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Calcata, la città degli artisti, degli hippie e del prepuzio di Gesù

Oggi 1000 abitanti, ma 200 reali. Negli anni '70 colonizzato da artisti e artigiani. Qui girarono: Sergio Leone, Monicelli per “Amici miei”, Tarkovskij e Pasolini

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Città di pietra e santuario del prepuzio, terra abbandonata e affollata meta turistica, rifugio degli artisti e roccaforte degli hippie. Calcata - “villaggio ideale d’Italia” secondo la dicitura riportata nello stemma ufficiale - ha mille identità, e quasi tutte in conflitto tra loro. Se ci vai a Pasquetta, nel paese dove finiscono tutte le strade, sei tentato di pensare che il nome derivi dalla calca che ci trovi; ma appena ti guardi intorno capisci subito che Calcata – anche nell’appellativo – è figlia della pietra in cui è scavata dalla notte dei tempi. Il borgo, in provincia di Viterbo e ad appena 40 chilometri da Roma, è arroccato sopra una montagna di tufo da cui domina la valle del fiume Treja, e abitato sin dalla preistoria.

Sorto in una valle vulcanica, è un’autentica eccellenza geologica e archeologica, che ha saputo produrre capolavori di architettura in età romana, medievale e rinascimentale e che ancora oggi nasconde tra le sue grotte templi pagani e rituali magici, tombe etrusche e sentieri dove incontri ulivi vecchi di 800 anni.

 

Visitare Calcata significa ritrovarsi in un sorta di grande presepe vivente, passeggiare per strade strette che si aprono all’improvviso su terrazze naturali dai paesaggi mozzafiato e improvvisi strapiombi e sulle quali si affacciano edifici in gran parte risalenti al medioevo, ricavati da grotte ipogee e che ospitano botteghe di artisti di ogni genere.

 

Se oggi il Comune conta 918 abitanti, tra gli anni '30 e gli anni ‘50 era stato quasi completamente abbandonato, per poi essere “colonizzato” negli anni '70 da artisti e artigiani che gli hanno regalato una nuova identità fino a trasformarlo in una sorta di museo a cielo aperto, tanto che c’è tra loro chi ha pensato addirittura di chiudere la propria abitazione con una porta a vetri per permettere ai turisti di osservarne l’interno, mentre in una vecchia chiesa è stato allestito il Museo della civiltà contadina, dove si possono ammirare attrezzi agricoli e di falegnameria, ma anche la “sedia del cerusico”, ovvero il barbiere che faceva anche da dentista; tra le altre meraviglie del borgo la “Casa del gatto nocciolino” (interamente dedicata ai felini) e un suggestivo circolo Arci scavato nel tufo che offre sempre musica dal vivo.

Dei quasi mille abitanti, tuttavia, solo 200 risiedono effettivamente nel borgo. “Gli altri ci vengono solo nel fine settimana” spiega una guida turistica.

Se le sue origini risalgono a metà del bronzo, l’abbandono è iniziato nel 1935 per volontà di Mussolini, che finanziò - con un apposito decreto - la costruzione di nuove abitazioni che sostituissero quelle antiche e ormai fatiscenti.


La popolazione fu quindi incentivata a spostarsi abbandonando le vecchie case, dove spesso intere famiglie si trovavano a condividere 5 metri quadri.
“Veniva assegnato un lotto per ogni famiglia e la costruzione della nuova casa veniva pagata dallo Stato”.

 

Con l’esodo verso la periferia Calcata diventa così una città fantasma, quasi completamente deserta: luogo ideale per un film di Sergio Leone.
Non a caso è il regista italiano che ha insegnato il western agli americani il primo artista a riscoprire Calcata. Ed è proprio il cinema a salvare l’integrità del borgo che – privo al tempo di vincolo paesaggistico e rimasto con appena 40 abitanti – avrebbe potuto essere distrutto dai palazzinari: invece dopo il battesimo della macchina da presa con il western all’italiana, Monicelli lo sceglie per una celebre scena di Amici miei e Tarkovskij ci ambienta uno dei momenti più importanti di Nostalghia, mentre Pierpaolo Pasolini gira qui il suo Decameron.
Nel 1980 arriva anche Fabrizio De André per realizzare con Massimo Bubola il videoclip della canzone Una storia sbagliata, dedicata proprio alla morte di Pasolini. “Finito di girare – ricorda una residente – De André la sera improvvisò un concerto in piazza per tutti gli abitanti. Fu un momento memorabile”.

In seguito arrivano Folco Quillici con i suoi documentari e l’artista Costantino Morosin: “La prima volta che la vidi l’impressione che mi fece fu quella di un piccolo grappolo d’uva dimenticato sulla vigna – ricorda – c’era solo qualche vecchietto, ma molto spazio e molta atmosfera”. Morosin oltre a trasferirsi a Calcata dedica al borgo buona parte delle sue opere, tra cui i troni giganti in tufo che oggi accolgono i visitatori sulla piazza principale della città.

Arriva infine il turno dell’architetto Paolo Portoghesi, che restaura il castello del borgo e anche Amanda Sandrelli sceglie di venire a vivere qui ristrutturando un vecchio fienile.

Con il tempo, però, la fama di borgo degli artisti fricchettoni finisce per generare nuove forme di turismo tra il disappunto dei pionieri: “La gente adesso qui viene a magnà” dice sarcastica una delle prime artiste ad aver scelto Calcata come propria dimora, mentre in città impazza il Festival della cultura hippie.

 

Tra gli aspetti più curiosi del borgo c’è anche quello di rivendicare una reliquia particolarmente singolare: il prepuzio di Cristo, tagliato dal pene di Gesù Bambino al momento della circoncisione.

Secondo la tradizione nel 1527 a Calcata fu catturato un lanzichenecco che aveva preso parte al sacco di Roma e depredato il Sancta sanctorum di San Giovanni in Laterano. Imprigionato nel paese, il soldato avrebbe nascosto il reliquiario contenente il Santo Prepuzio in una grotta, dove è stato scoperto nel 1557.

La reliquia del pene del Salvatore è stata custodita e adorata per secoli nella chiesa del Santo Nome di Gesù, per essere infine rubata nel 1984, privando la città di pietra del preziosissimo reperto, anche se quello che interessava ai senza dubbio poco pii ladri era piuttosto il reliquiario in oro.

Di certo quello che nessuno potrà mai togliere a Calcata è il suo fascino eterno e la capacità di rinnovarlo nel corso dei secoli, riuscendo ad assumere sempre nuove identità senza mai perdere quella originale di città antica, misteriosa e magica.
 

Arnaldo Casali

di Arnaldo CasaliGiornalista esperto di Spettacolo, Cultura, Religione.