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Amazzonia: intelligenza sociale di ragni e formiche. Indigeni in isolamento volontario, entro il 2020 deforestazione azzerata e progetto WWF

Elettricità per 3 ore al giorno, assenza di connessione internet e rete telefonica, l’acqua utilizzabile è solo piovana.

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40.000 piante diverse, 1.300 specie di uccelli, 420 mammiferi, 3.000 diverse specie di pesci di acqua dolce. Una diversità biologica che è la grande ricchezza della giungla amazzonica, ma anche la sua minaccia costante. Il polmone verde del pianeta, la più densa ed estesa copertura di vegetazione della terra, funziona come un vero e proprio condizionatore: cattura i raggi solari e li trasforma in vapore acqueo. Un’ora di deflusso del Rio delle Amazzoni, il più grande fiume del mondo, equivale al deflusso di un anno del Tamigi. Ecco perché tutelare l’Amazzonia è importante per tutti, anche per noi che viviamo al di qua dell’oceano.

Siamo venuti a vedere da vicino un progetto molto concreto del WWF che coinvolge 3 stati: Colombia, Equador e Perù. Obiettivo: rendere sostenibili i progetti di sfruttamento del territorio, coinvolgere la popolazione nativa nella sua tutela, azzerare la deforestazione entro il 2020. In questo perimetro di giungla che abbiamo visitato in piroga lungo il fiume Aguarico abbiamo visto che, seppure il mondo indigeno sia molto eterogeneo, con vedute spesso diverse se non addirittura in conflitto, sulla conservazione della foresta i nativi sono tutti d’accordo: Deve rimanere così come l’hanno vissuta per millenni.


6,7 milioni di chilometri quadrati, ben 9 paesi sudamericani, 33 milioni di abitanti, 350 gruppi indigeni, 60 dei quali in isolamento volontario. I numeri dell’Amazzonia sono di tutto rispetto, spiegano da soli l’importanza strategica di questa regione misconosciuta. Nel 1500 gli indigeni erano 6 milioni, oggi sono poco più di 130 mila. Brutalità, malattie, sterminio… civiltà antichissime sono state completamente cancellate dalla storia, ma basta un contatto anche superficiale con i discendenti degli antichi popoli Incaici per intuire la grandezza delle civiltà precolombiane. Ce lo dimostrano a Zancudococha dove arriviamo che è già buio. Ci accoglie Alfredo, che per due giorni sarà il nostro Anfitrione: a casa sua consumeremo pasti semplici ma accurati e potremo ripulirci dal fango del fiume, ma è tutta la comunità a farsi carico della nostra sistemazione, nella sala comune dove si riuniscono gli abitanti per ogni decisione che li coinvolga ma anche per la messa ogni 8 settimane.

Qui non c’è connessione internet ne rete telefonica, il gruppo elettrogeno fornisce elettricità soltanto 3-4 ore al giorno e l’acqua utilizzabile è quella piovana. Ma la sera è possibile ancora incantarsi davanti a un albero addobbato a festa dalle lucciole…

Se ci si adatta all’intensità del rumore della pioggia notturna e alla convivenza con rane e anfibi di ogni sorta, il gioco è fatto!.

Quanta acqua! Un’ abbondanza così non esiste in nessun altro punto del pianeta. E d’altronde il momento più bello è subito dopo la pioggia, quando una nuvola di vapore acqueo si solleva dagli alberi e gli animali escono dal bosco per asciugarsi il pelo- come le scimmie- o perché il cibo risplende, come accade agli uccelli.

Gli uccelli tucano non bevono direttamente dal fiume ma dalle bromelie, coloratissime piante tipiche della foresta pluviale che raccolgono l’acqua piovana e racchiudono anche le raganelle che si riproducono al loro interno. Se ne contano 2.700 specie e ne abbiamo viste di bellissime ovunque: spuntare dagli alberi, dalle tettoie, forti del fatto di non aver bisogno di radici per raccogliere l’acqua. Piante epifite che non sfruttano altre piante ma le usano come semplice sostegno in quello spirito di comunione che sempre di più ci appare come la quintessenza della foresta.

E che dire dell’intelligenza sociale dei ragni che costruiscono tele così estese da foraggiare tutta la comunità? O delle formiche tagliafoglia che trasportano i pezzetti di foglia tagliata lungo il tronco, le radici, il terreno fino al formicaio dove coltivano un fungo di cui si nutrono, un fungo che peraltro produce C02 per cui le operose formiche hanno anche predisposto l’aerazione del formicaio con un perfetto sistema di condotte che fa fuoriuscire l’anidride carbonica! Sono insetti sociali, al cui funzionamento ormai si ispirano gli studi di intelligenza artificiale.
Perché qui ogni formica funziona come un neurone del cervello e tutte insieme riescono a fare delle attività che la singola formica non potrebbe fare. Da loro ne abbiam da imparare…

 

Maria Luisa Cocozza

di Maria Luisa CocozzaGiornalista tg5, responsabile Arca di Noè