Inchieste

Roboetica, il Vaticano studia l’intelligenza artificiale che sostituirà gli umani

Tra i robot progettati da Ishiguro ci sono gli androidi da compagnia, interattivi con la pelle in silicone e i capelli veri.

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 Androidi attori, che recitano al cinema e presentano programmi televisivi; androidi professori, che tengono conferenze e insegnano l’inglese meglio di quelli umani; androidi cuochi e camerieri, in grado di suggerire anche il piatto che potrebbe essere più adatto ai tuoi gusti e alla tua dieta; androidi fantasmi, capaci di raccogliere nei loro circuiti l’eredità di una persona scomparsa e farla vivere in eterno; androidi da compagnia e da conversazione, talmente simili agli umani da essere in grado persino di sbagliare.
No, non è il futuro della robotica: questo è il presente. Perché tutti questi androidi esistono già in Giappone, e aspettano solo di conquistare il resto del mondo; e, soprattutto, di evolversi fino a raggiungere lo stadio finale – la coscienza di sé e il desiderio - che li porterà a rapportarsi alla pari con gli esseri umani. E in fondo non siamo poi così lontani da quel momento, a detta di Hiroshi Ishiguro, direttore del laboratorio di intelligenza artificiale dell’università di Osaka: un vero e proprio Geppetto del Terzo Millennio, che ha costruito una fedelissima copia di sé stesso che lo sostituisce già in molte conferenze.


Quello dello scienziato giapponese – convinto che “attraverso gli androidi possiamo capire la differenza tra umani e robot e comprendere meglio noi stessi e la nostra natura” - è stato l’intervento più sconvolgente di un clamoroso convegno: “RoboEtica. Macchine, umani e salute” organizzato dalla Pontificia Accademia per la vita in occasione del 25° anniversario della sua fondazione.
Se per anni il ruolo quasi esclusivo dell’Accademia vaticana è stato quello di ribadire le posizioni della Chiesa su aborto ed eutanasia, da quando tre anni fa è arrivato al suo vertice l’arcivescovo Vincenzo Paglia, l’istituto è passato, per così dire, dalla difesa all’attacco; e da sentinella della dottrina è diventato l’avanguardia del pontificato di Francesco.


Ecco allora che, oltre a difendere la vita umana, la Pontificia Accademia sceglie di indagare quella artificiale e tutte le problematiche etiche ad essa connesse, con due convegni organizzati in due anni, il primo dei quali si è svolto dal 25 al 27 febbraio nella Sala Nervi del Vaticano con 22 relatori di ogni confessione religiosa provenienti da 11 paesi e quattro continenti. Ad aprirlo lo stesso papa Francesco: “Da un lato lo sviluppo tecnologico ci ha permesso di risolvere problemi fino a pochi anni fa insormontabili – ha detto il pontefice – dall’altro sono emerse difficoltà e minacce talvolta più insidiose delle precedenti. Il ‘poter fare’ rischia di oscurare il chi fa e il per chi si fa. Il sistema tecnocratico basato sul criterio dell’efficienza non risponde ai più profondi interrogativi che l’uomo si pone. Invece di consegnare alla vita umana gli strumenti che ne migliorano la cura, si corre il rischio di consegnare la vita alla logica dei dispositivi che ne decidono il valore: la macchina non si limita a guidarsi da sola, ma finisce per guidare l’uomo”.


“La novità di questi tempi – gli fa eco Paglia - sta nella precisione e affidabilità di strumenti che superano i limiti della percezione, della sensibilità, della coscienza umana; per cui diventa possibile sostituire funzioni valutative e decisionali della soggettività umana, con effetti che incidono profondamente nella sfera di questa stessa soggettività”.


I robot interattivi sviluppati da Ishiguro sono una vera e propria replica di un essere umano, con il corpo in schiuma di uretano, la pelle in silicone e i capelli veri, e possono finire per sostituire addirittura l’originale. “L’operatore riconosce il corpo dell’androide come suo: può vedere attraverso telecamere collocate negli occhi, parlare con la sua bocca e ha persino la sensazione di essere toccato quando qualcuno tocca l’androide” spiega: “Io ho cinque androidi personali che utilizzo per effettuare conferenze a distanza e penso che ognuno di noi dovrebbe avere una sua replica, da cui farsi sostituire quando è occupato”.


“Sono pronti gli esseri umani, con le loro intelligenze individuali e indipendenti a convivere con delle macchine che hanno un intelligenza collettiva in rete?” si chiede Roberto Gingolani, direttore scientifico dell’Istituto italiano di tecnologia; e sembra evocare lo scenario apocalittico descritto nel film Trascendence, dove il cervello di uno scienziato interpretato da Johnny Depp viene caricato su un computer e si espande attraverso la rete internet fino a diventare una sorta di divinità onnipotente e onnisciente.


D’altra parte, se il cinema di fantascienza da più di cinquant’anni indaga le relazioni tra uomo e macchina (si pensi al computer ribelle di 2001 Odissea nello spazio), le paradossali storie d’amore tra uomini e robot domestici gelosi e possessivi, raccontate da film come Io e Caterina di Alberto Sordi (1980) e Lei di Spike Jonze (2013) potrebbero presto diventare realtà: “Il mio lavoro – spiega Ishiguro – ora è focalizzato soprattutto sulle emozioni, le intenzioni e il desiderio dei robot”.


Oltre ad esser manovrati a distanza, infatti, i Geminoid stanno diventando sempre più autonomi nelle loro azioni, e sono testati con una singolare prova. “Viene effettuata la stessa dimostrazione con due androidi: uno telecomandato e uno che reagisce autonomamente agli stimoli dell’interlocutore, e quando l’utente non è in grado di distinguerli significa che la prova è superata”.
Tra gli androidi sviluppati dallo scienziato giapponese anche robot che dialogano tra loro, mentre un altro reagisce al contatto visivo: “Si trova esposto in una vetrina e sorride quando i suoi occhi incrociano quelli di un passante”.
Androidi camerieri in Giappone sono ormai all’ordine del giorno “e i bambini si fidano molto dei consigli di un cameriere robot”. Geminoid F, poi, ha ‘vendicato’ tutti gli androidi interpretati al cinema da esseri umani, vestendo i panni di una ragazza nel film Sayonara di Koji Fukada, uscito nel 2015.
Geminoid – ha commentato la critica – è l’attrice ideale: è bellissima, segue alla lettera le indicazioni del regista, è in grado di ripetere la stessa scena per centinaia di volte e lavorare per settimane senza lamentarsi. E non vuole nemmeno essere pagata: le basta essere ricaricata di notte, giusto per evitare di spegnersi nel bel mezzo di una scena.


“Che cos’è il cuore? Che cos’è la mente?” si chiede Ishiguro, determinato a rendere gli androidi fisicamente e interiormente identici agli esseri umani. Tra quelli che ha progettato ce ne è persino uno che durante una conversazione annuisce anche se non ha capito niente. Giusto per non essere troppo perfetto.
Non può non tornare alla mente L’uomo bicentenario, il film diretto nel 1999 da Chris Columbus e tratto da un racconto di Isaac Asimov, in cui Robin Williams è un robot che si evolve a tal punto da ottenere sotto il profilo scientifico l’invecchiamento e la morte, e sotto quello legale il riconoscimento di essere umano, portando all’estremo la domanda che inevitabilmente pone l’evoluzione della robotica: che cos’è la coscienza di sé? A quale stadio evolutivo dell’intelligenza artificiale si pone il problema dei diritti dei robot? E’ davvero possibile, per l’uomo, creare una forma di vita artificiale?


Ishiguro dice di sì, e appare effettivamente come un Prometeo contemporaneo, un dottor Frankenstein fermamente intenzionato a sottrarre a Dio il ruolo di creatore della vita; non a caso le sue relazioni hanno generato un terremoto tra gli accademici.
“I robot stanno diventando ogni giorno più intelligenti – gli risponde Aude Billard dell’Università del Sud Carolina – e sono ancora molto lontani dal replicare gli esseri umani. Possiedono però una caratteristica che è unica della nostra specie: imparano”. “I robot possono imparare osservando gli umani o procedendo per tentativi e presto ci affiancheranno nel nostro lavoro quotidiano. Va da sé che cresce il pericolo di essere rimpiazzati dai robot o addirittura uccisi, magari avendo un hacker come mandante”.


“Le macchine intelligenti rappresentano innanzitutto una straordinaria opportunità – riprende Paglia - basti pensare alla sicurezza che possono assicurare sul luogo di lavoro e nel campo della medicina con protesi sempre più sofisticate, all’enorme possibilità offerta nell’ambito della chirurgia attraverso i robot, che sbagliano meno dei chirurghi, e alla telemedicina che può ridurre le disuguaglianze tra popolazioni ricche e povere”. “La sostituzione dei nostri sensi è priva di senso, se immagina di poter affidare alla macchina la dimensione umana della sensibilità e della coerenza con la logica dei nostri affetti più profondi e più cari. Per scongiurare “l’esito faustiano” del nostro artigianato tecnico – aggiunge l’arcivescovo - dobbiamo essere risoluti a non vendere l’anima: neppure per acquistare l’immortalità del corpo. Perché quel corpo, senza la nostra anima, per quanto bello ed efficiente ci riuscisse, sarebbe un mostro orribile”.


“I robot hanno un valore intrinseco o strumentale? – si chiede Emmanuel Agius, docente di teologia morale all’Università di Malta – possiamo assegnare loro una personalità? Possiamo parlare di dignità dei robot?”
Ishiguro non ha dubbi: i suoi robot non si limitano a prestare dei servizi ma puntano a sostituire e affiancare gli esseri umani. Esiste già, in Giappone, un androide-santone, nel quale sono state registrate le conoscenze e il modo di esprimersi di una personalità particolarmente venerata e scomparsa due anni fa. Nell’era dei social network, poi, sono così tante le tracce che lasciamo in giro, che non sarà difficile raccoglierle e affidarle ad una nostra copia positronica, potenzialmente indistinguibile dall’originale.


Tra i robot progettati da Ishiguro ci sono gli androidi da compagnia, che non svolgono un lavoro ma hanno il compito di intrattenere un essere umano. E visto che, per il momento, i robot non sono abbastanza intelligenti per competere con gli uomini in carne, ossa e cervello, ancora vengono commercializzati solo robot-cani, perfettamente in grado di interagire con il padrone come un animale vero.
La domanda è: perché? Perché dovremmo rapportarci con soggetti inanimati allontanandoci ancora di più dai nostri simili e distruggendo quel che resta delle relazioni umane? Perché scegliere il silicone al posto della carne? La risposta di Ishiguro è spiazzante: perché, semplicemente, non ci sono più abbastanza esseri umani con cui rapportarsi. “In Giappone il tasso di denatalità è altissimo e l’immigrazione praticamente non esiste”.
Finiremo, dunque, per preferire un amico di plastica?

 

Arnaldo Casalii

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di Arnaldo CasaliGiornalista esperto di Spettacolo, Cultura, Religione.