Spettacolo

Una nuova identità per la Rai? Scuotere il servizio pubblico da un immobilismo ventennale

Nel 2016 scade la Convenzione con lo Stato, aperto il confronto sul futuro del servizio pubblico radiotelevisivo: privatizzazione, abolizione del canone, contenuti innovativi per il web, trasformazione da broadcaster a media company.

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Il 9 maggio 2016 scade la Convenzione con la quale lo Stato affida in esclusiva alla Rai la concessione del servizio pubblico radiotelevisivo, fissandone diritti, doveri, modalità di gestione. Argomenti che mese dopo mese si fanno sempre più caldi, anche perché in vista di questa scadenza già da tempo si parla della necessità di rivedere l’organizzazione della Tv pubblica.

La precedente Convenzione, tuttora vigente, risale al 1994 e riguardava l’esercizio del servizio a beneficio di tutti i cittadini, l’utilizzazione degli impianti, la pubblicità, la tutela dei minori, la ricerca e la sperimentazione, i messaggi di utilità sociale, l’equilibrio economico dell’impresa ed altri aspetti di servizio universale.
Dopo vent’anni si fa nuovamente il punto e questa volta in discussione sembra esserci anche molto altro.

Mentre è stato da poco approvato il Contratto di servizio 2013-2015, in primo piano ritorna la questione della privatizzazione. Dopo i referendum del 1995 che avevano portato all’abrogazione della norma che definiva pubblica la RAI, la riforma del sistema radiotelevisivo del 2004, nota come legge Gasparri, ne aveva di fatto avviato il collocamento delle azioni in Borsa. Con delle limitazioni: vietato ai privati possedere più dell'1% delle azioni Rai e ai patti di sindacato raccoglierne più del 2%. Il 4 settembre il Consiglio di amministrazione ha dato il via libera alla vendita di quote di minoranza di RaiWay Spa riaccendendo il dibattito su una questione che sembra ancora non risolta.

Il 9 e 10 ottobre nel corso del convengo Eurovisioni a Villa Medici si è tenuto anche un confronto aperto sulla riforma del canone Rai. Sotto la lente i modelli di cinque Paesi europei: Finlandia, Olanda, Germania, Svizzera e Svezia. L’Olanda ha abolito il canone, Germania e Svizzera hanno trasformato lo scopo del canone, la Finlandia ha legato il canone alla tassazione progressiva e la Svezia ha ampliato il campo di applicazione.
In questa occasione il direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi, ha riconosciuto che si potrebbe considerare una riduzione del canone Rai, così come prevede il Decreto al quale sta lavorando il Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni Antonello Giacomelli, che introdurrà un sistema basato sui consumi delle famiglie. Il presidente Rai Anna Maria Tarantola ha osservato che il modello di finanziamento delle TV pubbliche di tutta Europa oggi “è messo a dura prova dalla digitalizzazione e dallo sviluppo della Rete, anche nei paesi virtuosi” visto che “il modello di canone basato sul possesso di un dispositivo capace di ricevere un qualsiasi segnale radio o TV è destinato, prima o poi, ad entrare in crisi nei paesi dove più alta è la digitalizzazione”.
Di canone e tv pubbliche ha parlato anche il presidente di Eurovisioni Michel Boyon. “La legittimità del canone radiotelevisivo – ha affermato – è ‎messa in discussione in molti Paesi, Italia e Francia incluse. La tassa sul possesso dell’apparecchio radio o tv può sembrare obsoleta all’epoca di Internet e dei supporti multipli di ricezione. E può e deve evolversi al passo con le tecnologie e con I’evoluzione delle abitudini di consumo”.

 

Anna Maria Tarantola, presidente RAI

 

L’utente oggi sta diventando sempre più digitale, esposto a un’offerta in continua crescita (Sky, Google, YouTube etc). La televisione dagli anni 50 e per quasi 50 anni è stata un business broadcast (messaggi e contenuti da punto a massa, con un’emissione che partiva centralmente e arrivava agli utenti); dal 2000 in poi il modello di racconto ha cominciato a modificarsi, non più da punto a massa ma sempre più da punto a punto, interattivo.

In questo panorama la televisione è un media in crescita. Nel 2012 quasi 10 milioni e 300.000 persone hanno visto la televisione nell’intera giornata (vuol dire che ogni minuto del giorno c’erano 10 milioni di persone davanti allo schermo), quasi 27 milioni durante il prime time (dalle 20.30 alle 22.30). Tutti quei canali generalisti che esistevano già prima dello switch-off digitale (Rai 1, Rai 2, Rai 3, Canale 5, Italia 1, Rete 4, La 7), però, hanno visto calare drasticamente le loro performance. Un fenomeno che accomuna tutte le tv generaliste d’Europa, dove il pubblico tende a spostarsi in misura sempre maggiore verso la tv specializzata, che include tutto il mercato pay e tutti i nuovi canali del digitale terrestre.

 



L'offerta Tv si sta modificando, passando da un canale generalista per molti utenti a quasi un canale on demand per ciascuno” aveva già affermato Carlo Nardello, direttore Sviluppo Strategico RAI, durante il convegno Millecanali “Evolution Media”, dedicato alla produzione, alla gestione ed alla distribuzione dei contenuti digitali e dei servizi sulle diverse piattaforme e device. “Il web è in costante crescita ed è importante cercare valore, di pari passo con la mutata fisionomia da broadcaster a media company. Il contenuto Tv, inoltre, da multimediale deve diventare crossmediale, ossia fruibile su diverse piattaforme. Non può essere lo stesso, perché la tipologia deve tenere conto della piattaforma che lo distribuisce. Quindi si parla di pluralità di piattaforme, di prodotti che vengono sviluppati e di tecnologie che ci permettono di mettere in link tutto quanto. Grandi temi sono quindi la convergenza e la produzione, che deve diventare cross mediale; per fare questo tutto sta diventando digitale e tutta la produzione si sta dematerializzando, con un'evidente variazione dei processi produttivi ma anche un cambiamento emotivo: in pratica abbiamo assistito alla digitalizzazione della produzione, alla digitalizzazione dell'utente, a un nuovo digital workflow e alla dematerializzazione degli archivi”.

Sul piano più generale, il sottosegretario Antonello Giacomelli, intervenendo oggi in videoconferenza al convegno “Missione, indipendenza e governance del servizio pubblico: l’esperienza europea” si è detto convinto della necessità che “il primo obiettivo sia quello di scuotere il servizio pubblico da un immobilismo ventennale. Una fase si è chiusa ed ora se ne deve aprire una completamente nuova. Il servizio pubblico deve recuperare centralità nel paese, sapendosi anche interfacciare con la rete e sintonizzarsi con un contesto sociale in continua evoluzione”.

Valentina Leotta

Tags: tv, rai
di Valentina LeottaSceneggiatrice, ha svolto un dottorato di ricerca in film studies presso l’Università di Roma “Sapienza”.