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Il pozzo di San Patrizio: dall’Irlanda a Orvieto per vedere il purgatorio

248 scalini senza parapetto. Patrizio ha combattuto druidi, inglesi, eretici cristiani senza spargimento di sangue e senza martiri.

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pozzo san patrizio orvietoE’ quasi un itinerario dantesco, la visita al pozzo di San Patrizio a Orvieto.
Un viaggio metafisico nelle viscere della terra lungo 248 scalini e 70 finestroni senza parapetto.
Con un minimo di autosuggestione, affrontando la discesa di 62 metri all’imbrunire, con la luce che si allontana mentre si avvicina quell’anello oscuro, può apparire davvero come un viaggio nell’oltretomba e un percorso salvifico verso l’acqua, simbolo di vita e di rigenerazione.
Questa è la lettura, d’altra parte, suggerita dal nome, che richiama la grotta irlandese dove Cristo avrebbe indicato a San Patrizio la porta del Purgatorio.

Per conoscere la leggenda, però, bisogna compiere un viaggio di 2500 chilometri verso nord e di 1577 anni indietro nel tempo, ritrovandosi nella selvaggia Irlanda che il vescovo inglese aveva cristianizzato nei primi decenni del V secolo.

 

Già perché il più celebre simbolo dell’isola verde era nato in realtà nell’odiatissima Inghilterra nel 385, e il suo vero nome era Maewyin Succat.

 

Nella sua terra di adozione, il futuro Patrizio, c’era finito a sedici anni, quando era stato rapito da pirati irlandesi e venduto come schiavo. Dopo aver tentato inutilmente la fuga, aveva imparato a conoscere quella cultura così diversa e gli usi e i costumi dei suoi padroni, fino a parlare gaelico e cimentarsi nelle pratiche dei druidi.
Quello che aveva sempre rifiutato, invece, era l’iniziazione alla religione celtica, e il cristianesimo aveva finito per essere l’unico, l’ultimo e il più forte legame con le sue radici.


Riuscito finalmente a fuggire, si era trasferito in Francia, dove era stato ordinato diacono da San Germano d’Auxerre con il nome di Patrizio. Dopo aver visitato l’Italia, aveva deciso di tornare in Irlanda per evangelizzare quel popolo a cui era fortemente rimasto legato, andando a sovrapporre la religione cristiana agli antichi culti pagani (creando, ad esempio, la Croce celtica) e stabilendosi ad Armagh.

 

 

Per anni Patrizio aveva dovuto vedersela con i nemici druidi (che erano riusciti anche a sequestrarlo), con gli invasori inglesi e con gli eretici cristiani eppure era riuscito – unico missionario in tutta la storia del cristianesimo – ad imporre la nuova religione senza alcun spargimento di sangue e senza martiri.

 

Oltre che dai pagani, secondo la tradizione, Patrizio aveva liberato l’Irlanda anche dai serpenti: la leggenda vuole che il santo, nel 441, trascorresse 40 giorni e 40 notti in ritiro sulla montagna Croagh Patrick, gettando alla fine una campana dalla sommità del monte nell’attuale Baia di Clew per scacciare i serpenti e le impurità. Leggenda o verità, quel che è certo è che oggi non si trova alcuna specie di serpente sul suolo irlandese.

 

Un’altra leggenda narra che Patrizio fosse custode di una grotta senza fondo dalla quale, dopo aver visto le pene dell’Inferno, si poteva accedere al Purgatorio giungendo persino a intravedere il Paradiso.

 

Secondo il racconto, tali erano le difficoltà incontrate dal missionario nella terra irlandese, che Gesù, mosso a compassione, gli era apparso mostrandogli una cavità nel terreno; chiunque, entrando in questa caverna, dopo un digiuno di tre giorni e dopo aver confessato i propri peccati, avrebbe potuto vedere le pene da scontare e le ricompense di cui avrebbe beneficiato nell’aldilà e, in base a questo, poteva dare una adeguata conduzione al resto della propria vita.


In questo luogo Patrizio aveva fatto erigere delle mura a custodia delle quali aveva messo alcuni monaci a cui i pellegrini potevano confessare i peccati prima di intraprendere il viaggio nella cavità.
La grotta, nota appunto come Pozzo di San Patrizio, era localizzata su un isolotto del Lough Derg, in Donegal. Sul luogo venne costruita una chiesa, ancora oggi meta di pellegrinaggi, nonostante il pozzo sia stato murato nel 1497 per volere di papa Alessandro VI.
 

 

grotta san patrizio Lough Derg

 

Appena trent’anni dopo la chiusura dell’originale, però, il pozzo di San Patrizio viene ricostruito a Orvieto da Antonio da Sangallo, tra il 1527 e il 1537; per ragioni assai poco mistiche, in realtà: Clemente VII, reduce dal sacco di Roma, lo vuole per rifornire la città di acqua in caso di assedio.

 

L’area in cui viene costruito è tra le più suggestive della bassa Umbria: il pozzo si trova proprio sopra la rupe di tufo dove sorge Orvieto, e nei giardini in cui è inserito si può ammirare tutta la valle orvietana.

 

La fonte ha un diametro di tredici metri e intorno sono state costruite due scale a chiocciola progettate in maniera tale da correre sovrapposte l’una all’altra senza però comunicare tra loro: serviva a far si che le persone con i muli che si recavano ad attingere acqua non intralciassero il cammino di chi, dopo essersela procurata, stava risalendo in superficie; in fondo al pozzo un piccolo ponte collega le due scale.

 

Alcune curiose coincidenze rendono misterioso il fascino di questo luogo e sembrano ricollegarlo alla leggenda di San Patrizio: durante gli scavi in fondo al pozzo vennero infatti ritrovati corredi funerari di tombe etrusche e le due rampe di scale elicoidali progettate per la salita e la discesa riproducono perfettamente, sotto il profilo geometrico, la doppia elica del Dna, il codice della vita, scoperto solo nel 1951. 

Arnaldo Casali

di Arnaldo CasaliGiornalista esperto di Spettacolo, Cultura, Religione.