Spettacolo

Il pane è il futuro. Intervista allo chef del pane. Tipologia, cotture e temperature diverse con cannella, noci e mandarino

Premiato dal Gambero Rosso e docente alla città del gusto. Pane e Pizza di qualità e per tutti i prezzi.

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Bonci-chef-paneUno dice “pane e pizza” e pensa alla più semplice delle proposte gastronomiche. E, in effetti, prima lo era ma oggi non è più cosi. Nelle tavole di tutto il mondo, il pane non è più soltanto l’alimento che accompagna e imbandisce la tavola in un cestino anonimo, ma è la proposta d’eccellenza che accompagna anche il percorso dell’alta cucina. Oggi, i grandi chef curano il pane particolare che “sfornano” dalle loro cucine con variabili abbinamenti fatti con spezie e altri ingredienti, per stupire il palato con il loro gusto.
Questo per dire che dalla tradizionale pagnotta si è passati al panino al gusto di formaggio, pomodoro, olive e noci ai cinque cereali, o con 'nduja e provola e tante altre combinazioni, al punto che in molti ristoranti c’è anche la carta dei “pani”. Ma il purista e il re di questo percorso si trova a Roma: Gabriele Bonci ha portato alla perfezione il suo prodotto, dedicando tempo e passione alla ricerca sui lieviti, agli studi sulla composizione delle farine di grano italiano – e il "Saragalla" usato dagli antichi egizi -, sperimentando cotture con temperature diverse.
La storia di Gabriele Bonci, un sorridente ragazzone (vista la sua robusta stazza), è di quelle che piacciono per la sua semplicità. E’ il fornaio che tutti i panettieri e pizzettai italiani conoscono per la sua abilità e per avere rivoluzionato il settore attraverso farine e impasti a lunga fermentazione.
“Pizzarium” è stato il suo primo localino (30 metri quadrati) nel quartiere Prati, dove ha iniziato lavorando 18 ore al giorno, aiutato dalla mamma, per seguire l’evoluzione dei lieviti e le cotture delle sue pizze e pani.
La start up è stata veloce, decretandogli subito ampi consensi da parte della gente del quartiere inebriata dai profumi che uscivano dal suo laboratorio, consacrati poi dai test sul prodotto. Per soddisfare la sua clientela diventata internazionale ha dovuto prendere del personale che conosce le lingue per spiegare come sono fatte e farcite le oltre 1000 pizze del suo repertorio.
Guardandolo mentre ha le mani in pasta, nel suo grande e nuovo forno-laboratorio, ci racconta che:

 

“per creare una pasta digeribile, bisogna affidarsi ad alcuni enzimi che sono presenti nella farina. Quando la farina viene idratata si mettono in moto le amilasi (le amilasi sono enzimi che abbiamo nella saliva), fondamentali per aiutare la digestione dei carboidrati come l’amido che si trasforma in malto e destrosio. Questo processo – spiega Gabriele Bonci - permette di ottenere una pasta molto digeribile. Dopo impastata, si mette in frigo per un tempo che va dalle 48 alle 70 ore, in modo che il lievito agisca in maniera lentissima e la farina maturi. Una volta stesa e messa al forno a 300 gradi, i lieviti si vanno a proteggere al centro della mollica, all’esterno nel raffreddarsi, escono fuori e cadono sulla crosta della pizza. A questo punto, si rinforna per pochi minuti. Il fondo, per effetto del destrosio contenuto, si caramella, diventa croccante sotto e morbida sopra.”

 

 

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Se non é scienza questa… Gabriele, torneresti tra i fornelli per creare una cucina tradizionale?
"No, perché oggi la cucina è andata oltre, è cresciuta molto e se non si capisce si rischia di perdersi dietro la spinta innovativa che non sempre è quella giusta.”

 

Ma non la rimpiangi?
“Sì, a volte mi mancano le forchette a tavola, però in qualche modo ci torno. Sicuramente non mi fermo qui, voglio sperimentare anche altre vie : i salumi, il gelato, o creare un supermarket dei lieviti. Quello che è certo, è che continuerò a stare dentro la gastronomia in toto: il cibo è la mia passione”.

 

Con chi vuoi confrontarti, chi è lo chef che in qualche modo ti ha ispirato?
“C’è un detto Zen che recita non seguire mai le orme dei saggi, ma cerca sempre quello che loro cercavano”.

 

Anche filosofo il nostro Gabriele. Alcuni giornalisti del settore sono venuti da Milano per assaggiare i suoi “pezzi di pizza a taglio”, ricchi di invenzioni e di speciali accostamenti tra alimenti, come quella con le arringhe affumicate, pesto e melanzane; o la speciale, con patate americane, castagne e formaggio di alpeggio.

Il Gambero Rosso lo ha premiato per la straordinaria bontà del prodotto e lo ha ingaggiato come docente nella Città del Gusto, per dare lezioni agli chef su come fare del buon pane nei loro ristoranti.
Intanto, Gabriele Bonci mi racconta tutti i passaggi che troviamo all’interno del suo fantastico laboratorio.
Cinque impastatrici schierate: questa è la zona dove nasce il prodotto. Ovvero, dove nasce l’idea di creare un prodotto particolare fatto di farine, di lieviti, di cose che la gente neanche immagina. In particolare, i lieviti cambiano spesso – dichiara - “quindi, avere un lievito di 100 anni ha soltanto un significato molto romantico. Questa cosa l’ho raccontata dodici anni fa, mentre oggi gli studi sono andati molto avanti.”

 

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Con quale tipologia di pasta, di pane, di dolce si utilizzano questi lieviti?
“Con tutti i tipi di pane. – risponde - Noi facciamo una panificazione a 360 gradi.  Il nostro pane comune, per esempio, tanto comune non è : il grano è coltivato da una piccolissima azienda. ma noi riusciamo a vendere al pubblico un pane al prezzo di 2 euro e 90 al chilo. E’ questa la nostra forza: aver creato una qualità per tutti. Abbiamo anche un pane che dura dieci giorni che può costare 5-6 euro al chilo. Se ne mangia di meno ed è assolutamente garantito.
Da questo laboratorio escono quasi 30 tipologie di pane, diversi, che ruotano a settimana. I fissi sono una decina e comprendono il classico pane romano, dal pane sciapo al casareccio, al lariano per arrivare al pane speciale: dal pane al mandarino con le noci e la cannella oppure a quello alle erbe.”

 


Ma le cotture, le temperature, quanto sono importanti?
“Noi abbiamo un forno tedesco – afferma - e facciamo una cottura tipica romana : aggrediamo il pane perché il cliente romano vuole sentire il croccante.”

 

 


Le pizze di Bonci non sono pizze : sono contenitori di tutto ciò che c’è di buono. La pizza di Bonci non ricalca la tradizione che conosciamo di pomodoro e basilico ma, data la sua struttura, le pizze di Bonci sono un pranzo.
Da dove cominceresti per fare una degustazione?
“Comincerei dalle classiche – risponde - per arrivare a quelle fatte con prodotti del momento, del mercato. In questo periodo, per cinque pizze, comincio con quella rossa, poi quella imperdibile con le patate. Dopo, assaggio la pizza con carciofi e animelle fatta con la zucca e pecorino sardo di Gavoi. Passo poi ad assaggiare l’anatra che è eccezionale in questo periodo: ci sono degli allevamenti fantastici. E’ fatta con una polvere di olive, una base di crema fois gras e sopra dei cipollotti fatti acetificare. Poi, torno sulla pizza bianca con la mortadella.”

 

E le puntarelle?
“Le puntarelle sono meravigliose. Le sto facendo con tutte le verdure, taglio puntarelle al broccolo, taglio puntarelle a qualsiasi cosa. Secondo me,  quel taglio alla puntarella è geniale : fai un taglio fino, lo metti nell’acqua e la verdura diventa eccezionale."

 

Una pizza dolce?
“Non ne faccio.”

 

Però di dolci ne produce tanti, come lo straordinario panettone a Natale e la Colomba per Pasqua. Quanti siete a lavorare in questo posto?
“Siamo 50 persone a vivere di pane.”

Jerry Bortolan

di Jerry BortolanReporter, giornalista di viaggio ed enogastronomico.