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Turismo e rinascita a Sarajevo, meta insolita, affascinante ed economica

Cucina balcanica e festival cinematografici attraverso territori “forti”,“tour di guerra”e la prima linea tranviaria d'Europa.

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E' stato il più lungo assedio nella storia bellica contemporanea. Quattro anni di isolamento, senza acqua, senza elettricità. E senza libertà. Sarajevo fino ad allora era considerata una città cosmopolita, la culla della cultura jugoslava, capace d'aggregare e far convivere pacificamente ebrei, musulmani, cattolici e ortodossi. Soltanto otto anni prima aveva ospitato le Olimpiadi invernali, evento che ancora oggi viene ricordato con orgoglio e nostalgia, tanto che gli impianti sono ancora meta per turisti e per scampagnate nei giorni di festa. Dal 5 aprile 1992 al 29 febbraio 1996 Sarajevo rimase assediata sotto il fuoco dei cecchini serbi. Migliaia di morti, migliaia di orfani, migliaia di vedove. I numeri del massacro ancora non si conoscono e forse non si conosceranno mai. Sancire le cifre delle vittime potrebbe essere un'operazione pericolosa e riaprire la catena delle vendette. Eppure per farsi un'idea di quello che è avvenuto è sufficiente alzare lo sguardo verso le colline circostanti e fermarsi a guardare quelle che sembrano macchie bianche in mezzo al verde. Invece sono tombe. Tombe sotto cui riposano migliaia di persone uccise o morte per stenti proprio in quegli anni. "L'anima deve riposare laddove il corpo trovava serenità": così recita un vecchio detto locale. Ed allora, facendo maggiore attenzione, è possibile vedere lapidi funerarie un po' ovunque: nei parchi pubblici, nei cortili delle scuole, nei giardini delle abitazioni private, accanto a una fontana. Dai quattro anni di assedio Sarajevo uscì devastata. La collezione di manoscritti custoditi nell'Istituto Orientale della biblioteca cittadina, una delle più ricche al mondo, fu deliberatamente incendiata dai nazionalisti serbi. Oggi la Bosnia Erzegovina è una entità divisa in due federazioni: la Republika Srpska e la Bosnia y Erzegovina. Nella prima si scrive in cirillico ed è abitata in maggioranza da serbi ortodossi; nella seconda si usano i caratteri latini e convivono, seppur con difficoltà, musulmani e cattolici. È stata la guerra a determinare questa divisione fra la popolazione, con buona pace della città integrata e cosmopolita degli anni '80. Ma quell'antico splendore non pare del tutto perduto, Sarajevo rimane una città che emana fascino e cultura, crocevia di avvenimenti drammatici ed epocali.

 



Raggiungere Sarajevo dall'Italia non è semplice. Si può arrivare via terra, passando dalla Slovenia, scendendo lungo la costa croata sino a Mostar per poi risalire di un centinaio di chilometri verso nord; oppure sempre dalla Slovenia scegliendo l'entroterra e puntando quindi verso Banja Luka, la capitale della Republika Srpska. Entrambe le opzioni regaleranno panorami affascinanti. Bisogna tenere in considerazione che le strade non sono ben attrezzate e, soprattutto nell'entroterra, è necessario guidare con prudenza e rispettando i rigorosi limiti di velocità che spesso si attestano ai 70 chilometri orari. Se invece si preferisce viaggiare più comodamente, si può scegliere il traghetto (partenze da Ancona o Bari destinazione Dubrovnik in Croazia), per poi proseguire in auto o treno. Con l'aereo l'opzione più comoda e rapida, non essendoci collegamenti diretti con l'Italia, è fare scalo a Vienna o Monaco di Baviera. La città di Sarajevo è tagliata in due dal piccolo fiume Miljacka. Tra le decine di ponti che lo attraversano vale la pena soffermarsi sul ponte Latino, teatro dell'attentato mortale all'arciduca Francesco Ferdinando che diede inizio alla Prima guerra mondiale. Attenzione, però, per molti jugoslavi Gavrilo Princip, l'attentatore, è un eroe poiché mirava alla creazione della Grande Bosnia "libera dal gioco austroungarico".

 



Per avere un'idea di Sarajevo nella sua totalità occorre salire per una delle innumerevoli strade che portano sulle colline. Una passeggiata di mezz'ora che permetterà di scorgere tra minareti, chiese e sinagoghe la sinuosità del fiume Miljacka, lungo il quale transita la prima linea tranviaria d'Europa, seconda al mondo dopo quella di San Francisco. Oltre la cattedrale del Cuore di cristo e le due sinagoghe, imperdibili la vecchia chiesa ortodossa dedicata agli arcangeli Gabriele e Michele; la moschea di Ali Pasha e la moschea dell'Imperatore. La città vecchia (stari grad) presenta una doppia urbanistica: da un lato è caratterizzata dall'influenza ottomana e il tipico mercato ne è il segno più evidente; dalla parte opposta invece si ergono palazzi in stile imperiale austroungarico.

 



Visitare invece la Bascarsija, il grande bazaar ottomano della città, è un'esperienza da vivere con lentezza. L'itinerario non può non partire dalla piazza centrale in cui domina il simbolo di Sarajevo, la fontana Sebilj, in puro stile moresco. Rame, tessuti, argento, ma anche gastronomie e antiquari: si può trovare di tutto; l'importante è immedesimarsi nei tempi e nella tradizione del commercio locale, un'arte di presentazione del prodotto, trattativa del prezzo, soddisfazione per l'affare concluso. Vicino al grande mercato coperto, teatro di uno dei più grandi e sanguinosi attentati della guerra dei Balcani, c'è il museo del tunnel. Celebra il collegamento sotterraneo attraverso il quale gli assediati raggiungevano le forze Onu all'interno dell'area neutrale per avere viveri e medicinali. Degli originari 800 metri, oggi è possibile visitarne circa cinquanta.

A Sarajevo si riesce mangiare un po' di tutto, ma la cucina tradizionale ha i sapori robusti e gustosi della cucina balcanica. La carne alla griglia e i famosi cevapcici (polpettine cilindriche di carne trita), si accompagnano a piatti a base di legumi e di ortaggi, soprattutto pomodori, zucchine, spinaci e fagiolini. Un'altra portata tipica e con un ottimo rapporto qualità prezzo è il burek, una sfoglia di pasta molto fine ripiena di verdura, carne, formaggio o erbe. Ve ne sono per tutti i gusti: burek con carne; sirnica con formaggio e zeljanica agli spinaci e formaggio. Si possono acquistare per poche monete praticamente ad ogni angolo della città.
Le zuppe (çorbe) sono molto diffuse nell’alimentazione quotidiana e sono molto gustose. Da assaggiare la begova çorba, una zuppa di pollo con verdure e riso o il bosanski ćimbur un piatto a base di manzo e agnello immersi nel brodo e ricoperti da spinaci e uova. Il pasto solitamente si conclude con un panetto di halva (dolce di sesamo, pastoso, anche in versioni aromatizzate con pistacchio, cioccolato o cocco), una tazzina di bosanska kafa (il caffé locale, simile a quello turco) e un bicchierino di slivovitz, il tradizionale distillato di prugne. Tra i ristoranti con il rapporto qualità prezzo migliori della città da segnalare Dveri (Prote Bakovica 12, a due passi dalla fontana Sebilj) e Morica Han, nel cuore della Barskarsija all'interno di un antico caravanserraglio. Un pasto completo in un ristorante tipico costa mediamente 26 marchi bosniaci per persona, ovvero circa 13 euro.
Il periodo migliore per visitare Sarajevo è certamente la primavera inoltrata o la prima decade di settembre. Per gli amanti del cinema, però, il periodo ideale è certamente il mese di agosto in occasione del tradizionale Sarajevo Film Festival, il più importante concorso cinematografico dell'est Europa in grado di attirare ad ogni edizione oltre centomila persone provenienti da ogni parte del mondo.

Stefano Caliciuri

di Stefano CaliciuriGiornalista