Inchieste

Donne e terrorismo: lasciano casa e famiglia per unirsi all’Isis passando per la Turchia in direzione Siria

Intervista esclusiva al Direttore del Servizio Centrale dell’Antiterrorismo Lamberto Giannini. Donne Italiane, Francesi, Europee e Australiane…

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Donne musulmane di nascita, di adozione o di conversione: sono loro le protagoniste che negli ultimi mesi fanno parlare di sé. 
Ragazze attirate su internet dai membri dell’organizzazione terroristica Isis, nata da una rottura con Al Qaeda, che hanno come scopo quello di reclutare donne in paesi anche occidentali e portarle a lasciare tutto per unirsi al Califfato dello Stato Islamico.
Spesso sono ragazze molto giovani, che vengono raggirate, anche facendo leva sulle loro insicurezze di adolescenti, ancora incapaci di prendere decisioni, per cui malleabili e facili da circuire.
Uomini che usano ogni espediente e qualsiasi mezzo per vincere una guerra che, purtroppo da molto tempo, sta lacerando paesi, nazioni e costringendo molta gente ad emigrare in cerca di una vita migliore. La Siria e l’Iraq i paesi coinvolti e la Turchia spesso “usata” come veicolo. Per al Qaida le donne sono passive e sottomesse, per l’Isis hanno anche un ruolo attivo nel costruire un nuovo Stato Islamico, con un vero e proprio tessuto sociale.

Le domande che sorgono spontanee sono molte e io le rivolgo a Lamberto Giannini, il direttore del servizio centrale dell’antiterrorismo. 


Per quanto riguarda l’Italia quante ragazze ad oggi sono coinvolte, attirate dai guerriglieri dell’Isis, che hanno deciso di lasciare il proprio paese, la famiglia e la casa per unirsi a loro in battaglia?

La cifra è molto bassa, si parla di poche unità e preferiamo tenere il numero riservato. Tra i casi c’è quello di SERGIO MARIA GIULIA, convertita all’islam e che attualmente dovrebbe trovarsi in Siria, col marito sposato con un matrimonio combinato, di cittadinanza albanese, un presunto combattente dello Stato Islamico. La donna, residente in provincia di Milano, aveva cercato di farsi raggiungere dai genitori e dalla sorella, anch’essi convertiti all’Islam, che
sono stati arrestati in applicazione della nuova normativa, secondo l’articolo 270 quater.1 (organizzazione di viaggi all’estero con finalità di terrorismo)
Un altro caso è quello di MERIEM REHILY, una ragazza solamente diciannovenne, marocchina, residente in provincia di Padova, che ha raggiunto la Siria. Secondo le ricerche la donna, esperta di informatica, ha avuto contatti tramite il web e ha provveduto da sé a pagarsi il biglietto aereo.
E ancora la tunisina NESRINE BERRIRI, di 33 anni, espulsa dall’Italia nell’agosto del 2014, a seguito di indagini investigative che hanno rilevato la sua volontà di raggiungere la Siria dove immolarsi da martire.

 

Quali sono i mezzi con cui i guerriglieri dello Stato Islamico si mettono in contatto con queste donne e, in che modalità, se ad oggi conosciuta, avviene il loro reclutamento?

Il web è il mezzo che le indagini hanno sempre messo in risalto, che ha un ruolo centrale per il proselitismo e l’arruolamento. Non possono, inoltre, essere trascurati contesti amicali e/o di parentela che spesso hanno contribuito ad avvicinare i soggetti agli ambienti radicali, anche fornendo le indicazioni su siti da consultare. In molti casi le ragazze partite hanno evidenziato un legame sentimentale con mujahidin.

 

 

Si è a conoscenza dei dettagli di reclutamento di queste donne? Incontrano un intermediario in aeroporto che fornisce loro un passaporto e soldi per il viaggio?

Per quello che sappiamo hanno utilizzato il proprio passaporto ed il proprio denaro, hanno raggiunto la Turchia in aereo arrivando ad Istanbul. Poi da lì, verosimilmente con un’auto di reti di instradamento presenti in Turchia, hanno raggiunto il sedicente Stato Islamico. Queste reti, secondo attività informative ed investigative, vengono contattate direttamente in Turchia.

 

In quali settori vengono impiegate? E vero che alcune poi lavorano come cecchine, infermiere e in molti casi figure chiave nella logistica sul campo e non? Alcune rientrano in patria?

Di recente è stata pubblicizzata, su fonti aperte, la creazione di un battaglione di sole donne combattenti per lo Stato Islamico, nonché di una sorta di Polizia dei Costumi affidata a personale interamente femminile, ma non ci sono ancora conferme sebbene la notizia sia stata riportata da diverse inchieste giornalistiche. Non risultano ruoli combattenti per donne partite dall’Italia.
Non risultano “reduci” di sesso femminile rientrate in Italia.

 

 

Si parla molto del decalogo delle donne che descrive le regole che esse devono osservare sotto ISIS. Può dirci di più?

Non si tratta di un documento ufficiale a carattere legale, ma di attività di propaganda, diffusa in rete e che fornisce indicazioni e consigli da parte dello Stato Islamico che manda messaggi continui agli aderenti e simpatizzanti tramite il web.

Si tratta di un vero e proprio manifesto, realizzato dalle soldatesse della brigata di Al-Khansaaa, combattenti dell’Isis in Siria ed in Iraq: le donne devono stare in casa, uscire eccezionalmente e solo se accompagnate da un uomo, detto mahram, che è il primo a ricevere punizioni in caso di disobbedienza. Meglio se la donna è velata (col niqab) o nascosta tra le mura domestiche e stanno lontane da centri di bellezza o negozi, considerati peccaminosi. Deve indossare guanti e l’abbaia, una tunica rigorosamente nera che arriva fino ai piedi e che copre anche gli occhi (nel caso estremista). Il decalogo fornisce inoltre informazioni sull’educazione che le donne devono ricevere, ossia studi religiosi legati al Corano e studi che faccia loro comprendere le norme che regolano i rapporti matrimoniali ed i divorzi. Ovviamente da imparare la storia dell’Islam e la vita del profeta Mohammed. Giovanissime devono conoscere molto bene i principi della Sharia, la legge islamica, ma anche dedicarsi ad attività manuali, come la cucina, il cucito e l’allevamento dei figli. Assolutamente da evitare: condurre una vita come quella della donna occidentale, indipendente, lavoratrice. Deve essere sempre a contatto con idee definite dall’organizzazione terroristica. Corrotte e sbagliate, che si allontanano dall’Ideologia religiosa professata dall’Islam. All’interno del Califfato le donne hanno un ruolo scelto da Dio, dice il decalogo. Possono sposarsi dall’età di 9 anni e andare sul campo come combattenti solo in casi di estrema necessità e se il loro paese è sotto attacco nemico. Poi però gli stupri, che l’Isis usa come arma da guerra, i matrimoni forzati, le donne fatte schiave, vendute, fatte oggetto di violenze da parte dei combattenti. 

 

E facile trovare delle prove?Quali misure preventive si stanno attuando per contrastare la propaganda dell’organizzazione terroristica?

E' molto difficile trovare delle prove dal punto di vista giudiziario, perché spesso le azioni sono studiate per mesi da soggetti che potrebbero operare solo in rete, sul web, senza mai uscire di casa e senza avere contatti con altre persone. Comunque l’attenzione è concentrata su quei soggetti che riteniamo pericolosi o per precedenti specifici, ovvero perché pongono in essere comportamenti che evidenziano una visione radicale della religione o il disprezzo per i valori che connotano la nostra società. Sto dicendo che in grandissima maggioranza le comunità dei musulmani sono integrate, costituite da brave persone, che frequentano regolarmente la comunità islamica, la moschea, lavorano e mandano i figli a scuola. Naturalmente, come in tutte le grandi comunità, spesso ai margini delle stesse,ci sono rari casi di personaggi bui, isolati, che rifiutano ogni integrazione e che spesso progettano di raggiungere le zone del conflitto, manifestano apprezzamento per le azioni dell’I.S. e odiano i cd “valori occidentali”. Sono proprio questi soggetti che dopo lunghe attività di monitoraggio vengono allontanati dal paese, perché ritenuti pericolosi ed in grado di porre in essere azioni terroristiche che possono mettere a rischio il paese. Molte sono le misure messe in pratica dall’anti terrorismo, tra queste ci sono le indagini della polizia postale che ha già oscurato diversi siti e indagini sul web, e attività investigative e di Polizia Giudiziaria delle DIGOS e del Servizio Centrale Antiterrorismo che hanno portato recentemente a diversi arresti, in più operazioni sul territorio nazionale. 

 

Può fare un paragone con gli altri stati europei e non, dove ad oggi si sono verificati casi di donne “arruolate” e simpatizzanti Isis?

Ad oggi le ragazze in Italia che hanno deciso di partire per unirsi al Califfato sono pochissime, di più in Francia, Inghilterra, Germania ed Australia. 
In Australia per esempio sono una quarantina le ragazze australiane nel centro del mirino. Purtroppo, una volta arrivate nella località di destinazione (Iraq o Siria), diventano schiave del sesso o martiri, le cosiddette “ kamikaze”.   

 

 

Quali sono i profili di queste donne e come mai arrivano ad una decisione così estremista?

Le ragazze, attratte dalla propaganda sul web, sono o spinte dal desiderio di fuga, attratte dall’esotico e dall’ignoto, spesso per scappare da una famiglia in condizioni non agiate. Altre si uniscono al Califfato per un desiderio di visibilità, questo avviene anche per le figure maschili: profili emarginati dalla propria società, spesso con problemi fisici che portano ad una insicurezza psicologica e di non accettazione di se stessi, trovando così rifugio in una società che ascolta, dà illusioni di una vita diversa, migliore. E così questi “deboli” simpatizzano per posizioni talvolta anche estremiste. 
Molte donne seguono i loro uomini, persino interi nuclei familiari (dall’Albania, dalla Francia e non solo) si aggregano all’Isis spinti non solo dall’ideologia ma anche da promesse di stipendi migliori, venendo così a far parte di quel progetto di costituzione di uno Stato con un tessuto sociale vero e proprio. 
Tanti i giovani musulmani che attirano ragazze, anche europee, facendo leva su di loro per portale, pian piano, a convertirsi ed, in alcuni casi, anche a fare scelte di tipo drastico.

Ringrazio Lamberto Giannini per la chiacchierata e la disponibilità a parlare di un tema delicato come questo. Vorrei anche ricordare che ci sono donne che combattono contro l’Isis, sono curde siriane che lottano per resistere al terrorismo islamico nei loro territori. Donne appartenenti all’YPG, un’organizzazione volta a garantire l’autonomia del Kurdistan Siriano dal terrorismo dell’ Isis. Portatrici di pace e democrazia, a favore della libertà, che, nel loro caso, può essere raggiunta solo con le armi, un duro addestramento e poche ore di sonno. 
Le donne combattenti, “fighters”, che mettono in evidenza questo lato duro e forte delle donne.

Valentina Della Rocca

di Valentina Della RoccaEgittologa ed Arabista