Spettacolo

Jago/Michelangelo: l’arte emergente bella, reale e apprezzata da tutti. In mostra a Roma e poi a New York

Sculture ed opere seguite dalla nascita sul web. Milioni di visualizzazioni, contro le regole che non esistono

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jago habemus hominemJAGO è, secondo molti, il migliore artista italiano ancora in vita.
Vista la giovane età è destinato ad avere ancora una lunga carriera piena di successi. Jacopo Cardillo, questo il suo nome alla nascita, è un giovane artista italiano nato il 18 aprile 1987 a Frosinone. Vive e lavora ad Anagni in Ciociaria ed ha le idee ben chiare sul suo futuro e sulla scultura. E’ ormai il “leader artistico” di molti giovani e non solo, ed anche se nel rigido, chiuso e classista mondo dell’arte alcuni lo vedono con diffidenza, tutti ormai sanno chi è ed è impossibile non apprezzarne le sue opere. L’arte non ha regole, sono i critici che le definiscono. I Millennials sono le generazioni che più lo seguono sul web e social. Su facebook ha 244.000 followers e su instagram ha circa 36.000 seguaci in continuo aumento. I suoi video hanno migliaia di fan ed è possibile seguirlo, durante la creazione delle sue sculture, dall’inizio alla fine. Anche il video per Jago, è parte della sfera artistica.
“Habemus hominem” è il nome della sua scultura più famosa ma è anche il nome della registrazione creata mentre la produceva. Ha avuto, ad oggi, 1 milione di visualizzazioni, ed ogni giorno crescono.
 
Sono numeri tutt’altro che trascurabili che ci presentano un’ artista che plasma  e modella il marmo come fosse pongo, con una precisione unica. Jago è considerato il Michelangelo del 2000. Ogni opera è pensata e voluta. Nulla è casuale. Esprime “bellezza”, decisione e spesso, a mio avviso, diversi linguaggi all’interno di ogni singola opera.
 
A Roma è presente, dal 15 febbraio al 2 aprile 2018, la sua mostra Habemus Hominem. Al Museo Carlo Bilotti, Aranciera di Villa Borghese nel centro della capitale (dal martedi alla domenica). Un talento che, oltre ai social, usa la testa, le mani e gli elettroutensili per creare le sue opere. “Trapani, pistole e incisori elettrici” fanno parte della live performance creativa e contribuiscono a rendere estremamente realistici i corpi delle opere. Forse è questa sua “nuova tecnica da social artist” che gli permette di essere visto da 15 milioni di curiosi e appassionati anche sul web. 
 
La condivisione è il suo cavallo di battaglia, è parte della sua arte. La mostra intende rappresentare il mondo contemporaneo senza dimenticare il rapporto con la Storia. A cura di Maria Teresa Benedetti, JAGO “HABEMUS HOMINEM” è il cardine fondamentale delle opere presentate, che vanno dal 2009 a oggi, due ritratti di Papa Benedetto XVI dentro un’unica scultura: la prima iniziata quando il pontefice era nel pieno delle sue funzioni (sacrali), la seconda che mostra l’immagine del rappresentante di Dio tornato a essere uomo, Habemus Hominem. I due ritratti sono in realtà una sola opera di marmo bianco, pluripremiata ed esposta in luoghi prestigiosi, che è divenuta poi performance, installazione e video virale. Mutatis mutandis. Jago ha dapprima scolpito il busto di papa Benedetto XVI che, dopo le sue storiche dimissioni da pontefice, è tornato l’uomo Ratzinger. Attraverso la sua rinuncia, Jago ha spogliato, con lo scalpello, il Vicario di Cristo fino a denudarlo e, sempre ripreso dalla telecamera, lo ha trasformato. La stessa opera del 2009, con gli stessi occhi che ti guardano ovunque ti muovi, divenuta nuda nel 2016. Lo stesso busto in marmo di Benedetto XVI, rifiutato dal Vaticano e poi premiato nel 2012 con la “Medaglia del Pontificato”.
 
 
 
Jago è un artista innovativo e anche “strano”, che però arriva sempre agli obiettivi prefissati e sempre colpisce chi guarda le sue opere. Basta ripercorrere la sua storia, quando abbandona l’Accademia perché un docente non voleva farlo partecipare alla Biennale d’Arte di Venezia, ma lui invitato da Sgarbi, a soli 24 anni, partecipa comunque e stupisce tutti.
 
Molte delle opere di questo artista nascono dal rapporto con il “sasso”, come lo definisce lui, la pietra che è scarto della lavorazione del marmo, raccolta in ambito naturale, poi scavata creando uno spazio di matrice wildtiana nella quale si rappresentano immagini riferite allo scorrere dell’esistenza come “Memoria di sé”, o un diverso feto, immagine incorrotta di purezza come “Sphynx”.
 
 
 
 
 
Segni di tradizionale venustà appaiono cancellati nella ricerca di un diverso tipo di bellezza tra le sculture. A Roma esposta anche una portentosa "Venere”, una donna vecchia, nuova, senza capelli, per alcuni fuori dal tempo. Per me vera e realistica, anche se un po’ borghese.
 
Un artista che “scardina le regole” deciso, che dopo Roma andrà a New York e che speriamo possa far crescere la cultura e le motivazioni “artistiche” del nostro Paese senza farci tornare a guardare il passato. Senza vincoli, perché tanto ormai nessuno realizza e crea cose nuove. Le cose belle sono solo quelle antiche. Non è vero. 

Gianluca Cerasola

di Gianluca CerasolaDirettore@worldpass.it