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La Scarzuola, un viaggio “metafisico e surrealista”, un parco “strano” nel cuore dell’Umbria

E’ la risposta contemporanea al parco dei mostri di Bomarzo e sorge su un eremo dove soggiornò san Francesco.

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la scarzuolaNon andate alla Scarzuola, se state cercando un posto bello dove fare una scampagnata domenicale; non ci mettete piede, se avete in mente la classica gita turistica; tenetevene lontani se vi aspettate di visitare un museo o un parco divertimenti.
Perché La Scarzuola, da qualche anno tra le mete più gettonate del centro Italia, “è come una medicina – mette in guardia il sito internet – può avere effetti collaterali anche gravi”.
Sorta di versione contemporanea del Parco dei mostri di Bomarzo, La Scarzuola è una “città ideale” progettata dall’architetto surrealista Tommaso Buzzi, e più che una visita turistica offre un viaggio all’interno di sé stessi, un itinerario nel regno della fantasia, delle favole e dei miti, con un Virgilio decisamente insolito.
La costruzione sorge a Montegiove, minuscola frazione del comune di Montegabbione, in provincia di Terni.
Secondo la tradizione qui soggiornò san Francesco nel 1218, e costruì una capanna nel punto in cui aveva piantato una rosa e un alloro e da cui era sgorgata miracolosamente una fontana. La capanna era stata realizzata con una pianta palustre chiamata “scarza”, da cui deriverebbe il nome Scarzuola.
Nel Cinquecento i conti di Marsciano fecero costruire sul romitorio una chiesa e un convento che affidarono ai Frati minori francescani, e in cui collocarono le tombe di famiglia.
Il convento custodisce ancora oggi una memoria francescana unica nel suo genere: la sola rappresentazione esistente al mondo di Francesco d’Assisi come giullare. In un graffito ritrovato in una delle porte del vecchio convento è infatti rappresentato il santo nelle vesti di giullare medievale. Lo stesso santo, vale la pena ricordarlo, amava definire sé stesso e i suoi frati come i “giullari di Dio”, ma in questo disegno – datato 1738 - il Poverello è ritratto proprio con i vestiti tipici dell’attore di strada.
Caduto nel corso dei secoli in uno stato di profondo degrado, il convento nel 1956 è stato acquistato – insieme a tutta l’area dove sorge – da Tommaso Buzzi, uno dei personaggi più singolari della cultura italiana del Novecento.


Nato a Sondrio in Valtellina nel 1900, è stato amico e collaboratore di Giò Ponti e tra gli anni ’20 e ’30 era uno degli architetti preferiti della più esclusiva borghesia milanese. L’acquisto della Scarzuola aveva rappresentato per Buzzi il coronamento del sogno di una vita: quello di realizzare un complesso architettonico fantastico dalle forti valenze esoteriche, che tuttavia alla sua morte, nel 1981, lasciò volutamente incompiuto.


A completarlo ed ad aprirlo al pubblico è il nipote di Buzzi: Marco Solari, attuale proprietario e inquilino della struttura, nonché guida e vera attrazione del luogo. Anche se forse più che di attrazione dovremmo parlare di deterrente, visto che Solari rappresenta una sorta di ostacolo, una prova iniziatica che bisogna affrontare se si vogliono vedere la Barca delle Anime, la Balena di Pietra, la Torre della Disperazione, la Scala della Vita, il Tempio di Eros, il Pozzo della Meditazione, il Teatro delle Api e il Termitaio.

 


Personaggio quanto mai singolare, appare come un curioso incrocio tra Pier Paolo Pasolini e Vittorio Sgarbi: Pasolini per l’aspetto fisico (capelli nerissimi, occhiali scuri, volto scavato), Sgarbi per i modi aggressivi e sarcastici e il linguaggio colorito.


Visitare la Scarzuola significa prima di tutto doversi confrontare con lui, entrare nel suo mondo, accettare le sue provocazioni e i suoi modi decisamente sopra le righe. D’altra parte la “Città ideale”, come detto, non è un museo né un parco pubblico: è casa sua e se la vuoi vedere è lui che devi contattare ed è lui che te la fa visitare. Se gli va; ed alle sue condizioni.


“I primi minuti lo avrei preso a schiaffi” scrive la blogger Fraintesa: “All’inizio sembra un pazzo scorbutico ed egocentrico. Poi ti apre questo angolo segreto dell’Umbria e ti snocciola delle frasi che alla fine sono un po’ delle coltellate inflitte per scalfire l’armatura che ci blocca nella quotidianità”.


Per accedere alla città ideale, dunque, bisogna essere disposti a mettere in discussione le proprie certezze, o quantomeno a non prendersi troppo sul serio. Perché Solari – durante la visita – non fa che insultarti, ripeterti che non capisci niente mentre ti svela ‘verità’ di ogni genere, mescolando amabilmente perle di saggezza (“Ci avete fatto caso? Fino a qualche mese fa sembrava che il problema del mondo fosse il terrorismo islamico, adesso all’improvviso si parla solo di immigrazione”), provocazioni (“Io lo dico: sono un puttano e un assassino; d’altra parte se non vuoi essere ricattabile devi buttarti da solo nella merda)” e discutibili teorie teologiche (“Prima del Concilio di Nicea il discorso cristico prevedeva 12 reincarnazioni. Ma voi non ne sapete niente, perché siete dei cazzoni”).


“Qui si troveranno bene solo i matti” esordisce accogliendo i visitatori. “D’altra parte il primo matto che ha abitato questo luogo è stato Francesco d’Assisi. E se non fosse diventato matto nessuno ne parlerebbe: sono i matti che mandano avanti il mondo”.

 


E in fondo non è altro che una grande follia, quella in cui ci dobbiamo addentrare. Una follia realizzata, in gran parte, dallo stesso Marco Solari: il fondatore, infatti, ha lasciato solo una minima parte degli edifici della Scarzuola; quasi tutti sono stati costruiti dal nipote in base – badate bene – non a dettagliati progetti architettonici, ma a disegni realizzati da Buzzi in stato di trance e utilizzando contemporaneamente entrambe le mani.

Poco più che degli scarabocchi, per un occhio profano; eppure i singolari personaggi che accompagnano Solari (l’avvocato e un collaboratore dal marcato accento inglese) assicurano che per lui risultano chiarissimi.
Mentre disserta di guerre, giardini dell’Eden, esistenza, Cambridge Analytica e cattedrali (“Le navate si chiamano così perché sono costruite come navi capovolte, dove si riunifica il mondo visibile e il mondo invisibile”), delle mutande del Papa (“me le portano a lavare alla Scarzuola; ogni tanto rimangono, diventano icone e io posso venderle. Non prendete le reliquie, voi?”), vesti liturgiche (“abbiamo tre corpi e la Chiesa lo sa benissimo: infatti durante la messa il prete indossa una veste bianca – che è il corpo eterico – e la pianeta che è il corpo astrale. Ma i fedeli non ne sanno nulla”) e urbanistica (“tutte le città hanno il buco del culo”), Solari ti conduce nel Giardino dei Sogni di Buzzi: un teatro realizzato in pietra (“visto dall’alto è un’ostrica aperta in due, ma solo una parte è visibile, l’altra è invisibile”), al cui centro c’è un occhio con dentro uno specchio che riflette “il mostro che è dentro di noi”.

 

 


La meravigliosa città ideale è – in realtà – in massima parte inaccessibile; non solo e non tanto perché ospita l’abitazione privata di Solari, ma anche perché non è a norma per accogliere visitatori: “D’altra parte pensate che un architetto che vuole costruire una città ideale può pensare a rispettare le norme di sicurezza?”.


Tra giganteschi nudi di donna, finestre da cui si affacciano scheletri, orologi, cappelle, osservatori, laghi, torri di cristallo, segni esoterici mescolati a simboli cristiani, alberi secolari e labirinti di siepi, si dipana un itinerario che rappresenta un confronto con l’inconscio e si completa attraverso una serie di incontri con figure archetipiche; intanto Solari, che vanta ascendenze aristocratiche, illustra la sua filosofia di vita e rivendica il suo status di matto: “Sono molto gettonato anche all’estero perché amano molto le persone strane”.


Intanto ti guardi intorno e ti sembra di essere finito in un film di Terry Gilliam o in un quadro di Escher, anche se la reale ispirazione di questa magniloquente opera è il primo poema illustrato italiano: Hypnerotomachia Poliphili, romanzo allegorico stampato nel 1499, il cui testo è stato attribuito a diversi autori (tra cui, il tipografo Aldo Manuzio, Leon Battista Alberti, Pico della Mirandola e Lorenzo de Medici) che racconta un viaggio iniziatico vissuto in sogno e ha per tema centrale la ricerca della donna amata, metafora di una trasformazione interiore.

 


Qualcuno si allontana dalla Scarzuola scandalizzato dai modi poco urbani del padrone di casa, qualcuno divertito dagli stessi, qualcun altro estasiato dalle opere architettoniche che ha visto, altri semplicemente incuriositi. Quel che è certo è che quando esci da quello scrigno di arte, natura e mistero lo fai con la consapevolezza che alle spalle non hai una visita di due ore ma un viaggio siderale oltre il tempo e lo spazio, perché “non esiste il tempo qui: c’è massimo disordine e massima fantasia, qui il folle si ritrova. Perché solo fantasia e immaginazione fanno uscire gli uomini dalla caverna”.
 

Arnaldo Casali

di Arnaldo CasaliGiornalista esperto di Spettacolo, Cultura, Religione.