Inchieste

Terroristi e giovani approfittano della rete, questione di punti di vista ma genitori ignari

Non è possibile modificare tendenze e stili di vita, l’evoluzione non può essere fermata e i più piccoli in balia dei media.

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Stavolta parliamo dei più giovani, dei nativi digitali, di quelli sempre connessi che consultano il web per qualsiasi tipo di domanda o per chattare con gli amici sui social network o per vedere YouTube e la nuova televisione, quella snack, quella che si consuma anche a piccoli pezzi. Una scena, pochi minuti, e subito si passa ad altro.

Non tutti comprendono i loro comportamenti 3.0. Del resto, il passaggio di un’epoca, quella compresa tra due generazioni, la prima analogica, la seconda digitale, appunto, è stato lungo e ricco di trasformazioni.

Ma nell’attuale fiume d’informazioni che ci fa vivere sempre connessi, tra timori e speranze, si colgono contraddizioni e luoghi comuni, certezze e eccessivi allarmi. L’evoluzione tecnologica non può essere fermata, è bene chiarirlo. Semmai controllata, affinché l’utilizzo dei nuovi mezzi a disposizione sia utile a rendere migliori le nostre esistenze. E nessuna fotografia, nessun sondaggio potranno modificare tendenze e stili di vita. Il rapporto tra il mondo digitale e quello che ci circonda è sempre più stretto. Il Web è la nostra metropoli, dove quotidianamente ci confrontiamo e da dove prendiamo spunti.

Il problema, ci risiamo, è sempre l’uso delle tecnologie. Se un terrorista dell’Isis approfitta della Rete per fare propaganda alla propria attività non è una cosa buona. Se uno studente consulta Google o Wikipedia è tutta un’altra storia. Dunque, è una questione di punti di vista.

Tra le contraddizioni di queste ultime settimane segnaliamo i dati dell’ultima ricerca realizzata dal Censis per il Corecom Lazio su “Media e minori” e una serie di esperimenti realizzati nei campus americani dove sono nate le prime biblioteche senza libri. Cioè, i libri ci sono ma tutti sul computer in formato ebook.

 



Partiamo dalla ricerca italiana realizzata dal Censis. Dove si scopre che i più piccoli sono in balìa dei media. A soli dieci anni accendono da soli il computer e i telefonini. Il tablet e la consolle dei videogiochi. E rimangono fissati per ore sugli schermi dei device. Altro che fascia protetta. E accanto a loro non c’è nessuno. La media di fruizione dei mezzi di comunicazione è compresa tra le due e le tre ore al giorno. Se tutto va bene. Altrimenti le ore aumentano a dismisura. Per i videogiochi, a volte, un giovane è disposto ad utilizzare un intero pomeriggio per raggiungere il livello desiderato. I telefonini, poi, sono quelli più utilizzati, perché consentono di fare tutto. Giocare, ascoltare musica, guardare video. Persino telefonare.

I genitori sono ignari delle cose fatte dai propri figli. Non conoscono i siti in cui navigano i ragazzi, le loro preferenze. Non sanno se guardano portali d’informazione o siti porno, dove è facile accedere. Non sanno cosa scrivono sui social network. Eppure anche i grandi hanno il loro profilo su Facebook. Ma non conoscono il nick dei figli, non conoscono i loro amici, non cliccano mi piace sul selfie scattato davanti alla scuola. Musica e film preferiti dai ragazzi non vengono nemmeno presi in considerazione.

Scatta l’allarme. Si apre il dibattito. Arriva una task force per l’uso intelligente del Web. Perché la questione è appunto quella di utilizzare nel migliore dei modi le tecnologie e i mezzi a disposizione. Si parla di media education. Non è una novità, ma almeno viene di nuovo proposta una riflessione sull’educazione all’uso critico dei media. E i grandi, in particolare, dovranno fare la loro parte.

Ora anche il colosso YouTube pensa ai più piccoli. La notizia circolava da tempo. E’ stata lanciata una nuova applicazione dedicata agli under 12. Si tratta di una versione semplificata del celebre portale, più adatta ai giovanissimi, con contenuti adeguati, icone più grandi e colorate, design accattivante e quattro sezioni: spettacoli, musica, impara ed esplora. Non male. Nei prossimi mesi si vedranno gli effetti e i risultati di questo esperimento.

Le contraddizioni, dicevamo. In America si scopre che i nativi digitali preferiscono leggere i libri nella versione tradizionale. Nonostante l’apertura di nuove biblioteche digitali, lo studio sui libri di carta rimane quello preferito. Perché si memorizza meglio quello che si legge, dice qualcuno. Comunque sia, i nativi digitali, quelli della generazione compresa tra il 1980 e il 2000, utilizzano i nuovi media ma leggono anche su carta. Addirittura lanciano appelli su Internet per acquistare testi scolastici in versione stampata e sono spesso alla ricerca di libri tradizionali sulle bancarelle.

E’ il paradosso della carta, locuzione coniata dalla società di consulenza Deloitte, secondo cui nei prossimi diciotto mesi, nel mondo, le vendite dei libri di carta saranno cinque volte superiori a quelle degli ebook.

Non si tratta di frenare la tecnologia. Gli ebook sono ancora agli inizi, e miglioreranno col passare del tempo, tra crossmedialità, testi, link, video e audio. Leggere un ebook sarà sempre più piacevole. Intanto, se i nativi digitali acquistano libri di carta, a quelli della mia generazione, migranti digitali, non può che fare piacere.

Antonio Pascotto

di Antonio PascottoGiornalista Caporedattore All news Mediaset, Tgcom 24.