Spettacolo

A Roma il festival cinematografico dei migranti. Karawan Fest, il festival delle commedie “indiane e del Bangladesh”

Il sorriso del cinema migrante dalle periferie al centro. Risate, convivenza e armonia.

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Il festival delle commedie da ogni angolo del mondo, a Roma, più precisamente a Torpignattara, un quartiere periferico che accoglierà:  lungometraggi e corti, focus su India e Bangladesh, un concerto, una mostra fotografica e un dibattito sulle migrazioni e la narrazione di viaggio. Il tutto gratuitamente.

A Roma nel quartiere Torpignattara, a fine novembre, con ingresso a sottoscrizione  c’è  la quarta edizione di Karawan Fest, il primo (e unico) festival di cinema che affronta i temi della convivenza, dell’identità, dell’incontro tra culture in tono programmaticamente non drammatico, partendo dalla convinzione che il sorriso sia il terreno d'incontro naturale fra le diverse culture del mondo, il “luogo” ideale in cui scompaiono le differenze e ci si riscopre umani. Proiezioni di lungometraggi, cortometraggi, una mostra fotografica, un concerto e un incontro pubblico animeranno la tre giorni del festival, diretto da Carla Ottoni, Alessandro Zoppo e Claudio Gnessi, con un programma speciale che prevede un focus dedicato al cinema di India e Bangladesh, le cui comunità sono tra le più numerose a Torpignattara. Sarà anche allestito un Baby Point, a cura di Città delle Mamme, per cambiare e allattare i bambini.
 

 

Un’esplosione di colori, suoni e danze investirà il popolare e multietnico quartiere, dove il progetto è nato e continua a svolgersi, per proporre un modello di convivenza basato sul piacere della scoperta e della partecipazione e offrire un nuovo punto di vista su Paesi poco conosciuti, o rappresentati attraverso stereotipi e cliché, che non rendono giustizia a cinematografie incredibilmente intense, colorate e vitali. Il programma prevede  l’inaugurazione della mostra fotografica “Sonny Story”, di Marcello Scopelliti, la vita di uno dei tanti ragazzi indiani della Pianura Pontina, un appassionante viaggio fotografico tra il Punjab e l'Italia. A seguire, il meglio della produzione indiana, con due commedie, Aiyyaa, di Sachin Kundalkar, film pieno di umorismo, energia e passione, che esplora il tema del desiderio femminile al ritmo travolgente delle danze bollywoodiane, quindi Sulemani Keeda, diretto da Amit V Masurkar, eletto miglior film indipendente indiano del 2014, una spassosa slacker comedy che prende in giro miti e riti di Bollywood attraverso la storia di una scombinata coppia di sceneggiatori. A seguire è previsto il  concerto dei Moon Stars Studio, formazione di giovani musicisti di origine bengalese, con l’accento romano e il cuore a Dhaka e poi, il lungometraggio bengalese Television, di Mostofa Sarwar Farooki, astro nascente del cinema del sud-est asiatico, che racconta la reazione degli abitanti di una cittadina al divieto di ogni forma di immagine e di immaginazione in quanto potenzialmente pericolosi. Quindi, la commedia romantica Dum Laga Ke Haisha, di Sharat Katariya, la storia di una coppia di giovani alle prese con la tradizione, i sentimenti e il desiderio di realizzare le proprie aspirazioni.
 

 
La giornata conclusiva dell’evento prevede  una selezione di cortometraggi di animazione dalla Siria, seguita da un incontro con artisti, registi, giornalisti ed esperti del settore, e la proiezione, in chiusura, di Andalousie Mon Amour, commedia satirica marocchina diretta da Mohamed Nadif sull'immigrazione clandestina, un omaggio a tutti gli harragas che partono con il sogno dell'Europa. KarawanFest è un progetto sul recupero degli spazi per restituire il cinema ai quartieri periferici, dove spesso  il cinema è orfano. Questo particolare Festival è attivo  dal 2012. Schermo e proiettore in spalla, gli organizzatori trasformano spazi abbandonati e in disuso in luoghi in cui le persone possano re-incontrarsi e godere del rito collettivo dello schermo cinematografico illuminato. Tra scorribande e improvvisazioni sono stati realizzati diversi eventi, incluso l’omaggio a Claudio Caligari.

 


I direttori artistici  hanno concepito questo evento come una festa che abbatte le barriere tra culture con il potere di una risata: “Niente è più rivoluzionario di una risata. Niente è più democratico del sorriso. Niente è più sovversivo della commedia”.
 

di Mario LucilloGiornalista e curioso del mondo