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Alla scoperta dell’Azerbaigian, una potenza economica rispettata, e circondata, da potenti vicini

Ricchezza e "vita" nella sorprendente capitale Baku, Pil tra i più alti del mondo.

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Nel cielo stellato della sorprendentemente bella Baku svettano le tre fiammeggianti torri-grattacielo, audace creazione architettonica e grafica che simboleggia – negli anni Duemila – la storia di questo paese che separa l’ Europa dall’ Asia, il piu’ grande del Caucaso, pur relativamente piccolo con i suoi nove milioni e mezzo di abitanti.

Le torri colorate dominano la capitale placidamente adagiata sul mar Caspio, incarnando e intrecciando un duplice significato: l’ arrembante modernita’ dell’ Azerbaigian da una parte, la fedelta’ e i legami inscindibili col suo passato dall’ altra. ‘L’ anima dei nobili guerrieri del fuoco’ significa infatti il nome Azerbaigian, tradotto attraverso un mix tratto dalle antiche lingue turca e persiana, che si rifa’ alla tradizione del culto di Zaratustra e che, ancora oggi, svela agli stupefatti turisti la montagna sacra di Yanardag, dove – dalla terra pressata – zampillano senza sosta lingue di fuoco alimentate dal gas. Atmosfera incantata e immota qui, a poche decine di chilometri dalla metropoli Baku, frenetica portabandiera dello sviluppo che – in meno di quindici anni – ha reso l’ Azerbaigian una potenza economica di tutto rispetto, trantanovesima nazione al mondo per competitivita’, capace di attrarre importanti investimenti, tra cui spiccano quelli italiani, non solo nel petrolio e nel gas.

 



Davanti alle rive del Caspio, l’ area piu’ progredita della citta’, grattacieli di uffici e svettanti abitazioni, che costano un occhio della testa. Piazze tappezzate di fiori e generose fontane ingentiliscono la citta’ nuova, pur anche lei alle prese con i mali del nostro tempo, a partire dal traffico. Ma, pian piano, arretrando passo dopo passo e lasciandosi alle spalle lo sfolgorio della modernita’, ecco manifestarsi – scalino dopo scalino, vicolo dopo vicolo – la citta’ vecchia, gelosa custode di quello che fu: tesoro intangibile con il brusio delle sue botteghe artigiane; i suoi telai che realizzano - attraverso operose dita di donna – splendidi tappeti policromi dai vivaci disegni geometrici; vocianti e odorosi suk dove la fanno da padrone i frutti della prosperosa agricoltura azera, dai cereali al tabacco, dal te’ agli agrumi, dal mais al cotone. Festa di profumi e di colori, dove il visitatore deve solo stare attento a non farsi gabbare dalla tipica furbizia levantina dei venditori, che – in fumosi angoli e ripostigli nascosti – smerciano anche droghe contravvenendo alle leggi. Qua e la’, in quel che resta dei palazzi del Khan, il miracolo delle enormi Shebeke, vetrate artistiche che – alla stregua dei tappeti – riproducono esclusivamente figure geometriche, create solo utilizzando legni e vetri multicolor che si incastrano cosi’ da secoli senza ricorrere ad altri materiali per fissarli.

 



Resosi indipendente dall’ Unione Sovietica nell’ agosto del ’91 dopo una prima rivolta soffocata nel sangue nel ’90, l’ Azerbaigian - un Islam tollerante e liberale, significative minoranze cristiane, ortodosse e cattoliche – sta vivendo la sua epoca d’ oro sotto la guida abile e ferma di Ilham Aliyev, per la terza volta presidente, a sua volta figlio di presidente, il cui governo e’ pero’ lontano dall’ essere riconosciuto come pienamente e limpidamente democratico dagli organismi internazionali. Negli ultimi dieci-dodici anni il paese dei tenaci azeri ha visto impennarsi di tre volte sia il suo tasso di crescita che la sua produzione industriale, comprimendo al sette per cento (dal 49) la percentuale di poverta’ , dati fondamentali per il clima di fiducia che ora circonda gli investimenti esteri, saliti del cinquanta per cento. Il segreto e’ stato il coraggioso abbandono della ‘monoeconomia’ dipendente dalla ricchezza proveniente dalla produzione di petrolio e gas, e la decisa scelta di un’ economia diversificata, contrassegnata da un poderoso ammodernamento delle infrastrutture e dall’ intelligente ricorso alle energie alternative. Gia’ nell’ ultima devastante recessione mondiale l’ Azerbaigian ha sempre via via consolidato il suo ‘rating’ al contrario dei paesi europei, raggiungendo nello stesso 2008 un PIL che ha sfiorato l’ 11 per cento, il piu’ alto del mondo. Non solo petrolio, dunque, accanto alle facilitazioni fiscali e ad una manodopera qualificata e a buon prezzo, tutti fattori che hanno trainato l’ arrivo di capitali stranieri.

 



Stretto tra la Russia, la Turchia, la Georgia, l’ Armenia e l’ Iran, il piccolo Azerbaigian e’ riuscito cosi’ a realizzare il suo sogno di potenza economica autonoma e rispettata dai potenti vicini di casa. Unica ferita, lacerante e dalle infinite conseguenze, la guerra dal Nagorno Karabak, che ha amputato il territorio azero a vantaggio di quello armeno e riversato nel paese una massa di profughi bisognosi di tutto. Ma l’ Azerbaigian ‘terra del fuoco’ va avanti a dispetto dei problemi e si avvicina sempre di piu’ all’ Europa, che lambisce appena – geograficamente - prima di riabbracciare l’ Asia. Non a caso viene considerata il perno dell’ Eurasia, una ineguagliabile finestra dell’ Asia sull’ Europa.

Giovanni Masotti

di Giovanni MasottiGiornalista Rai Inviato da Mosca.