Spettacolo

Intervista esclusiva a Cesare San Mauro: Professore, avvocato e tifoso tra i top manager che fanno funzionare l’Italia

Roma Europea la fondazione che guarda al futuro per valorizzare, promuovere ed implementare il ruolo di Roma sulla scena europea, valutandone i suoi pregi e difetti.

di |

Dire che ha fatto della poliedricità di interessi e della molteplicità dei campi d’azione la sua cifra stilistica, è davvero dire poco. Parliamo di Cesare San Mauro, una delle personalità più eclettiche a disposizione della società civile. Professore universitario, insegna diritto commerciale alla facoltà di economia della Sapienza. Avvocato attivo sul fronte del diritto civile e societario. Presidente advisory committee della compagnia telefonica Tre, vice presidente di una delle società di Finmeccanica e poi responsabile di diversi incarichi in vari settori, tra cui quelli del mondo sportivo, per il quale è stato nominato recentemente nel Collegio di garanzia dello sport, praticamente la Cassazione del Coni. E’ simpatico, propositivo, apprezzato in ambito politico, uno dei pochi che riesce a far funzionare il settore imprenditoriale e culturale muovendosi con trasparenza e guardando all’Europa.

Professore, cercare di inquadrare il raggio d’azione delle sue attività professionali è impresa ardua…

Lo riconosco, ma a ben vedere sono tutti percorsi attigui e in certa misura conseguenziali. Per esempio, relativamente al mio impegno nel mondo del calcio, posso dire che dopo 15 anni in Federcalcio, in commissione disciplinare di serie C, poi in commissione disciplinare di seria A sono approdato, dall’anno scorso, alla Corte di giustizia federale della Federcalcio. Sono un tifoso della Roma, e per la mia città ho maturato nel recente passato una importante esperienza nel mondo politico – sono stato per dieci anni consigliere comunale a Roma e poi presidente dell’autorità per i servizi pubblici locali della capitale -. Un’esperienza che oggi ha il suo seguito ideale con il lavoro di grande impegno e ampio respiro svolto nella Fondazione Roma Europea, di cui è presidente Giuseppe De Rita, che recenti tam tam danno tra i papabili candidati per il Quirinale; di cui il vice-presidente è Pier Giorgio Romiti, mentre personalmente rivesto il ruolo di segretario generale.

Ci può illustrare più specificamente progetti e finalità del lavoro della Fondazione Roma Europea?

Questa Fondazione ha diversi livelli di ricerca, di carattere prettamente scientifico e culturale, in nome del quale si agisce in collaborazione con le 11 università romane, sui temi trasversali del diritto, dell’economia, dell’urbanistica, dei servizi. Poi organizza degli incontri di tipo relazionale. Incontri che si svolgono con scadenza mensile nello storico Caffè Greco di via dei Condotti, nelle cui sale abbiamo in questi ultimi 15 anni invitato leader di destra, centro e sinistra, cardinali, rabbini capo, il segretario generale della Lega islamica, il presidente dell’Unione degli atei e dei razionalisti, gli amministratori delegati delle maggiori aziende, e così via. Tanto per dare un’idea, gli ospiti dell’ultimo anno sono state personalità del calibro di Massimo D’Alema, Gianluca Galletti, Beatrice Lorenzin, del direttore generale della Rai Gubitosi, e del presidente della Federcalcio Tavecchio. Infine abbiamo una linea nuova, garantita dagli incontri con gli ambasciatori dell’Unione Europea presso la Repubblica Italiana, in un quadro dell’internalizzazione delle nostre attività. In questo contesto abbiamo invitato l’ambasciatore tedesco, quello inglese e da ultimo, appena il 4 dicembre scorso, abbiamo avuto tra di noi l’ambasciatrice francese, Catherine Colonna.

Sappiamo anche del ciclo di lezioni tematiche realizzato per Rai Storia che la vede davanti alla telecamera.

Rai Storia ha messo in cantiere un ciclo dedicato ai grandi protagonisti del secolo scorso. Io mi occupo della parte inerente i profili interessanti dal punto di vista del diritto dell’economia. Quindi ho realizzato un ciclo di quattro puntate dedicate a Margaret Thatcher. Ho terminato nei giorni scorsi quattro lezioni dedicate a John Fitzgerald Kennedy e, per ultimo, un ciclo dedicato al presidente Barack Obama, in onda più o meno in contemporanea con le registrazioni in corso.

Dalla pratica alla teoria. Lei ha svolto un ruolo di primo piano all’epoca delle campagne referendarie che intercettarono il diffuso desiderio di cambiamento. Ritiene che lo strumento del referendum sia ancora efficace e, in caso affermativo, in quale campo ne suggerirebbe l’utilizzo?

Purtroppo no, ritengo che quello sia un discorso concluso che non sarebbe più efficacemente applicabile allo scenario odierno.

 



A proposito del suo lavoro e del suo amore per Roma e per la Roma, relativamente al calcio, sappiamo della sua fede romanista. A tal riguardo ho letto una sua recente dichiarazione in cui, rispetto ai nuovi proprietari dell’AS Roma, lei ha sostenuto: <<Mi piace che questa proprietà sia americana, perché gli americani hanno della squadra sportiva una concezione particolare, un forte rapporto con la scuola e con la società civile, come una comunità>>. Ritiene che gli americani, alla lunga, sapranno infondere, anche attraverso le vittorie sportive, questa concezione alla tifoseria, che proprio a Roma è salita ultimamente alla ribalta per comportamenti estremi come la morte del tifoso napoletano Ciro Esposito in occasione della finale di Coppa Italia dello scorso anno?

Vado allo stadio dal 1965. La mia è dunque una considerazione che nasce sul campo: pensare a inversioni di tendenza a stretto giro è molto difficile. Quello a cui lei fa riferimento nella sua domanda richiede processi lunghissimi: ma la strada deve essere quella. Razionale, del divertimento e della società civile. Lo sport deve assolutamente accreditarsi come motivo di unione, affiatamento, di formazione umana, non certo come occasione di massacro.

Un impegno che presuppone una sinergia tra formazione sportiva, educazione culturale e attenzione sociale. Tutti temi che in qualche modo ineriscono anche al suo impegno politico e meta-culturale sul territorio, oggi prioritariamente affidato e realizzato con l’attività della Fondazione?

Certamente le iniziative che promuoviamo sono strutturate nel segno della continuità di presenza sul territorio romano, anche se non tradotte nel senso della politica attiva, ma in chiave di progettualità e dibattito dedicati alle tematiche per noi prioritarie.

Tematiche che idealmente gettano un ponte – come il nome stesso della Fondazione riecheggia – tra Roma e l’Europa. O meglio, il sogno è quello di una capitale organicamente inserita e specchio della compagine europea?

La piena realizzazione del progetto di unificazione europea è il grande sogno della mia vita. Prima di morire vorrei – parafrasando Spinelli ¬– vedere gli Stati Uniti d’Europa. La battaglia è quella: ma temo che, anche in questo caso ahimè, non si esaudirà in tempi stretti…

Priscilla Del Ninno

di Priscilla Del NinnoCritica cinematografica del Secolo d'Italia, giornalista di costume e società.