Spettacolo

Intervista esclusiva a Sonia Bergamasco. Da “cattivissima” funzionaria del film di Checco Zalone al teatro, poesia e canto

In concorso per i David di Donatello, dalla commedia al teatro di elite, il metodo: dare il massimo con il minimo tempo a disposizione.

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Sonia Bergamasco, oltre ad essere un volto inconfondibile, di fascino e luminosità mitteleuropei, è anche una figura di autrice/attrice piuttosto singolari. Nel mondo del cinema ma anche nel mondo dello spettacolo in generale. Quanti attori possono dire, come lei, di essersi fatte le ossa con monumenti del teatro come Strehler o Carmelo Bene? I suoi più famosi personaggi sul grande schermo sono, probabilmente, la giovane madre che diventa terrorista nella serie d' autore di Marco Tullio Giordana, La meglio gioventù, di grande successo in tutto il mondo e la funzionaria ministeriale che tenta in tutti i modi di liberare Checco Zalone dalla Pubblica Amministrazione nel campionissimo d' incassi, Quo Vado. Moglie di Fabrizio Gifuni, un altro autore/attore di grande poliformismo e creatività ("lavorare insieme, anche come attori, nei panni di altri, significa esplorare e irrobustire la nostra relazione nella vita"), oggi la Begarmasco, dopo essere diventata un volto familiare pure nella fiction della tv generalista, con la nomination ai David come miglior attrice non protagonista per il film di Zalone, sembra essere stata definitivamente reclutata nel firmamento dei volti più popolari del nostro immaginario. Sapevamo che fosse molto brava, non immaginavamo fosse capace di farci ridere in questo modo: “Sono contenta. Sono molto contenta vi siate divertiti. Ho letto la sceneggiatura di Luca Medici, che è il nome vero di Zalone, e mi sono molto divertita anche io, prima di decidere di accettare quella parte. Avrei potuto anche fallire: avrei potuto tranquillamente non riuscire ad essere divertente. Per me era una sfida come tante altre. Oltre al fatto che trovo il cinema di Luca più intelligente di quello che si crede. Ma non voglio dare l' impressione di dovermi giustificare”.
 

Ho letto da qualche parte che pur essendo attrice, autrice di teatro, poetessa, in vetta alla tua passione c’è la musica 
“E’ la prima lingua. Ci ho messo un po' a capire che poteva intrecciarsi con il teatro in qualche modo”
 
Anche perchè sei una ottima pianista
“Aggiungerei anche che sono una cantante, se posso: cioè con la voce posso anche cantare e non solo recitare”
 
A proposito della voce. Giuseppe Bertolucci, con il quale hai avuto la possibilità di lavorare sia in teatro che al cinema, diceva che hai una voce "mozartiana". Suona molto bene ma sapresti spiegare meglio cosa voleva dire
“Giuseppe era una persona straordinaria, non solo come regista e mi era molto caro. Credo volesse dire che con la voce si possono avere delle vere e proprie possibilità di scrivere: così come si fa con il cinema o con letteratura. Ovvero, la voce può modulare tutte le sfumature di personaggio, colore, tono, stile”
 
Quindi, voleva dire che hai una voce "polifonica"
“Sì, direi che Giuseppe voleva dire qualcosa del genere”
 
 
 
 
In realtà tu, e non solo la tua voce, sei un’autrice vera e propria, ovvero hai scritto uno spettacolo tratto da un lungo racconto giovanile di Irene Nemirovsky, Il ballo. Con lei hai portato a teatro una delle scoperte più sorprendenti della letteratura francese degli ultimi anni (quella di Suite francese)
“È un' opera scritta quando la Nemirovsky aveva solo ventisei anni, ambientato nella Parigi degli anni '30 ed ebbe un grande successo. Per essere poi completamente dimenticata dopo la guerra”
 
A causa del tragico destino che la vide deportata in un campo di concentramento
“Esatto. Quella storia su cui ho lavorato aveva un cuore strepitoso: tutto avvinto intorno ad un conflitto madre/figlia che era profondamente autobiografico”
 
Possiamo dire che essere autrici a teatro significa qualcosa di diverso che esserlo al cinema o nella musica? Visto che significa anche essere presenti in scena e quindi, come dire, scrivere anche con il proprio corpo
“Non è facile per me rispondere: non c' è una vera differenza tra tutti questi elementi nella concretezza del mio lavoro. Ancora una volta è la voce il vero modello: una sorta di lingua arcobaleno capace di toccare ogni sfumatura”
 
Teatro, letteratura, musica. Esplorando la tua biografia si  ha l' impressione che tu sia una di quelle persone che prenda tutto molto sul serio. Eppure, nella parte del funzionario e stretta collaboratrice del ministro, in Quo vado di Checco Zalone, hai fatto divertire un po' tutta l' Italia
“Credo che ciò che rende davvero divertente quel personaggio e le situazioni che abita sia il fatto che non si capisce chi è davvero vittima e chi carnefice: è Checco che viene perseguitato da lei o lei che diventa una micidiale persecuzione per la vita e il lavoro del mio personaggio?”
 
 
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È uno dei pochi personaggi "cattivi" che tu abbia davvero fatto
“Non è vero! E’ buonissima. È una vittima sacrificale di Checco e del turbine del suo attivismo”
 
Di recente, dopo molto teatro e letteratura di livello, ti sei affermata anche nella fiction tv più popolare, nella serie di Montalbano (nei panni della sua partner in una controversa relazione). Come hai affrontato i tempi ridottissimi di preparazione e messa in scena delle serie televisive?
“Conoscere e affrontare tempi diversi di produzione di altri media e linguaggi, fa parte del mestiere dell' attore. Detto questo, il primo incontro con la televisione è stato duro. Il metodo è: dare il massimo con il minimo di tempo a disposizione”
 
In effetti sembri una che sul set ha voglia di sperimentare, osare, perfezionare
“E invece no. Con le serie tv questo non è possibile. Però anche questo modo di lavorare è una scuola. Se ci sono le condizioni di base (un buon copione, il giusto cast, una regia all' altezza), puoi lavorare senza essere abbandonata alla fretta. Questa, per il mio lavoro, non è affatto una esperienza negativa”
 
Ma alla fine, se dovessi spiegare un po' il segreto della tua versatilità che ti consente di mixare "alto" e "basso" senza cedimenti o contraddizioni, o meglio, se ti chiedessi qual è il compromesso, il punto d'equilibrio tra Carmelo Bene e Checco Zalone, cosa risponderesti?
Che sono entrambi pugliesi
di Mario SestiCritico e Festival Curator