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Le "grandi" donne dell’8 marzo: Christine Lagarde proclama "il complotto sessista" mentre Hillary Clinton "sfugge" in vista delle elezioni

Non ci sono così tante donne imprenditrici o scienziate. 9000 miliardi di dollari all'anno sarebbe la ricchezza non realizzata.

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Nella fantasiosa, accesa, sarabanda di prese di posizione, manifestazioni , condanne, legate all’8 marzo - donne sfruttate, discriminate, stuprate, uccise nella loro dignità – spicca l’allarme a sorpresa di una compostissima, elegante, signora – una vera potente del pianeta – che ha puntato violentemente l’indice contro il sessismo sui luoghi di lavoro, proclamando con sdegno che “c’è un autentico complotto” contro l’altra metà del cielo.

Autrice dello sfogo-proclama, suffragato da una ponderosa ricerca del Fondo Monetario Internazionale, la stessa “biancochiomata” aristocratica direttrice dell’istituzione che fa tremare i governi indebitati di mezzo mondo: la francese Christine Lagarde, prima donna ad ascendere alla poltrona più alta del FMI, già ministro di Sarkozy, tra l’altro arrivata così in alto grazie ad un’altra “presunta congiura”, ma alla rovescia, quella che mise KO lo sfrontato libertino un po' sadico Dominique Strauss-Kahn, suo predecessore, costretto da assai discutibili e reiterate “gesta” a mollare l’austera, torreggiante, struttura di Washington e ad affrontare infinite battaglie processuali per salvarsi dal carcere.

E’ andata giù dura, l’infuriata Christine, che ha lasciato a bocca aperta i suoi colleghi maschi. “In troppi paesi – ha scritto sul suo blog – le restrizioni legali cospirano contro le donne per impedirci di essere economicamente attive. In un mondo che ha tanto bisogno di crescita, le donne potrebbero recare un grande contributo se solo avessero di fronte delle pari opportunità invece di un insidioso complotto ad excludendum”. Documentatissima e motivata, del resto, l’uscita-bomba dell’eterea Lagarde.
Secondo lo studio sfornato dalle “teste d’uovo” del FMI, in più di quaranta nazioni – alcune ricche e avanzate, quindi “insospettabili” - si perderebbe più del quindici per cento della ricchezza potenziale proprio per effetto delle discriminazioni esercitate ai danni delle donne. Si andrebbe dal cinque per cento di PIL perduto dagli Stati Uniti al nove per cento del Giappone al quindici per cento dell’Italia a punte del 34 per cento in Egitto.

I casi estremi sono quelli di paesi, dove legislazioni arcaiche vietano al genere femminile alcune professioni, le escludono dai diritti di proprietà , subordinano le loro decisioni economiche al consenso dei mariti o dei padri. Ma anche l’Occidente industrializzato soffre di un divario persistente. Non ci sono così tante donne imprenditrici o scienziate, quante potrebbero essercene se “il campo da gioco” fosse orizzontale, livellato, uguale per tutti. Novemila miliardi di dollari all’anno sarebbe nientemeno la ricchezza non realizzata a causa dello svantaggio di tutte quelle donne e ragazze, costrette ad accontentarsi di “un piano B”, di una soluzione di ripiego rispetto al loro talento semi-sprecato.

 



Paesi avanzati come gli Usa continuano a registrare un divario retributivo sistematico: a parità di qualifica, competenze e responsabilità, una donna guadagna l’85 per cento del collega maschio. E un recente test americano ha dimostrato che il capo del personale di un’azienda, di fronte a un “curriculum vitae” equivalente di due candidati, premia automaticamente l’uomo. Una punizione che la combattiva super-economista Christine Lagarde rifiuta di accettare gridando forte e alto al complotto. E augurandosi che il 2016 sia l’anno di un presidente donna negli Stati Uniti.

Allusione chiara come il sole alla lanciatissima Hillary Clinton – “vecchia e straricca”, come masticano amaro tanti repubblicani invidiosi di fronte alla “star” democratica – che, tuttavia, in occasione dell’8 marzo ha scelto di non offrire soddisfacenti sponde ne’ alle femministe di tutto il mondo, ne’ – tantomeno – alla sua sponsor Lagarde. Una furbona l’ex-first lady della Casa Bianca con Bill, ex-segretario di Stato con Obama. Ha scelto un profilo basso, la potente Hillary, non si è unita – in questo caso - ai cori di vendetta e alle voglie di rivalsa di tante donne incavolate nel mondo. Silenziosa e sfuggente. Per uno spietato calcolo elettorale. Perché non può mettere il piede in fallo proprio a un tiro di schioppo dalle presidenziali del novembre del 2016, data da brivido. Testa perennemente sulle spalle e sondaggi alla mano, freno tirato. E una scelta indefettibile, corroborata dal suo poderoso staff: essere convintamente nonna, trasmettere attorno a se’ questa placida immagine per conquistare la Casa Bianca. Proprio lei, la leader accusata di essere una dura, una femmina-regina, una che sa come indossare i pantaloni e si guarda bene dall’intenerirsi di fronte alla prima tristezza in cui incappa. E, invece, no. Altro che un “carabiniere”, come diremmo in Italia. Sempre sorridente e premurosa, adesso, la nuova Hillary pre-campagna elettorale, una marea di foto con in braccio la nipotina Charlotte e accanto un connivente nonno Bill, uno che la sa lunga e non le ha mai fatto mancare il proprio appoggio. Hanno deciso insieme, i Clinton.

Non poteva cedere alle tentazioni del femminismo più sfrenato, Hillary. I calcoli sono calcoli. Perché mira in particolare a sedurre la folta generazione dei “baby boomer”, la probabile candidata dei democratici a Capitol Hill. Soprattutto le donne, ma non solo. Quei quasi ottanta milioni di americani, nati tra il ’46 e il ’64, componente essenziale e maggioritaria dell’elettorato a “stelle e strisce”, la cui influenza politica è andata crescendo con gli anni, perché – negli States – più si invecchia e più si va a votare. Intere praterie si aprono davanti alla figura universale della nonna. Fa presa su femmine e maschi, su giovani, meno giovani e anziani, su bianchi e neri, su ricchi e poveri. Non più solo tosta e avvezza a comandare, la nostra Hillary, che stava rischiando di diventare antipatica e un po’ lo era già diventata. Uno sforzo, invece, per imparare a mostrarsi morbida, vulnerabile, sensibile. Essenziale e unificante, per la famiglia, la “granny”: In un modo che può piacere sia ai progressisti che ai conservatori.

Il gioco può riuscire. La Casa Bianca non può attendere: Hillary, a fine 2016, avrà già 69 anni. O stavolta, o mai più. Anche se pare che le sia costato parecchio astenersi da una disintossicante tirata femminista. Ma è il momento del “nonno power”.

Giovanni Masotti

di Giovanni MasottiGiornalista Rai Inviato da Mosca.