Inchieste

Ristoranti dopo la riapertura. Cenare nella capitale per vedere come si ri-propongono i più noti locali.

Tavoli, quasi, pieni e voglia di ricominciare

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Una sera di sabato, in giro per le strade di Roma, per capire  la situazione dei ristoranti che hanno riaperto e per cercare dove fermarsi per cenare.  Pensavo che dopo appena 20 giorni dalla riapertura per il fermo del coronavirus molti locali sarebbero stati ancora chiusi e, se aperti, tristemente semivuoti: no, la sorpresa è stata sbalorditiva per la piacevole constatazione che non c’era il pieno stressante del corpo a corpo dei vecchi week end ma i ristoranti erano quasi tutti completi e, almeno dalle apparenze, c’era  una bella atmosfera tra i clienti, senza mascherina, sorridenti ma a distanza di sicurezza. Proseguendo il giro per i luoghi tradizionali della ristorazione mi è capitato di pensare che forse è stato solo un orribile sogno quello passato nei circa tre mesi di paure e isolamento. Dopo il lock down, secondo molti imprenditori della ristorazione, i timori della gente di uscire e la difficoltà di lavorare con mascherine e guanti lasciavano presagire locali vuoti e disastri economici. A Roma, invece, lo sfracello alla riapertura - almeno in  molti casi - non c’è stato. Questa è Roma, la metropoli più conosciuta al mondo, e, per chi la conosce bene, è unica per il pragmatico fatalismo e capacità di adattamento dei suoi abitanti che non si lasciano andare più di tanto a pessimismi drammatici. Questo grazie alla sua storia millenaria che ha loro tramandato, insieme ad un sarcasmo canzonatorio e menefreghista, la capacità di superare tutte le tragedie umane, che siano carestie, guerre, pandemie, e “squadre di calcio che  non vincono mai uno scudetto”…e sopportare il moderno caos urbano per una cattiva amministrazione. Come le superano? Ricorrendo ad un alzata di spalle storica e di semplice “filosofia romanica” che, non potendo fare niente per risolvere i problemi, dice : “vabbè, morto un Papa se ne fa un altro” . 

Così, dopo il 18 di maggio del 2020, quando finalmente si sono riaperte le porte della ristorazione e quelle del commercio, molti o quasi si sono riappropriati del loro stile di vita anche se - forse - con troppa superficialità.

 

 

E allora raccontiamolo quello che abbiamo visto in questo giro nei locali romani.  Partiamo dalla Casina Valadier, uno dei luoghi della ristorazione della Capitale, situata nel cuore di Villa Borghese. Il parcheggio privato era pieno di auto. Le luci esterne esaltavano la bellezza della Casina, ma arrivati all’ingresso c’era un silenzio innaturale che faceva pensare ad un vuoto pauroso di clienti. Gli unici esseri umani che si vedevano erano i camerieri con divisa nera e bianca, mascherine scure e guanti neri, che come danzatori in scena volteggiavano con i vassoi in mano. Ma, superato il bar interno e arrivati sulla terrazza, il colpo di scena è stato pazzesco: giuste luci soffuse, tavoli pieni di gente seduta e in armonia - ovviamente senza mascherina…-  con i bicchieri colmi di vino o drink, rapiti nello stupefacente  splendore  della “grande bellezza” della Roma storica,  con il suo skyline fatto di chiese e maestose cupole. Tutti in attesa di assaporare le gustosissime proposte di Massimo D’Innocenti, lo chef  che presenta tre menù degustazione, compreso uno per vegetariani, ma con dei fuori carta che lasciano il segno nella memoria del palato, come “la fregola in guazzetto di pesci di scoglio”. Incrociato il direttore Massimo Gallo, ho chiesto se il pieno era un caso per il fine settimana. Mi ha risposto di no e che, contrariamente alle nefaste previsioni, con il lunch, l’happy hour, e la cena la presenza dei clienti aumenta giorno dopo giorno. Sarà un caso ho pensato, vista la location. 

Ma, continuando il giro, la situazione non è cambiata. A Piazza del Popolo, il dehors del “Bolognese”, alle 23 era ancora pieno di gente seduta ai tavoli. 

Poco più avanti, su Via di Ripetta, il  “Marchese”- altro locale di riferimento della movida notturna - non avendo grandi spazi all’esterno, aveva aperto le grandi porte e, pur con i tavoli distanziati, il locale era full. Fuori, altra gente aspettava di entrare  per poter finire la serata seduti su uno degli alti sgabelli al bar con una sfiziosissima tielletta di tagliolini alla carbonara reinterpretata dal cuoco Daniele Roppo,  sorseggiando un intrigante Boulevardier.

 

 

Davide e Lorenzo, i due giovani ma già veterani del settore e patron del Marchese,  con coraggio e senza tentennamenti hanno riaperto subito, accendendo le luci per far uscire dal buio la tristezza della gente e ridare un po’ di allegria a una città spenta. E questo li ha premiati, vincendo la sfida con la paura e i disagi che si prospettavano.  

Ha riaperto anche “Il Tuo Vissani”, in Piazza san Pantaleo  tra Piazza Navona e Campo di Fiori, il ristorante new entry di Gianfranco Vissani inaugurato a febbraio, pochi giorni prima della chiusura totale per tutta la ristorazione nazionale causa la pandemia. Luca Vissani – che lo gestisce insieme al padre – ha riaperto, ma sempre con la paura di un vuoto pesante e di andare in perdita per i costi di gestione da sostenere. Ma un testimonial dell’alta cucina come Vissani, visibilmente seduto  fuori della porta del ristorante, rappresenta uno spot vincente per attirare  clienti e a fare un test delle sue proposte, a costi abbordabilissimi. Per cui, la serata è stata all’insegna del tutto occupato pur con un 30% di clienti in meno a causa delle distanze. Anche così, per ora, è importante constatare la gioia di chi aveva il posto a tavola all’interno, concentrato sulle geniali e gustosissime “Vissanate” come  gli “gnocchi ai moscardini saltati con burro di whisky e salvia”, tanto per citarne uno. Piatti che solo lui può creare, perché una volta in bocca si traducono in un viaggio sensoriale che ricorda la tradizione di casa, ma elevata ad alta cucina.

 

 

Gastone Pierini, patron del Moma, era perplesso se riaprire vista la sua clientela composta al 70/% da stranieri, di cui molti asiatici. Ma la forza del ristorante - oltre ad avere un piacevole dehors esterno -  è anche quella di essere uno stellato Michelin, un importantissimo valore aggiunto che fa deviare per provare la sua cucina, per la diversità e  i contenuti. E poi, il Moma, gode di una posizione particolare quando, di sera, le luci accese diventano un faro che indica la strada  dove approdare per sentirsi sicuri e trovare un pasto. Il Moma è nell’angolo tra Via Di San Basilio, Via Bissolati e Via Veneto, le tre vie storiche dove c’è la più alta concentrazione di hotel a 5 stelle lusso, e charme, a tutto gas sul grande boulevard di Via Veneto. La famosissima strada, però, alla sera diventa un deserto a causa della chiusura di tutte le attività commerciali e le sedi del grande business. Malgrado ciò, non appena il Moma ha riaperto, la sua clientela romana è tornata subito a gratificarlo: anche se con i tavoli distanziati, non ci sono stati vuoti preoccupanti, sicuramente grazie alla sua offerta gastronomica semplice, veloce e gustosa. Il ristorante è unico nel suo genere, con due anime che si alternano nel corso della giornata: un’anima bistrot - dai toni contemporanei e vivaci per il lunch – e un’anima gourmand, per il diner, con piatti unici giocati con competenze, ricerca e passione da Andrea Pasqualucci, il responsabile della cucina.

Anche da Pier Luigi, altro ristorante della movida diurna e notturna, dove si mescola un target alto di romani e stranieri, situato in Piazza de’ Ricci, vicino Piazza Farnese, la sera del sabato è stata, quasi, come quelle di sempre: e cioè full, all’insegna del rincontriamoci e godiamoci una tranquilla serata, dimenticando le angosce.  

Quelli che soffrono un po’ per la mancanza di turisti sono i ristoranti che per la loro location negli anni passati hanno trascurato il cliente romano e italiano. 

 

 

Non è il caso della Rosetta, il ristorante di Massimo Riccioli chef e patron di uno dei templi storici della gastronomia capitolina, frequentato da tutto il mondo politico e finanziario che passa per la Capitale. Sulla riapertura anche Riccioli era molto perplesso, visto il deserto che circondava una piazza super storica e gettonata come Piazza del Pantheon. Ma lo chef che ha sempre curato la sua clientela ha stimolato nei clienti la voglia di ritorno alla Rosetta per gustare il pescato al massimo della sua perfezione per le esaltazioni creative.  In questo momento, però, soffre un po’ per la mancanza di spazio all’esterno, ma la sua vulcanica natura di imprenditore gli ha già suggerito delle modifiche al locale, con l’apertura di una nuova porta d’accesso, più ampia per dare più luce e spettacolarità alla bella sala e potersi allargare, per aumentare i posti per i tavoli. 

Gli chef patron di altri due ristoranti  romani del centro storico, conosciuti anche loro in tutto il mondo, sono  Simone Panella de L’Antica Pesa, in Via Garibaldi in Trastevere - con tutta la straordinaria reinterpretazione della cucina storica romana -  e Franco Bloisi di Assunta Madre, in Via Giulia -  che spazia con proposte calde e fredde  a secondo del pescato che gli arriva tutti i giorni da Terracina e Anzio – hanno potuto trovare soluzioni più agevoli per non diminuire i coperti, Avendo entrambi a disposizione  ampi e caratteristici spazi esterni, situati però all’interno dei loro locali, hanno giocato d’anticipo e puntato a dare visibilità della riapertura attraverso il Web, facendo sapere che da loro l’ospitalità casa-tradizione-cucina è una costante per ritrovare e continuare a coccolare i loro clienti: “ca va sans dire”, sono stati premiati con il ritorno della clientela romana e italiana.

 

 

In conclusione, dopo la riapertura dei ristoranti a Roma la situazione generale è risultata migliore rispetto ai timori per le poco chiare e contradditorie disposizioni su come riavviare la macchina ristorativa ferma da mesi. La paura che il mondo fosse cambiato aveva fatto presagire sfracelli economici da parte del mondo del commercio in generale, ma soprattutto quello della ristorazione che vedeva tempi bui e magri incassi per lungo tempo a causa anche  delle regole da rispettare per controllare il virus e delle spese che si dovevano affrontare. 

E’ passato solo un mese dalla riapertura e si è vinta solo la prima battaglia, metabolizzando la paura di uscire e di muoversi. Comunque, se ancora ci sono incertezze e chiusure per i ritardi di ammodernamento e sanificazione dei locali,  con gli aggiustamenti e gli aiuti economici promessi, nel prossimo futuro saranno più chiari i segnali di ripresa. Ma soprattutto se, e qui il condizionale è d’obbligo, la gente continuerà a essere prudente ed a osservare le disposizioni sanitarie, anche se il brutto periodo non si cancellerà più per chi lo ha vissuto, si ricomincerà a vivere come prima. 

 

 

Jerry Bortolan

di Jerry BortolanReporter, giornalista di viaggio ed enogastronomico.