Spettacolo

Tornatore e la sua “corrispondenza”. Simulazione incomprensibile o cospirazione mediatica e tecnologica?

Nel nuovo film, Tornatore, si serve delle nostre protesi tecnologiche per allestire un rituale di puro estremismo sentimentale.

di |

Al contrario della nostra più immediata esperienza della natura e della vita, gran parte della narrazione dell'universo che ci è dato leggere nel cielo ci arriva da corpi celesti estinti, stelle morte: l'intero cosmo è ancora pieno del rumore dell'iniziale bing bang che ha dato vita a tutto. Ogni cielo stellato che abbiamo mai contemplato è disseminato di tracce luminose che arrivano a noi dopo che la loro fonte si è spenta. Per sempre.

È questa l' intuizione da cui parte l' ultimo film di Giuseppe Tornatore, La corrispondenza, in cui la protagonista, una eccezionale stuntwoman, abilissima nell' affrontare il ruolo di controfigura in pericolose scene d' azione di film, inizia a ricevere mail, sms, file video dal proprio amante dopo la sua morte?

Sembra proprio di sì. Non solo perchè il suo amante, Jeremy Irons, è un autorevole studioso di astrofisica, non solo perchè lei, Olga Kurylenko, è una studentessa della stessa materia e la sua tesi finale ha come argomento proprio tematiche affini. Ma perchè più volte, in questo film che parla spesso dell' immensità del cielo ed è quasi completamente concentrato sullo spazio intimo ed esclusivo costruito da due persone che si amano, la figura della stella morta che continua a irradiare la propria luce, riaffiora in continuazione.

Chi è, infatti, che materialmente invia quelle appassionate lettere d' amore via skype, cariche di affetto e rimpianto che la protagonista riceve dal suo amante segreto (l' uomo è sposato e con figli) dopo che la notizia della sua morte per un tumore è stata diffusa in tutto il mondo? Si tratta di una simulazione incomprensibile o di una cospirazione mediatica messa in atto da complici imperscrutabili ?

Il film, che ha le luci di blu e argento di Fabio Zamarion e una colonna sonora di Morricone che mixa tradoromanticismo e il disperato lamento di una chitarra rock, si offre allo spettatore come un thriller dai riverberi fantastici e i riflessi gotici di cittadine britanniche plumbee e accademiche.

Ma in realtà dà corpo e mito alla più utopistica delle nostre fantasie: l' idea che se amiamo davvero una persona, nulla potrà davvero separarci da lei.

 

 

Tornatore si serve delle nostre protesi tecnologiche (cellulari, computer portatili, videocamere: che sono protagoniste del film quanto i due personaggi principali) per allestire un rituale di puro estremismo sentimentale. La cui domanda, non accessoria, è: cosa vuol dire davvero amare qualcuno? Non poter fare a meno di lui?

Dietro il plot tecnologico e melodrammatico, c' è, come possiamo chiamarla?, qualcosa che somiglia ad una terapia. I due amanti hanno serbato per se stessi dei segreti. La morte che li separa diventa una chance per svelarli ma anche lo strumento per sanare il trauma di cui sono la cifra.

Qualcuno, come un vero regista, ha messo in scena una ingegnosa e raffinata rappresentazione il cui esito è quello - che sembra stare a cuore anche al vero regista del film - di mostrare con stupore il punto oscuro di saldatura tra amore e dolore.

 

 

Per tutte queste ragioni La corrispondenza, costruito sul chiaroscuro dell' alternanza di sussurri ed enigmi, la solitudine della protagonista e il violento spettacolo dei set su cui lavora, un romanticismo inconfessabile ed una società spenta e asettica, possiede forse il copione più inventivo e suggestivo del cinema di Tornatore dai tempi di Una pura formalità.

Mario Sesti

di Mario SestiCritico e Festival Curator