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La birra palestinese a Ramallah. L'unica bevanda alcolica “tollerata” tra i mussulmani

Investimento coraggioso che porta turismo ed economia.

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L’ultima cosa che ti aspetti a Taybeh è la possibilità di bere una buona birra fresca alla fine di una giornata torrida, presso il birrificio locale che ti accoglie per una originale degustazione. Perché quello che capita normalmente in migliaia di posti in tutto il mondo, qui, a Taybeh, in Palestina, vicino a Ramallah, dove risiede l’Autorità Palestinese, è cosa dell’altro mondo: chi può produrre una bevanda alcolica in un paese a stragrande maggioranza islamica, religione che vieta assolutamente il consumo di alcol?
A Taybeh, però, sono cristiani, enclave religiosa e culturale minoritaria e quindi ancor più depressa della già depressa Palestina, e la birra la bevono da sempre. Perché non fare di una peculiarità di una minoranza il punto di forza di un progetto economico sorprendente ed efficace? È quello che si è detto, a metà degli anni ’90, Nadim Khoury, un giovane palestinese emigrato negli USA e introdotto dalla gente del posto alla piacevole esperienza di bersi una birra fresca fatta in casa: perché non produrre birra a Taybeh?


Quello che già è difficile fare in Palestina, avviare un’impresa produttiva, appare subito impossibile ai molti quando il grado alcolico della produzione è esplicitato. La provocazione è evidente, così clamorosa da uccidere il progetto prima di nascere. Come prospettato dai più, i finanziamenti necessari per avviare il birrificio naturalmente non arrivano e le autorità, pur non potendo di per sé proibire la cosa, certamente la osteggiano in tutti i modi: non si può produrre alcolici in Palestina!

Nadim però non demorde, i soldi si raccolgono tra le famiglie di Taybeh in patria e negli USA, si va in Germania a studiare come si produce magistralmente la birra, si acquistano macchinari e alcuni prodotti necessari, si provano e riprovano mix di malti europei e di erbe profumate del deserto. La produzione è avviata, il marchio costruito, l’idea lanciata; a Taybeh si beve birra locale, birra palestinese. Agli inizi degli anni duemila una grossa crisi sembra mettere il progetto in ginocchio; le critiche riemergono e le considerazioni di buon senso riaffiorano pesanti: non poteva andare bene un progetto simile, troppo azzardato.


Il coraggio però non manca alla famiglia Khoury e agli altri soci: ci si rimette al lavoro e si studia più a fondo il progetto. Qual è l’evento per eccellenza legato al mondo della birra? L’Oktoberfest di Monaco di Baviera. “Si farà anche a Taybeh!”. Lo dicono e lo fanno: la provocazione è rilanciata sfacciatamente e continua a produrre il suo effetto, a innescare interessi impensabili, perché è fantastico anche solo il pensare di poter andare a una festa della birra in Palestina. Per non urtare troppo i vicini islamici, e allargare il parco dei possibili clienti, nasce anche la prima birra analcolica, bestemmia per ogni amante della birra, salvezza per ogni mussulmano osservante che non vuole rinunciare all’aroma del malto in una fresca e frizzante bevanda bionda.


I ragazzi del paese coinvolti nel progetto aumentano e quando la gente inizia a venire a vedere questa cosa strana ci si rende conto che Taybeh è un minuscolo paese intorno a una piazza rotonda e un paio di chiese antiche. Si costruisce così un albergo e una cooperativa culturale: le donne lavorano, si vende anche il vino locale, l’olio e lo za’atar miscelato secondo tradizioni familiari. Per i ragazzi americani, che di birra se ne intendono, non mancano magliette e cappellini. Collocazione e costi ridotti fanno diventare la proposta turistica di Taybeh concorrenziale: le défaillances logistiche e qualitativesono ancora molte, ma l’albergo è pieno e può capitare che i pullman in coda per scaricare decine di turisti e pellegrini che arrivano per l’assaggio mandino in crisi le poche strade del paese. Perché prima qui non arrivava nessuno.


Alla fine, anche le autorità riconoscono il bene e il buono di questa storia: ne parlano gli israeliani su Haaretz, il principale quotidiano del paese, e all’EXPO di Milano, tutto dedicato al cibo che nutre il pianeta, la birra di Taybeh è la bevanda ufficiale del padiglione palestinese: consacrazione internazionale e vendite in tutto il mondo.

Se un giovane di buone speranze con tanta voglia di fare nasce in un paese in mezzo al deserto fisico ed economico, per di più appartenendo a una minoranza religiosa giusto tollerata, questi ha una sola possibilità: andarsene via, sperando di portare al più presto con sé la famiglia. Non c’è altra possibilità; non si può fare niente altro.È la storia di molti, in tante parti del mondo, talvolta finita bene (quanti hanno fatto fortuna migrando!), altre volte purtroppo tragicamente. Non è la storia di Taybeh e dei suoi abitanti, della loro inebriante e inebriata fantasia coraggiosa.
 

Andrea Ciucci

di Andrea CiucciEsperto di cultura, educazione e gastronomia