Inchieste

Il bambino-santo ucciso dagli ebrei? Il giallo di San Simoncino e la censura della chiesa tra le “torture”

Il Vescovo di Trento nasconde il corpo e il figlio del rabbino Toaff ritira le “responsabilità”.

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Un santo bambino, martire, veneratissimo per secoli ma censurato dalla Chiesa che è arrivata a cancellarne la festività e a farne sparire il corpo.
È il curioso caso di Simoncino da Trento, vittima da vivo di un’immane tragedia, e da morto di strumentalizzazioni che ne hanno fatto prima un vessillo antisemita e poi una presenza ingombrante da togliere di mezzo. Tanto che oggi nessuno sa dove sia finito il suo corpo – che la tradizione vuole incorrotto – di cui peraltro sono sparite anche tutte le foto, nonostante sia stato esposto fino a poco più di cinquant’anni fa. Un giallo in cui si mescolano sacrifici rituali, scontri tra istituzioni ecclesiastiche e devozione popolare, persecuzioni antisemite, guerre, torture e diplomazia vaticana, ma anche infuocati dibattiti in seno alla stessa comunità ebraica.
Tutto comincia la sera del 23 marzo 1475, giovedì santo, quando a Trento viene denunciata la scomparsa di un bambino di due anni e mezzo.
Dopo tre giorni di ricerche, la domenica di Pasqua il corpo senza vita del piccolo Simone viene trovato in un canaletto che attraversa il quartiere ebraico.


Disgrazia o infanticidio?
I trentini non hanno dubbi: infiammati da un antisemitismo alimentato dalle prediche del francescano Bernardino da Feltre, sono convinti che quel corpicino in pessime condizioni sia stato vittima di un omicidio rituale.
Simonino di Trento o “Simoncino” finisce così al centro della devozione popolare; devozione che, nonostante la proibizione di papa Sisto IV, gli attribuisce la venerazione con il titolo di beato.
Artefice dell’ufficializzazione del culto è il vescovo principe Giovanni Hinderbach (1465-1486) che in un già forte clima di ostilità contro la comunità di ebrei ashkenaziti, di provenienza germanica e dediti a miti e riti di pesante impronta anticristiana, li accusa dell’assassinio con pretesto culturale. Secondo Hinderbach, infatti, il bambino è stato ucciso per impastare, con il suo sangue, il pane azzimo per la pasqua ebraica.
Accusati di omicidio, i quindici ebrei presenti a Trento (il più giovane ha quindici anni, il più vecchio novanta) vengono torturati per mesi sino a che non si riesce a strappare loro una confessione; quindi vengono messi a morte. Solo una donna, di nome Bruna, resiste più a lungo degli altri all’interrogatorio e muore sotto tortura, confessando proprio in punto di morte e dichiarandosi pentita, ottenendo così l’assoluzione dal peccato e la sepoltura in terra consacrata.
A cercare di salvare gli ebrei dal loro tragico destino arriva nientemeno che un rappresentante di papa Sisto IV, chiamato a sovrintendere il processo e che si esprime apertamente contro le accuse che ritiene totalmente infondate e le confessioni estorte con la violenza.

 

Il Vaticano proibisce dunque di venerare Simonino come martire, ma sarà costretto a ricredersi di fronte alla straordinaria ondata di devozione che si propaga in tutto il nord Italia e in particolare in Lombardia, a Brescia, dove si racconta che avvengano miracoli e il “puttino” viene celebrato in molte raffigurazioni.
La Santa Sede approverà dunque ufficialmente il culto locale di Simoncino nel 1588 concedendo l’indulgenza plenaria a chi va in pellegrinaggio presso le reliquie il giorno dedicato al santo bambino.
Suor Caterina di San Domenico, carmelitana di Terni in viaggio verso Vienna, dove fonderà il primo Carmelo germanico, scrive in una lettera di aver visto, nella chiesa di San Pietro a Trento, “il corpo di san Simoncino, cioè quel puttino che martirizzarono i giudei, il quale sta tutto intero come se fosse morto da poco e che è una cosa bellissima da vedere”.


Il 22 febbraio 1755 la bolla papale Beatus Andreas di papa Benedetto XIV ribadisce la validità del processo, conferma la correttezza di dedicare a Simoncino “pubblico culto” e riafferma che il martirio è avvenuto per mano degli “ebrei in odio alla fede di Cristo”.
Oltre all’annuale festa in onore del beato, ogni dieci anni si svolgerà per secoli una processione solenne con la salma di Simoncino e i simboli raffiguranti i presunti strumenti delle torture subite (attrezzi di macelleria e aghi per cavarne il sangue, dadi per estrarre a sorte i vari compiti, ecc.) portati in corteo lungo le strade di Trento in un’orgia di antisemitismo.
Simoncino sarà venerato come beato nella Chiesa cattolica fino al 1965, quando – con la revisione della vicenda operata nel nuovo clima di dialogo ecumenico e interreligioso del Concilio Vaticano II - si giungerà alla soppressione del culto e alla rimozione della salma dalla chiesa di San Pietro in Trento, dove si trovava ed era stata venerata per quattrocento anni.

 

Tra i più insigni studiosi che si occuperanno della vicenda ci sarà Iginio Rogger: saranno le sue ricerche sulle vicende processuali del tempo che indurranno il vescovo di Trento Alessandro Maria Gottardi alla “svolta del Simonino”, cioè alla decisiva presa di posizione sull’abrogazione dell’indebito culto.
Fino al 1965, infatti, il Martirologio Romano consentirà a Trento di celebrare il 24 marzo “la passione di san Simone, fanciullo trucidato crudelmente dai Giudei, autore di molti miracoli”.
La tormentata storia di Simoncino, però, non è ancora finita: una nuova svolta arriva nel 2007, quando lo storico ebreo Ariel Toaff (figlio dell’ex rabbino capo di Roma) rimette in discussione la questione, ipotizzando che il delitto possa essere stato effettivamente compiuto da una setta ebraica deviata, per ritorsione contro i soprusi subiti da parte della comunità cristiana: “Almeno in alcuni casi - scriverà nel libro Quelle pasque di sangue - l’accusa non era un’invenzione”.
Il libro solleverà un’ondata di polemiche da tutto il mondo ebraico (compreso il padre e l’università dove insegna in Israele) e accuse di fomentare l’antisemitismo, tanto da costringere lo storico a ritirare il volume dal commercio appena pochi giorni dopo l’uscita. Al tempo stesso, però, riaprirà il caso tanto da indurre molti tradizionalisti ad invocare il ripristino del culto del “puttino” e la restituzione del corpo incorrotto. Che però, a quanto sembra, solo il vescovo di Trento sa dove sia nascosto.

 

Arnaldo Casali

di Arnaldo CasaliGiornalista esperto di Spettacolo, Cultura, Religione.