Spettacolo

Il festival di Venezia ed i finanziamenti al film

Shubhashish Bhutiani ha finanziato il suo Hotel Salvation a Venezia con i 150mila euro della Biennale College.

di |

 Shubhashish BhutianiLa Mostra del Cinema di Venezia ha iniziato ad aprire le porte al cinema indiano da qualche anno e nel 2016 lo fa con uno splendido film Hotel Salvation, diretto da un regista di soli 25 anni, Shubhashish Bhutiani, che ora vive a Mumbai, ma ha studiato presso la famosa scuola Visual Arts di New York.
La 73° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si è conclusa lo scorso 10 settembre. È stata una bella rassegna, che ha interessato registi, attori, produttori, giornalisti, critici e molti altri addetti ai lavori provenienti da tutto il mondo.
Tra questi anche un regista indiano giovanissimo, che già nel 2013 aveva fatto parlare di sé alla 70° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, vincendo il miglior cortometraggio in concorso per la sezione Orizzonti, Shubhsashish Bhutiani, a Venezia per presentare il suo primo lungometraggio in anteprima mondiale in una sala d’eccezione, la nuova e rossa fiammante Sala nel Giardino. Un bel salto: dalla Sala Perla di tre anni fa con la proiezione del corto insieme ad altri 7 corti del suo slot ad una sala di oltre 400 posti con unicamente il suo Hotel Salvation.

Parliamo con Shubhashish e cerchiamo di capire com’è riuscito a fare un film in un solo anno (dalla scrittura alla realizzazione solitamente ne passano diversi di anni) e quali sono i suoi punti di forza.

 

Ci parli del progetto a cui hai partecipato e che ti ha permesso di essere presente alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia quest’anno col tuo primo film?

 

Nel settembre del 2015 sono stato selezionato, insieme ad altri 3 progetti, per partecipare ad un progetto chiamato Biennale College.
Al principio eravamo 12 progetti, tutti con un’idea iniziale. Quello che è stato dato a noi “finalisti” è l’opportunità di sviluppare quest’idea e nell’arco di un anno di creare un film, col grosso supporto di mentors-tutors internazionali. Ho partecipato a workshop con esperti di marketing, scrittura, montaggio e molti altri settori che interessano al cinema, che hanno dato fin dall’inizio i loro feedback su ogni progetto. Ciò che, a parer mio, è meraviglioso sta nel fatto che tutti questi mentors-tutors, provenendo da paesi di tutto il mondo, hanno dato apporti diversi ai film con un arricchimento di idee impressionante. Hanno costituito un notevole supporto seguendoci in tutto il processo di realizzazione del film, senza mai ostacolare la nostra creatività o il nostro lavoro.
Sono diversi gli step da seguire: la stesura della sceneggiatura, la sua lavorazione pensando alle diverse scene, la pre-production prima di girare il film e poi il montaggio successivo, in cui i mentors danno il loro feedback sul film. Ovviamente non parlo qui di tutti i dettagli ma sono stati davvero moltissimi, come per la maggior parte dei film.

 

 

Altri centinaia di registi, come te, hanno mandato la loro candidatura per partecipare a questo progetto. Ma solo 4 ce l’hanno fatta: tu, altri 2 progetti internazionali e un altro italiano. Che cosa avete vinto?


Abbiamo vinto l’opportunità di sviluppare il nostro progetto in Italia con altri registi e mentors, in un periodo di un anno e con un budget finanziato necessario alla realizzazione dei 4 film. Parlo di 150.000 euro, somma che è stata data ad ogni delegazione selezionata per l’appunto.

 

Perché pensi che abbiano selezionato te?


È un processo molto soggettivo. Non è mai stato rivelato, ma credo che il punto di forza di Hotel Salvation riguardi l’interesse della tematica, che prima di tutto attirava me, poi la storia di Mukti Bhawan-Hotel Salvation racconta la storia di un posto, Varanasi, che è come il Vaticano per noi, in termini di città santa e meta di molti pellegrinaggi. Le persone credono che morendo a Varanasi possano ottenere la salvezza. Quindi molte persone hanno iniziato nel tempo a recarsi sul posto, sperando di morirci. Unico problema: dove stare nel mentre si è ancora vivi e si aspetta la morte-salvezza? Non ci sono posti adeguati che possano ospitare tutte queste persone, così sono stati aperti degli hotel che attendono queste persone, le fanno “soggiornare” finchè non arriva il loro momento. Attorno a quest’idea ho pensato di creare una storia, su un figlio che aiuta il padre a sistemarsi in uno di questi hotel, in attesa del suo ultimo respiro. Credo che questo mio entusiasmo nei confronti dell’idea e dell’unicità dell’argomento e ovviamente dell’importanza e curiosità culturale abbia incuriosito anche i selezionatori del progetto Biennale College.

 

Hotel salvation festival Venezia

 


Hai avuto una standing ovation con oltre 10 minuti di applausi da parte del pubblico. Cosa ne pensi e quali sono state le tue reazioni e quelle del pubblico che ti hanno emozionato?

 

Non ti aspetti tanti applausi. Quando si è in una sala con tanti spettatori l’esperienza è incredibile. Il grande schermo mi ha fatto dimenticare la mia vita, facendomi scomparire. La sala nel Giardino era incredibile, molto grande, dove i suoni e la musica erano assolutamente perfetti. Sono contento di aver mostrato il film come volevo. La migliore reazione onestamente non è stata alla fine ma durante il film, quando sentivo le persone ridere, le guardavo e le vedevo sorridere o comunque molto coinvolte e prese.
È stato bello quando alla fine del film molte persone sono venute da me, raccontandomi delle proprie storie di vita, simili e a dirmi: non ho mai visto nulla del genere prima! Il pensiero che sia reso noto ciò che accade a Varanasi anche in altri paesi del mondo, come l’Italia è una bella sensazione.
Queste sono tutte le ragioni che mi spingono a fare il regista.


Perché credi che le persone possano essere interessate al tuo lavoro e andranno a vedere Hotel Salvation al cinema?


Ho sempre temuto domande come questa, ma ho sempre pensato se mia madre o i miei amici andrebbero a vedere il mio film. Mi auguro che siano molte le persone che andranno a vederlo, soprattutto per l’unicità dell’argomento. Lo spettatore conosce una storia a lui ignota e si sente catapultato in una realtà e luogo mai visti prima, che è quello che di solito mi piace sentire e provare quando vado io al cinema.
Poi, essendo anche un film che parla di una famiglia, di relazioni interpersonali importanti, molte persone si sentono coinvolte. Mi auguro che le persone che vanno a vedere il mio film siano incuriositi dalla scoperta di un posto nuovo, con le sue tradizioni e usi e allo stesso tempo. Inoltre è anche un modo per sfuggire alla realtà di tutti i giorni, con un film che fa ridere.

 

Cosa ti aspetti ora?


Tutti si aspettano qualcosa , ma per me è tutto nuovo ogni volta che mi trovo a film o corto ultimato.
Sono cresciuto molto, ho imparato tanto dalle mie esperienze e soprattutto da questa. Il cinema è ancora un mistero per me, ma piano piano mi sto avvicinando. Spero che Hotel Salvation venga distribuito in diversi paesi e che abbia un buon riscontro del pubblico.

 

Venezia ti ha dato l’opportunità di realizzare un film con soli 150.000 euro, ma in India sarebbe mai stato possibile?

L’India ha uno delle maggiori industrie cinematografiche del mondo. Vuol dire che esistono tutti i tipi di film. Si parla di massimo 20-25 milioni di dollari per i film più grandi, ma anche di molto meno, addirittura meno di quanto Biennale College abbia finanziato il mio film. Il mio film in India l’avrei fatto con almeno 450.000 euro, perché avrei usato un altro tipo di apparecchiatura e avrei pagato molto di più i membri della troupe e del cast.

 

È stato difficile lavorare con tuo padre, Sanjay Bhutiani, che è anche il produttore del film?

 

Ogni step ha avuto le sue difficolta. Siamo un team e abbiamo litigato, ma anche discusso in modo adulto e costruttivo su aspetti sempre importanti e fondamentali al fine della buona riuscita del film. È stato tutto molto naturale e ho sempre avuto molto supporto da mio padre, per tutta la durata del film. Per lui venire a Venezia durante i workshop con i mentors è stato come tornare a scuola ed è stato bello essere in classe con lui e dimostrargli anche le mie capacità. Mio padre ha seguito molti aspetti che onestamente io non potrei e non vorrei seguire come il lato delle negoziazioni, il budget e tutto l’aspetto organizzativo della logistica, gli spostamenti da Mumbai a Varanasi, l’accomodation per il team e molti altri aspetti.

 

 

Il tuo team è costituito maggiormente da giovani. Vuoi dirci perché e darci qualche informazione preziosa sul cast scelto?

 
La mia è stata una scelta voluta, perché non volevo creare alcun tipo di gerarchie a lavoro. Mi sono voluto circondare da persone con la sete di lavoro e con mille idee utili e di supporto al mio film. Anche con risorse limitate i giovani trovano sempre il modo di farlo con poco. C’è sempre stato uno scambio!
Il mio primo assistente alla regia, Abbas Khan, eccezionale ed un aiuto fondamentale per il film. Siamo un team affiatato, con idee nuove e interessanti. Le idee da noi generate, seppur spesso in disaccordo, hanno creato il film che oggi è: completo e finito e mi auguro di spessore.
Il mio cast è stato selezionato ad hoc, formato da attori di talento e di fama in India e all’estero, tra cui Adil Hussain, che è venuto anche a Venezia, Geetanjali Kulkarni, notata e apprezzata dal film indiano Court.

 

Suggeriresti ad altri giovani registi di seguire le tue orme provando a mandare la propria idea a Biennale College?

 


Mentre stai imparando devi prendere delle decisioni, che spesso non sai se siano quelle giuste o meno. Posso dire che per me è stata l’esperienza più bella e formativa della mia vita, quindi sì, la suggerisco a tutti coloro che credono in un progetto e desiderano avere supporto nel realizzarlo.

Valentina Della Rocca

di Valentina Della RoccaEgittologa ed Arabista