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Brasile, Marajo, l'isola dei bufali: Viaggio nell'Amazzonia degli sport bizzarri

Tra "surf-pororoca" e "jumping buffalo".

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Ne avevo sentito parlare da tempo ma raggiungere l’isola di Marajo al nord del Brasile, alla foce del Rio delle Amazzoni, non era cosa semplice.

Eppure questo posto così selvaggio, così distante dal mondo di tutti i giorni, sconosciuto dalla stragrande maggioranza degli stessi brasiliani, sembrava aver un fascino particolare. Sostanzialmente tre le notizie che mi spinsero ad andare alla scoperta di Marajo, la più grande isola fluvio-marina del mondo, oltre 50 mila chilometri quadrati, un territorio superiore all’estensione della Svizzera o dell’Olanda. Le notizie riguardavano i bufali, il ‘’Jumping Buffalo’’, l’onda della ‘’Pororoca’’ e il nascente Eco-turismo.

Per arrivarci bisogna necessariamente partire dalla città di Belem, la capitale dello Stato di Parà, sul grande Estuario del Rio delle Amazzoni. Marajo è di fatto raggiungibile solo in barca o in aereo. Ci sono dei traghetti che la toccano e il percorso sul fiume dura circa 3 ore. Con un piccolo aereo ci si impiega 30 minuti. Arrivati sull’isola, il primo impatto visivo è con i bufali. Se ne vedono ovunque, allo stato brado, anche sulla pista del piccolo aeroporto e sulla strada che raggiunge il primo centro abitato.
Qui c’è la più alta concentrazione al mondo di questi mansueti bovini. Se ne stimano oltre 1 milione di capi appartenenti a 6 razze differenti, dal piccolo maremmano italiano al grande bufalo indiano.

Come sono arrivati qui? certamente non perché sono stati espressamente portati sull’isola, ma perché l’hanno raggiunta a nuoto. I bufali sono espertissimi nuotatori e ne approfittavano per fuggire quando i vascelli, con gli animali (provenienti dall’Europa o dall’Oriente), naufragavano dopo essere arrivati in Brasile destinati alla vendita nel mercato di Belem.
Proprio i bufali, in particolare quello più grosso di razza indiana, ha dato vita ad uno sport particolarissimo, il Jumping Buffalo. In realtà questo sport altro non è che un’esercitazione del corpo della polizia amazzonica, che ora viene praticato da molti giovani provenienti da varie parti del mondo, principalmente scandinavi, dal nord europa e giapponesi.

 


La polizia amazzonica è un corpo speciale, tra l’altro interstatale, che svolge la sua attività soprattutto nella foresta.
Ora la foresta per sua natura non offre grandi spazi visivi. Per avere una visione allargata bisogna salire oltre la lussureggiante vegetazione. Questo è possibile arrampicandosi su alberi ad alto fusto, nella zona amazzonica ce ne sono alcuni che superano l’altezza di 50-60 metri. I poliziotti più giovani ed esperti, alcuni sono indios, si arrampicano su questi altissimi alberi per scrutare l’orizzonte, portandosi con se la cima di una robusta corda. Una volta fatta l’osservazione della foresta sottostante, il poliziotto lega la corda ad uno dei rami più robusti in cima all’albero, mentre i compagni a terra legano l’altra estremità della corda all’imbragatura posta sul dorso del bufalo indiano. A questo punto il bufalo tira la corda e la rende tesa. Il poliziotto rimasto sull’albero applica alla corda un piccola carrucola. Aggrappandosi a questa potrà scendere velocemente dall’albero e sganciarsi prima di “investire” il grande bufalo. Oggi un appuntamento ed uno sport “abbastanza estremo” che può essere praticato con l’ausilio di alcuni esperti e agriturismi sorti sull’isola. Loro forniranno oltre i bufali, la base dell’attrezzatura necessaria. Bisogna comunque considerare che gran parte dell’isola di Marajo per alcuni mesi dell’anno diventa una palude. In quel periodo dell’anno non è improbabile incontrare jacaré, cioè alligatori, e soprattutto anaconde.


Ricordo ancora la mia prima colazione nella fazenda di Jeronimo, allora sindaco della comunità isolana. Mentre mangiavamo, a colazione, filetto di vitello di bufalo, ricoperto da formaggio fresco, l’ingegner Jeronimo, aveva appena lasciato l’incarico di Direttore della Centrale Elettrica di Belem, mi dava nozioni sull’abbondante fauna stanziale e di passaggio presente sull’isola, una sorta di zoo naturale. Di fronte al suo cottage, a circa una trentina di metri da dove stavamo mangiando sulla veranda, c’era un laghetto, mi indica con la mano di guardare verso lo specchio d’acqua e vidi uno degli animali della fattoria Jeronimo, un’anaconda di circa 8 metri, una “baby anaconda” mi precisò l’ingegnere.

Con lui parlammo anche della famosa “Pororoca”. E’ un fenomeno di formazione di enormi onde nel punto di incontro tra le acque del fiume con quelle marine. Il fenomeno appare più evidente nel momento dell’alta marea. L’onda che si forma non va verso il mare, ma esattamente nella direzione opposta, risale il fiume. Questo fenomeno è noto fin dal 1500 e fu conosciuto sia dallo scopritore del Brasile, il portoghese Pedro Alvarez Cabral, che dal navigatore spagnolo Vincent Yanez Pizon che dovette fare i conti con questo fenomeno e rischiò il naufragio.

 



Ma perché la Pororoca attira l’attenzione di molti giovani di tutto il mondo? per il surf. L’enorme onda è infatti cavalcabile con particolari surf e il primatista mondiale, che è un giovane brasiliano, è riuscito a percorrere sulla sua tavola circa 52 chilometri all’interno del Rio delle Amazzoni. Sport estremo che ha bisogno di un grande preparazione, ma che ha fans provenienti soprattutto dal nord America e dall’Australia. Queste onde sono visibili anche da chi non pratica il surf. In particolare nei primi tre mesi dell’anno, da gennaio a marzo, sulla costa marina di Limao da Caviana si può ammirare la Pororoca e le centinaia di surfisti che si radunano in quella zona.

Al di là di questi due “sport” che abbiamo descritto c’è da sottolineare che oggi sta crescendo il flusso di turisti, brasiliani e stranieri, che raggiunge l’isola anche per interessi eco-turistici. Sono già stati approntati una serie di tour che partono da Belem oppure, raggiungendo l’isola con i traghetti, da Soure considerata la capitale di Marajo. Per non parlare di quelle in barca o in canoe e in jeep. A circa 75 chilometri da Soure c’è un altro paese Cachoeira di Arari dove c’è il museo dell’isola, quasi interamente dedicato alla ceramica, il prodotto più caratteristico e ricercato di Marajo.
E se piace, c’è anche la lavorazione della pelle di bufalo: prodotti molto rurali (si pensi a cappelli a larghe falde, borse o stivali) che hanno però un loro fascino. Insomma l’industria del turismo, anche se a livello ancora molto embrionale, sembra essere arrivata anche in questo sperduto incredibile angolo di mondo.

Stefano Sassi

di Stefano SassiGiornalista Capo Redattore Tg2. Laureato in Economia si occupa di turismo, arte moderna e contemporanea, musica latino-americana, economia.