Inchieste

La prima transgender al mondo direttrice di un collegio. Manobi, in India, ha realizzato il suo sogno.

L’India “dalle 1000 contraddizioni” ha riconosciuto il “terzo genere” e riserva posti e aiuti.

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La società e i suoi giudizi perentori, i suoi sguardi malvagi sono sempre negativi, la chiusura dettata dall’ignoranza, la sua presa di posizione mai messa in discussione e tutte le problematiche che ne derivano. Le umiliazioni che spesso portano alla solitudine, alla mancanza di amore, alla non accettazione di se stessi. Per Manobi, dapprima fu debolezza e frustrazione, ma poi arma di forza per combattere e credere in se stessa e nella capacità di uscire gridando ad alta voce il proprio nome e facendo parlare di sé in modo positivo, da eroina e da esempio per molti.
Manobi Bandyopadhyay è un nome quasi impossibile da pronunciare, ma una forza da invidiare. E’ la prima transgender al mondo ad essere diventata direttrice di un collegio. Dove? In India: il collegio di Donne Krishnagar nel Bengali occidentale, nel distretto di Nadia.
Prima della brillante e meritata promozione una carriera da insegnante durata 20 anni, un matrimonio fallito con un imprenditore bengalese alle spalle, l’umiliazione in molteplici fasi della sua vita, l’aggressione fisica durante una manifestazione pubblica e molto altro vissuto durante la sua giovinezza. Manobi oggi ha 50 anni. Ha avuto dei momenti di depressione, dove l’unica via d’uscita che riusciva ad intravedere era farla finita con questa vita accontentando la società e cedendo alla frustrazione, ma, in fondo, ha sempre creduto di potercela fare.
La sua famiglia è di status medio, originaria di Naihati, Manobi era il figlio più piccolo della famiglia, cresciuto con due sorelle.

Sin dalla pubertà la forte convinzione di essere donna, di sentirsi in un corpo estraneo. Come tutti i suoi amici, andava a pescare, giocare a calcio e si arrampicava sugli alberi. Si è diplomato e ha poi proseguito gli studi all’Università di Jadavpur, dove ha ottenuto un Master in lingua bengalese. Non contento ha ottenuto un dottorato sul terzo genere all’Università di Kalyani. Ha sempre avuto supporto dalla famiglia, le sorelle l’hanno sempre appoggiato, mai lasciato solo. La madre ha sempre fatto sacrifici per permettergli di continuare gli studi, rinunciando spesso a molti piaceri della vita.

 

 

Poi nel 2003 la decisione di operarsi e di avere finalmente il corpo da sempre desiderato. Da Somnath diventò Manobi, da quel corpo che ormai gli stava stretto e che spesso desiderava soffocare, ad un corpo che lo faceva sentire pienamente una “lei”. Una donna finalmente. Nelle interviste racconta che è grazie agli insegnamenti ed alla filosofia di Swami Vivekanada e Ramkrishna Parmahansa che ha avuto l’ispirazione di continuare a lottare e ciò accadde proprio nel luogo centrale di questo movimento: Belur Math, nel Bengali occidentale. Ora il suo intento è quello di educare senza politica, perché oggi, la politica, sta rovinando sempre più il rapporto tra studenti ed insegnanti.
Manobi è anche un’artista di teatro, da sempre incline alla danza e all’arte: un’amante della creatività. Vuole migliorare la situazione dei transgender e, per farlo, ha scritto un libro autobiografico, chiamato “Things that I have never spoken before” (cose che non ho mai detto prima). Gestisce anche una rivista che discute le problematiche riguardanti il terzo genere. E’ molto vicina alle donne, che sono il sesso più svantaggiato della società. Per lei l’unico modo di porre fine alla violenza contro le donne è quello di responsabilizzarle.

Lei ora è una “donna” che ha la fortuna di avere alle spalle una novità incredibile datata 2014: la Corte suprema indiana ha riconosciuto il terzo genere sessuale, garantendo così i diritti dei transessuali, che ora appartengono ai gruppi svantaggiati della società (Other Backward Class), godendo così di particolari trattamenti da parte del governo: dei posti nelle scuole, nelle università, negli enti statali sono riservati esclusivamente a loro.
Tante novità tutte molto positive per i transgender che vivono in una società ancora molto conservativa e che difficilmente si riesce a credere capace. Un passo avanti così deciso, netto, che stravolge, dando una spinta positiva all’evoluzione indiana. Si spera che possa avere una buona influenza anche su altri paesi e che l’esempio di questo uomo che è riuscito a coronare il sogno di essere donna e allo stesso tempo a far valere la propria intelligenza e cultura.

 

 

In India sono circa 3 milioni i transessuali, conosciuti con l’appellativo di hijras in urdu, ossia impotente ed eunuco in italiano. Un tempo castrati, considerati delle sacerdotesse della fertilità fino alla dominazione islamica del XVI secolo, quando i moghul iniziarono ad impiegarli come servitori e guardie del palazzo e, in alcuni casi, anche preziosi consiglieri. Oggi per la strada, chiedendo la carità, lanciando maledizioni a chi non da un soldo, prostituendosi a poco o ballando per feste e matrimoni. Sono pochi coloro che, come Manobi, sono fortunati ad avere “famiglia” alle spalle, una forza di volontà incredibile e la possibilità di affrontare gli alti costi dell’operazione per cambiare sesso. Ma è incredibile che l’India, con tutte le sue contraddizioni, anche nel vietare i rapporti tra omosessuali, abbia deciso di aprire le porte al cambiamento e di dare una possibilità anche ai transgender che non hanno mai avuto voce in capitolo.

Valentina Della Rocca

Tags: india, lgbt
di Valentina Della RoccaEgittologa ed Arabista