Inchieste

Esclusiva: studi storici ed i segreti del Natale. Gesù non è il vero nome, e non è nato il 25 dicembre

I magi non erano tre e non erano Re, il messia non ha visto la luce in una grotta e di neve non c’era nemmeno l’ombra.

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Non si chiamava Gesù, non è nato il 25 dicembre dell’anno zero e sua madre non era nemmeno così vergine come si dice. D’altra parte i Magi non erano tre e non erano Re, il messia non ha visto la luce in una grotta e di neve non c’era nemmeno l’ombra.

Il Natale, appena passato, rimane la festa per eccellenza, sentita e celebrata in ogni angolo del mondo anche dagli spiriti più indifferenti alla questione religiosa, il Natale è in realtà il prodotto della sovrapposizione di antiche festività pagane e inguaribili stereotipi della tradizione cattolica, e poco e niente ha a che fare con la nascita di Cristo, peraltro totalmente avvolta nel mistero. Anche perché nell’antichità i compleanni non venivano festeggiati, se non dai Re e da personaggi illustri e le anagrafi non c’erano, di conseguenza non si conosceva nemmeno la propria data di nascita, figuriamoci quella degli altri.

Paradossalmente, quindi, se di Gesù conosciamo con esattezza la data della morte – 7 aprile dell’anno 30 – nulla si sa riguardo alle circostanze in cui è venuto al mondo.
Non a caso solo due evangelisti su quattro se ne occupano, in modo molto diverso e con evidenti finalità teologiche e non certo storiche: gli unici dati su cui Matteo e Luca convergono sono infatti i nomi dei genitori (Maria e Giuseppe), la nascita a Betlemme e la verginità della madre. Che, per inciso, serve solo a dimostrare che “nulla è impossibile a Dio” e non ha niente a che fare con la purezza su cui tanto ha insistito la tradizione sessuofobica della Chiesa (molti la confondono addirittura con l’Immacolata Concezione che riguarda invece il concepimento di Maria stessa).


E a dispetto delle reminiscenze di semi-dei pagani,  niente ha a che fare nemmeno con la divinità di Cristo. Non a caso l’evangelista che insiste di più sul “Verbo incarnato” (Giovanni) non fa alcun cenno alla sua nascita. D’altra parte se nulla è impossibile a Dio, Gesù poteva nascere dal nulla, dalla sola Maria ma anche da un normale rapporto sessuale tra Maria e Giuseppe, senza aggiungere o togliere nulla alla sua identità di Figlio di Dio.
Quel che è certo, comunque, è che Maria non è rimasta “sempre vergine”: sono gli stessi Vangeli a testimoniarlo, citando a più riprese i fratelli e le sorelle di Gesù, di cui conosciamo anche alcuni nomi: Giuseppe, Giuda, Simone e Giacomo; quest’ultimo diventerà addirittura il capo dei discepoli prendendo il posto di Pietro e “traformandosi” – dopo la morte – in San Giacomo di Compostela.


E’ vero, però, che per difendere la castità perenne di Maria (di cui parlano solo i Vangeli apocrifi, tardivi e privi di valore teologico) la tradizione ha cercato di identificare i fratelli e le sorelle di Gesù come “fratellastri” (ipotizzando un precedente matrimonio di Giuseppe)  o  “cugini” (nonostante l’estrema chiarezza della lingua greca a questo proposito).
E allo stesso modo in cui la tradizione e la devozione popolare hanno confuso Maria di Magdala con la peccatrice facendone una prostituta redenta, Giacomo fratello di Gesù ha finito per scomparire dietro l’omonimo Giacomo apostolo, fratello di Giovanni e figlio di Zebedeo.


Quando è venuto al mondo dunque, Joshua (nome ebraico che può essere tradotto anche come Giosuè)?
Per quanto riguarda l’anno, incrociando i dati presenti nel Vangelo (come il censimento ordinato da Quirino e il regno di Erode) si può ipotizzare che Gesù sia nato, paradossalmente, nel 7 avanti Cristo.
Dionigi il piccolo, che nel VI secolo inventò il calendario moderno facendo partire gli anni dalla nascita di Cristo, sbagliò però i conti. E considerando che Gesù è morto nel 30 d.C. ne consegue anche che non ha vissuto 33 anni, come siamo abituati a credere, ma quasi quaranta.


Quanto ai magi, erano astronomi arrivati dall’oriente (probabilmente l’attuale Iraq) che portarono in dono a Gesù oro, incenso e mirra. Per questo la tradizione ne ha dedotto che fossero tre – come se ognuno avesse portato un dono diverso - mentre che fossero re arriva dal parallelo con il Salmo 71 dove si legge: “Il re di Tarsis e delle isole porteranno offerte, i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi”.

 

 

La cometa, invece, potrebbe essere autentica: il Vangelo parla di una stella che appare in oriente e “andava davanti” ai magi, finché “giunta sul luogo dov’era il bambino, vi si fermò”. Alcuni studiosi la identificano con la cometa di Halley, passata nel 12 a.C; altri pensano piuttosto alla congiunzione di Giove, Saturno e Marte verificatasi proprio nel 7 a.C. nella costellazione dei Pesci.
Quanto alla grotta o capanna, Matteo non ne parla (si può pensare quindi ad una normale abitazione) mentre Luca scrive che Maria aveva deposto Gesù in una mangiatoia “perché non c’era posto per loro nell'albergo”. In realtà non esistevano alberghi in Palestina al tempo e la stalla faceva parte dell’abitazione in cui la famiglia era stata ospitata – un “albergo” sicuramente molto affollato e caotico - ed era senza dubbio il ricovero più caldo e  intimo dove far nascere un bambino.


Di sicuro comunque Gesù non nasce in inverno, visto che Luca racconta che i pastori stavano vegliando all’aperto quando ricevono la rivelazione dagli angeli. Più probabile che si trattasse di primavera, estate o forse autunno.


La data convenzionale del 25 dicembre è invece quella del  Dies Natalis Solis Invicti, festa romana dedicata al culto del Sole, che inizia la sua “rinascita” proprio alla fine di dicembre, quando i giorni ricominciano ad allungarsi.
Quando, con Costantino il culto cristiano si sovrappone a quelli pagani, il Sole (divinità che dà luce e calore, e che ogni giorno – e ogni anno - vive una passione e una morte nel tramonto e nell’autunno, per poi resuscitare ogni mattino ed ogni primavera dando nuova speranza all’uomo) viene sostituito con Cristo.
E' proprio Costantino a incentivare per tutta la vita il culto del Sole (fa anche rappresentare sé stesso in due statue come il “Dio del Sole”): in un'operazione di sincretismo più che di conversione, quindi, l'imperatore cerca di associare al culto del Sole quello di Cristo, “Sole di giustizia” e luce del mondo, trasformando così il “Giorno del Sole” (ancora oggi Sunday in inglese e Sonntag in tedesco) nel “Giorno del Signore” (Dies Dominica in latino).

 

 


Se il Natale del Signore è stato dunque ripreso dal Natale del Sole, feste e rituali tipicamente natalizi non fanno altro che riprendere quelli dei Saturnali, la più importante, diffusa e sentita festività dell’impero.


Dedicata a Saturno - equivalente romano del dio greco Krònos – e collocata nel mezzo dell’inverno, era la festa per eccellenza dedicata allo scorrere del tempo: dal 17 al 23 dicembre tutte le strade erano addobbate, ci si scambiavano auguri (“Io, Saturnalia!”) e regali (le strenne), dopo la liturgia nel tempio si organizzavano banchetti e si giocava a dadi fino a notte fonda, e c’era sempre qualcuno che si mascherava da Saturno o da Plutone indossando un vestito rosso.
Con il passare dei secoli e dei millenni, le divinità romane e germaniche si sono trasformate in demoni dell’abbondanza (come il “Nonno Gelo” della tradizione russa, i 13 folletti islandesi e lo “Spirito del Natale presente” di Dickens) e poi, fondendosi con la figura storica di San Nicola di Bari e con la complicità di una pubblicità anni ’30 della Coca Cola, hanno dato luogo al più celebre – e paganissimo – simbolo della festa: Babbo Natale.

Arnaldo Casali

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di Arnaldo CasaliGiornalista esperto di Spettacolo, Cultura, Religione.