Inchieste

Intervista esclusiva al capitano Ultimo. Colui che ha arrestato il capo dei boss mafiosi viene lasciato senza scorta

La mafia, i suoi nemici ancora al “41 bis” e pericolosi

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Il carabiniere che ha arrestato il capo dei boss, il mafioso più pericoloso d’Italia e forse del mondo, viene lasciato senza scorta. Al "Capitano Ultimo" è stata tolta la scorta perché per lui non ci sarebbero particolari segnali di concreto pericolo", con queste parole si è risposto all'interrogazione di “Fratelli d'Italia” in Commissione Affari costituzionali.
Una risposta che poco è piaciuta a Giorgia Meloni, leader del partito, che ha commentato: "Una risposta che ha dell’incredibile: se l’uomo che ha arrestato Totò Riina, alcuni dei più stretti collaboratori di Provenzano e che ha stanato molte cosche mafiose non rischia ritorsioni, chi altro dovrebbe proteggere lo Stato Italiano? Non vorremmo che questa decisione fosse la conseguenza di alcune indagini scomode condotte dal colonnello De Caprio. Chiediamo al governo di ripensarci e rinnoviamo l'appello al Presidente Mattarella perché intervenga su questa incomprensibile determinazione".

Anche “Forza Italia” ha attaccato la scelta ed il governo con il capogruppo del partito, in Commissione Difesa alla Camera: "La revoca della scorta al Capitano Ultimo, non può che lasciare sconcertati. il Governo da un pessimo esempio nella tutela degli uomini delle istituzioni, uomini che hanno messo la propria vita a rischio a tutela della legalità".

 


Il Governo, in particolare il Ministro dell’Interno Matteo Salvini c’entrano poco. Salvini è stato chiamato in causa dalla conduttrice tv Rita Dalla Chiesa, figlia del generale dei carabinieri Carlo Alberto trucidato dalla mafia proprio il 3 settembre del 1982, nella stessa data scelta per la revoca della scorta del capitano Ultimo.

 

 

 

 

 

 

Con un post su Facebook si è rivolta al ministro chiedendo se fosse stato al corrente della revoca della scorta, che ha definito “aberrante” e chiedendo perché, invece, per lo scrittore Roberto Saviano la misura di protezione sia ancora prevista. “Il 3 settembre venne anche ucciso mio padre”, ha scritto la conduttrice, pubblicando sul suo profilo social una foto del provvedimento di dismissione della scorta per il Capitano Ultimo, l’ ufficiale dei Carabinieri famoso proprio per aver messo le manette al superboss Totò Riina, nel 1993.


La decisione di revocare la protezione, che consisteva ormai in un’auto non blindata e due uomini, è stata presa il 31 luglio su proposta del Coordinamento delle forze di polizia.

 

 


Il Vice Presidente del Consiglio, Matteo Salvini, ha risposto di non avere la competenza per intervenire. “Il ministro dell’Interno non può intervenire direttamente sull’assegnazione del personale di scorta. Per quanto riguarda la vicenda del Capitano Ultimo, protagonista di brillanti e celebri operazioni, la notizia non mi ha lasciato indifferente. Nel rispetto del lavoro e della professionalità di tutti, chiederò informazioni per capirne di più.

 

Sicuramente una riduzione dei quasi 600 dispositivi di scorta, record a livello europeo, sarà necessaria per recuperare almeno una parte dei duemila uomini delle forze dell’ordine quotidianamente impegnati in questi servizi. Servizi spesso motivati, altre volte no”.

 


Sergio De Caprio è il vero nome del capitano ultimo, nato a Montevarchi in provincia di Arezzo, oggi ha 57 anni. Una vita nel Ros (Raggruppamento operativo speciale) da allievo a capitano, ha lavorato nel Noe e nell’Aise (servizio segreto per l'estero). Ex allievo della scuola militare 'Nunziatella' si è formato nella Scuola Ufficiali di Roma.

 

De Caprio ha chiesto di essere trasferito in Sicilia a ventidue anni, dove ha prestato servizio per due anni come Comandante della Compagnia di Bagheria. Qui nel 1985, a soli 24 anni, arresta il latitante Antonino Gargano, braccio destro di Bernardo Provenzano e killer del Capitano dei Carabinieri Emanuele Basile e altri fuggitivi.

 

Dopo i risultati ottenuti in Sicilia nella lotta alla mafia, viene trasferito a Milano, dove diventa capitano del Ros e fonda il Crimor, un’Unità Militare Combattente operativa a Palermo dal settembre 1992 e sciolta nel 1997.
L’arresto di Riina nel 1993 fu un operazione eclatante contro la mafia e la malavita siciliana, una grande vittoria dello stato. In seguito il capitano venne accusato, insieme al generale dei carabinieri Mori, di favoreggiamento a “Cosa Nostra”. Nel 2006, ovviamente e fortunatamente, vennero entrambi assolti.

 


Il Capitano De Caprio rimase nel Ros sino al 2000, poi chiese lui stesso di esser trasferito, proprio per mancanza di fiducia nelle istituzioni e nei suoi superiori che si “palesavano incompetenti”.

 

Viene assegnato al Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri (Noe) di Roma e assume il ruolo di vice comandante. Anche qui riesce a fare indagini clamorose. Sotto il suo comando vengono arrestati il presidente di Finmeccanica Giuseppe Orsi e l'ex presidente della Regione Lazio Bruno Landi. Nel 2015, il comandante generale dell'Arma dei Carabinieri Tullio Del Sette lo esime dagli incarichi operativi e di polizia giudiziaria, pur lasciandogli l'incarico di vice comandante del Noe.

 

L'ultimo caso seguito da De Caprio è stato quello della Cpl Concordia per poi cambiare di nuovo e passare all'Aise, il servizio segreto per l'estero dove nel 2016 va a dirigere l'ufficio affari interni sino al 2017. Oggi, con il grado di colonnello, è rientrato a far parte dell’ arma dei carabinieri. Il colonnello “Ultimo” ha rifiutato anche l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica ricevuta il 2 giugno 2017.

 

Il Quirinale ha specificato come la rinuncia e la richiesta di revoca siano arrivate dal diretto interessato che ha scritto: «Gentilissimo presidente della Repubblica, nel ringraziarla per l’onorificenza mi vedo costretto a non accettarla per valutazioni strettamente personali. Con umiltà le porgo deferenti saluti, con profondo rispetto per ciò che lei rappresenta e con ammirazione per come ha saputo affrontare le sofferenze che la vita le ha imposto».
Il colonnello Sergio De Caprio ha detto: “Mi chiamo Ultimo perché non voglio essere il primo, non voglio premi. Voglio fare solo il mio lavoro”.

 


Speriamo glielo lascino fare. Piuttosto che i bastoni tra le ruote forse bisognerebbe spronare ed aiutare le persone valide, anche quelle con un carattere “burrascoso”. In ogni campo, non solo nell’arma dei carabinieri. Ma siamo sempre in Italia.

 

Gianluca Cerasola

Tags: ultimo, mafia
di Gianluca CerasolaDirettore@worldpass.it