Spettacolo

Pistole e stragi in America. Incapacità di fronte al disagio giovanile e facilità nell’acquistare armi raccontate anche al cinema

“Dark Night” è un film che offre molti spunti di riflessione. Le conseguenze dell’individualismo esasperato che fa preferire la realtà virtuale e favorisce le stragi reali

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Drammaticamente di attualità, in queste giornate in cui le pagine dei giornali sono piene di articoli sulla necessità di limitare la diffusione delle armi, esce il 1 marzo nelle sale “Dark Night” di Tim Sutton. Il film è liberamente ispirato ad un fatto di cronaca, la strage di Aurora, cittadina del Colorado in cui nel 1992 il ventiquattrenne James Holmes aprì il fuoco in un cinema, durante la prima del film “Dark Knight Rises” (Il cavaliere oscuro – Il ritorno), uccidendo 12 persone e ferendone 70.
“Dark Night” non racconta la tragedia, ma ciò che la preannuncia. Il regista sceglie di riavvolgere il filo del tempo e di far entrare lo spettatore nella vita - e nei contorti processi mentali dei 6 protagonisti - nelle ore che hanno preceduto il massacro. Sutton adopera uno stile asettico per mostrare, in tutta la sua angosciosa realtà, l’alienazione contemporanea, il vuoto di relazioni, la noia e la solitudine che avvolgono la vita di 6 giovani, ognuno dei quali potrebbe trasformarsi in poche ore in uno spietato killer.
Il contrasto tra l’apparente normalità fotografata da Sutton, la bellezza di alcuni paesaggi e il disagio esistenziale dei protagonisti, la narrazione frammentaria, la colonna sonora ipnotica, coinvolgono lo spettatore trasmettendogli una sensazione di inquietudine, e lo accompagnano verso il crescendo finale, quello dei preparativi per il folle gesto. Un gesto che non vediamo, ma del quale percepiamo chiaramente la gravità.
Spesso, all’indomani di un fatto di cronaca come quello di Aurora, o come dei molti altri che purtroppo sono avvenuti dopo, ci si chiede cosa possa aver portato un essere umano a commettere un gesto tanto folle. La fredda definizione di “insanità mentale”, che ricorre nelle aule giudiziarie, non basta a spiegare, a dare un senso razionale a così tanto dolore.
Proprio partendo dal desiderio di capire, il film di Sutton spinge l’immaginazione ad esplorare la realtà umana e il contesto ambientale in cui erano immerse sia le vittime che l’artefice di quell’assurdo massacro.

 


“Dark Night” è un film che offre molti spunti di riflessione. Sulle conseguenze dell’individualismo esasperato, sul nulla che avvolge molte cittadine di provincia e fa preferire ai ragazzi la realtà virtuale alla vita vera, sull’incapacità della società contemporanea di far fronte al disagio di tanti giovani che, per motivi diversi, si ritraggono in se stessi covando rancore verso il mondo, sulla facilità con la quale ci si possono procurare i mezzi per compiere una strage.

E se sembra che finalmente negli USA qualcosa si muova per rendere più difficile procurarsi un arsenale come quello di James Holmes (è notizia di oggi che Donald Trump ha ceduto alle proteste seguite all’ultima strage e ha proposto di allargare i controlli sugli acquirenti di armi, escludendo chi ha problemi mentali, e di aumentare da 18 a 21 anni l'età legale per l'acquisto), è anche grazie a film come questo.


Girato in soli 16 giorni, il film è stato presentato al Sundance Film Festival, nella selezione ufficiale 2016 e ha vinto il Premio Lanterna Magica alla 73a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, nella sezione Orizzonti de La Biennale di Venezia 2016. Nel cast, tra gli altri, Eddie Cacciola, Aaron Purvis, Shawn Cacciola, Robert Jumper e Anna Rose Hopkins.


di Marianna Battaglia