di musulmani, 12% di cattolici ed il resto ateo, ricco e menefreghista

Due mesi dopo l’attentato c’è una città blindata e una commissione Europea d’elite con stipendi da sogno.

di |

Mancano pochi minuti alle cinque del mattino e Bruxelles è ancora avvolta nell’ombra e nel silenzio; eppure, intorno all’unico edificio aperto, è tutto un brulicare di gente: dalla porta esce un fascio di luce ed entrano, alla spicciolata, uomini vestiti con grandi camicioni bianchi o beige.
E’ la Grande moschea della capitale d’Europa, che sorge proprio nel cuore pulsante della cultura occidentale – il quartiere delle istituzioni europee – e ne segna, anche simbolicamente, tutte le profonde contraddizioni.
Qui c’è pieno fermento mentre intorno tutto dorme, qui cresce una fede religiosa che conta oggi il 19% della popolazione belga mentre i cattolici praticanti sono scesi al 12%; ma in questa propaggine dell'Arabia Saudita si annida anche anche la matrice religiosa dell’ideologia di quello Stato Islamico – altrimenti detto Isis - che ha fatto proprio del Belgio una delle sue principali basi di reclutamento.

A due mesi dagli attentati all’aeroporto e alla metropolitana che hanno fatto ripiombare l’Europa nell’incubo del terrorismo, Bruxelles appare al tempo stesso una città blindata ed estremamente vulnerabile, che si sente sotto costante minaccia ma non si è ancora decisa a fare i conti con la realtà.
La tensione è altissima, tanto più all’indomani della strage dell’Egyptair: il mio volo viene bloccato pochi minuti prima del decollo: la polizia ha trovato un bagaglio sospetto, ci fanno tornare indietro e siamo costretti ad una lunga attesa al gate mentre vengono effettuati controlli più accurati.

 

La città è presidiata dall’Esercito: ad ogni angolo del centro spuntano mitra imbracciati da soldati giovanissimi arrivati da ogni regione del paese, con lo sguardo sperduto di chi deve difendere la patria da un attacco invisibile senza avere ancora capito nemmeno dove si trova.

 

Le monache ortodosse (il patriarcato ecumenico di Costantinopoli ha qui un'importante sede vescovile con preti greci e rumeni che curano la pastorale non solo di immigrati, ma anche di molti convertiti dal cattolicesimo) quando escono dal convento indossano vistose croci per non essere scambiate per musulmane, visto che il vestito e il velo che indossano è praticamente identico a quello delle donne arabe.

 

Il quartiere Schuman, dove si trovano tutti gli uffici dell'Unione Europea, è il centro dei paradossi e vive quasi in attesa di un nuovo attentato: per entrare nei palazzi del potere bisogna farsi identificare e passare il metal detector. Al piano terra di quegli stessi palazzi, però, sono ospitati normalissimi negozi e caffetterie in cui si può entrare e uscire liberamente. Far saltare tutto con una bomba, quindi, in realtà continua a essere semplicissimo.

 

 

Ma nella stanza dei bottoni, evidentemente, non se ne sono accorti; non si accorgono di nulla, perché sono troppo impegnati a elaborare infiniti trattati in quattro lingue, a ricevere delegazioni, a sorseggiare caffè e a prenotarsi lunghe missioni all’estero a spese dei contribuenti, a preparare bandi da centianaia di migliaia di euro per qualsiasi tipo di progetto, ma così complicati che devi affidarti a una società specializzata se vuoi partecipare e così legati a doppio filo alla politica da essere accessibili solo tramite la mediazione di un'Ente pubblico.

 

Chi pensa che la Casta politica ingorda di privilegi, immersa nella burocrazia e totalmente autoreferenziale sia un male tutto italiano, dovrebbe farsi un giro per i corridoi della Commissione, del Parlamento, del Dipartimento affari esteri o del Consiglio d’Europa: un vero paradiso di vetro, legno e ferro. Qui si può discutere della fame del mondo di fronte a un piatto di salmone affumicato, si può cercare il modo di combattere il terrorismo fumandosi un sigaro nello stupendo giardino intitolato ai Padri dell'Europa e poi ci si può consolare del brexit e del grexit ammirando la medaglia del premio Nobel esposta a fianco ai ritratti dei presidenti della Commissione: dal tedesco Hallstein al lussemburghese Jean-Claude Junker, passando per Malfatti, Delors, Prodi e Barroso. E poi seguire il fotoracconto delle avventure dell'ex ministro Kyenge in Burkina Faso dove è andata a seguire le elezioni politiche. E alla fine, ricavare l'impressione che il numero delle caffetterie presenti negli uffici dell’Unione Europea superi quello dei paesi aderenti.

 

 

I dipendenti dell’Unione Europea guadagnano in media 7mila euro al mese. Entrano intorno alle 9,30 (non ci sono cartellini da timbrare) e dopo un rilassato coffee break e la pausa pranzo, finiscono di lavorare alle 17. Quelli che lavorano, ovviamente e cioè i funzionari: i dirigenti, invece – 12mila euro al mese – preferiscono andare in “missione” e non disdegnano un po' di jogging durante l'orario di lavoro. I più poveri sono i fattorini, che guadagnano “solo” 2mila euro al mese.
In compenso in una città dove un’insalata la paghi almeno 15 euro, al ristorante della Commissione Europea puoi fare un pasto completo con meno di 10 euro.

 

E noi paghiamo. D’altra parte, ce lo chiede l’Europa.

Arnaldo Casali

di Arnaldo CasaliGiornalista esperto di Spettacolo, Cultura, Religione.