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Aquisgrana, la “capitale” di Carlo Magno con gli edifici più antichi d’Europa

La cattedrale ha 4 preziosissime reliquie, oltre “l’ingresso” e l’orma del diavolo.

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E’ un viaggio al centro del medioevo, visitare Aquisgrana; non certo la classica gita turistica. Qui ci si può immergere, infatti, all’interno di alcuni dei più antichi edifici d’Europa, toccando letteralmente con mano la storia studiata a scuola, evocata in capolavori della letteratura e assaporata in mille leggende.
Aachen per i tedeschi, Aix-La-Chapelle per i francesi, in italiano mantiene ancora l’antico e maestoso nome con cui divenne la capitale del Sacro Romano Impero nell’anno 800 dopo Cristo.
E’ in questa località termale al confine tra Belgio e Germania, infatti, che Carlo Magno decise di stabilire la sua residenza, quando da Re dei Franchi divenne il padre dell’Europa moderna e il fondatore di un impero che attraverserà mille anni di storia e si dissolverà formalmente solo cento anni fa, riuscendo a sopravvivere così ancora più dell’impero romano che voleva emulare.

Sarà la sconfitta subita alla Prima Guerra Mondiale, infatti, a mettere la parola fine nel 1918 alla storia dell’impero Austro-Ungarico, che nel 1804 aveva raccolto l’eredità dell’antichissimo Sacro Romano Impero in procinto di soccombere sotto quello nuovissimo ed effimero di Napoleone.
Carlo Magno era molto legato a quella cittadina tedesca perché la frequentava sin da ragazzo con il padre Pipino per rilassarsi nelle sue terme.


Lo stesso nome, infatti, fa riferimento alle acque particolarmente salubri utilizzate già dalle popolazioni celtiche. La prima attestazione del nome “Aquae Granni” (Grannus era la divinità celtica della salute e delle sorgenti curative) risale al 765, quando Pipino il Breve scelse di passare qui la festa di Natale con il figlio Carlo.


Tre anni dopo il principe ventiseienne, divenuto Re dei Franchi, l’aveva scelta come sua residenza principale e aveva ordinato la costruzione del palazzo reale e di una cappella in cui essere sepolto.
La chiesa venne ultimata nell’anno 800 – lo stesso in cui, proprio la notte di Natale, Carlo Magno fu incoronato imperatore dal Papa - e quello che impressiona a visitarla, è notare come sia rimasta ancora oggi praticamente intatta.


Se si pensa a quanto sia difficile trovare a Roma una basilica che conservi anche solo qualche traccia della sua architettura medievale, non si può non restare a bocca aperta quando ci si ritrova a calpestare gli stessi pavimenti calpestati da Carlo Magno, e ammirare le opere d’arte da lui commissionate.


Ad accogliere i fedeli all’ingresso nella Cattedrale di Aquisgrana ci sono due maestose opere in bronzo di epoca romana – o forse preromana – che Carlo volle riutilizzare per decorare la cappella: una grande pigna che un tempo apparteneva alla parte superiore della fontana dell’atrio e la cosiddetta lupa, che poi in realtà sembrerebbe essere un’orsa, proveniente forse da uno scenario di caccia di età ellenistica.

 

 


Ad essa è legata una suggestiva leggenda: si narra infatti che Carlo Magno stesse ancora cercando i finanziamenti per completare il portale della chiesa quando comparve un misterioso individuo vestito di nero, che si disse disposto ad accollarsi tutti i costi; a patto, però, che l’anima della prima persona ad entrare nel duomo ultimato divenisse sua.

Si trattava evidentemente del Diavolo e i cittadini di Aquisgrana ebbero l’idea di far entrare dentro il duomo un lupo: il diavolo provò ad afferrare la sua anima, ma si trattava di un’anima selvaggia e se ne dovette così andare via beffato. Per la rabbia si narra che, oltre a incrinare la porta di ingresso in un lato, lasciò persino un’orma del suo dito in uno dei due pomi vicino all’ingresso.


Se il portale originario è stato comunque rimaneggiato nel corso dei secoli, perfettamente integra è invece la cappella, che ha una pianta ottagonale, rappresenta il primo edificio con cupola al nord delle alpi dopo l’antichità, ed è ornato con colonne antiche e otto inferriate in bronzo di epoca carolingia.


Nel corso dei secoli la chiesa originaria è stata ampliata con la costruzione - tra il Cinquecento e l’Ottocento - di diverse cappelle e del campanile; ampliamenti che non hanno impedito, però, all’edificio principale di mantenere il proprio aspetto e di conservare un’aura di magia.


Lo stesso Carlo Magno riuscì ad ottenere per la cattedrale quattro preziosissime reliquie che ne fecero uno dei luoghi di pellegrinaggio più amati del medioevo, insieme a Roma, Gerusalemme e Santiago di Compostela: si tratta della veste di Maria, le fasce di Gesù Bambino, il panno in cui fu avvolta la testa decapitata di Giovanni Battista, e quello che Cristo crocifisso indossava attorno ai fianchi.


Dal 1239 le reliquie sono custodite all’interno di uno scrigno d’oro detto “Della vergine” e dal 1349 vengono mostrate ai fedeli ogni sette anni, durante il cosiddetto “Aachenfahrt”, il giubileo settennale di Aquisgrana.
La prossima occasione per ammirarle è in programma per il 2021, data della prossima ostensione, mentre lo scrigno – costruito tra il 1120 e il 1239 - si può osservare all’interno del coro trecentesco.

 

 


Ad illuminare la cappella c’è un immenso lampadario realizzato intorno al 1165 che raffigura la Gerusalemme celeste, donato alla chiesa dall’imperatore Federico Barbarossa, che – come tutti gli imperatori tedeschi fino al 1531 – fu incoronato proprio qui.


Al piano superiore, nel matroneo che corre lungo le pareti ottagonali, si trova nientemeno che il trono di Carlo Magno, che stupisce per la sua semplicità: si tratta infatti di una normale sedia di marmo antico riutilizzato. Qui per 600 anni si sono seduti tutti gli imperatori subito dopo l’unzione e l’incoronazione, che avvenivano di sotto, all’altare maggiore.


Quando Carlo Magno morì, nell’anno 814, fu sepolto, secondo le sue volontà, nella cripta della cappella. La tomba venne aperta per la prima volta dall’imperatore Ottone III nell’anno 1000: secondo i cronisti dell’epoca, quando Ottone entrò nella cripta venne colpito dalla visione di Carlo Magno seduto su un trono di marmo, vestito con gli abiti imperiali, con la corona in testa, i Vangeli aperti in grembo e lo scettro in mano.


“Non aveva perduto nessuna delle sue membra, a parte solo la punta del naso. L’imperatore Ottone lo rimpiazzò con dell’oro, prese un dente dalla bocca di Carlo Magno, murò l’ingresso alla camera e si ritirò” si legge nelle Cronache di Novalesa scritte nel 1026. Nel 1165 l’imperatore Federico Barbarossa riaprì la cripta e trasferì i resti di Carlo in un sarcofago di marmo sotto il pavimento della cattedrale, mentre nel 1215 Federico II fece collocare le ossa all’interno dello scrigno d’oro, in cui i resti del primo imperatore sono circondati da quelli dei suoi 16 successori.


Lo scrigno si trova oggi in fondo al coro gotico (accessibile, così come il matroneo, solo per visite guidate), costruito tra il 1355 e il 1414 e detto la “Casa di vetro di Aquisgrana”, che conta 32 metri di altezza e 1000 metri quadrati di vetro. Le attuali vetrate sono però in realtà un capolavoro di arte contemporanea: risalgono infatti al 1949.

 

 


Piccola curiosità: all’interno della Cattedrale non si possono effettuare fotografie se non si è in possesso di un autorizzazione ufficiale, segnata da un braccialetto di carta; per ottenerla, però, basta pagare 1 euro.


Usciti dalla Cattedrale con pochi passi si arriva all’Antico Municipio. Di stile gotico, fu costruito nel XIV secolo sulle fondamenta del palazzo reale di Carlo Magno, ma oggi solo la Torre Granus rispecchia l’architettura originale. Al primo piano si può ammirare la sala di incoronazione e cinque affreschi dell’artista Alfred Rethel - artista nativo di Aquisgrana - adornano le pareti, mostrando scene leggendarie della vita di Carlo Magno. Al piano terra, oltre a musei e sale espositive, si trovano anche pub e ristoranti con prezzi un po’ salati ma dall’ambiente senza dubbio suggestivo.


Quanto alla cucina, comunque, la città dell’Acqua offre solo l’imbarazzo della scelta: se si vuole mangiare italiano, il Keiser Wetter – vicino al centro commerciale e alla zona universitaria – dedica il suo menù esclusivamente a specialità nostrane, tra cui spicca un’ottima pizza. Se si preferisce la cucina locale, invece, vicinissimo al Duomo, offrono piatti tipici tedeschi come wurstel di tutti i tipi, bretzel e birre.

 

 


Tra gli altri luoghi da visitare la Grashaus: una delle case più antiche della città e primo municipio di Aquisgrana, costruita nel 1267, dove si tenevano inizialmente feste popolari e funerali e successivamente le esecuzioni dei condannati a morte. Uno dei simboli della città è poi la “Fontana di Elisa”: un edificio neoclassico completato nel 1827 e ricostruito nel 1953, dopo i bombardamenti subiti nel corso della Seconda guerra mondiale, che deve il suo nome alla principessa Elisabetta Ludovica di Baviera.


Sul fronte moderno, non mancano locali dediti alla movida, come l’immancabile pub irlandese e una vecchia chiesa diventata oggi una discoteca, testimonianza di una città che è stata capace di attraversare i secoli reinventandosi in continuazione, e preservando – al tempo stesso - tutto il suo antico splendore.

 

Arnaldo Casali

di Arnaldo CasaliGiornalista esperto di Spettacolo, Cultura, Religione.