Viaggi

Quando il cinema diventa meta di viaggio

Cineturismo e Film Commission

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Quanti luoghi conosciamo grazie al cinema? Quanti ne abbiamo poi visitati? Se oltre a viaggiare per lavoro, per un weekend fuori porta o per le vacanze vi siete ritrovati, almeno una volta nella vita, ad andare alla ricerca dei set del vostro film preferito, sappiate che oggi tutto questo ha un nome: ‘cineturismo’.
Il neologismo, coniato intorno alla metà degli anni Novanta nei paesi anglosassoni, è giunto in Italia circa un decennio fa per indicare i viaggi nelle location di film di successo.
La pratica affonda le proprie radici nella letteratura che creava percorsi per i viaggiatori settecenteschi del Grand Tour. Nel novecento trova una sua prima forma di sviluppo con le visite guidate degli studios hollywoodiani e da qualche anno è diventata un fenomeno globale, capace di muovere flussi turistici e rilanciare territori. È celebre il caso della Nuova Zelanda, che a partire dal 2001 ha conosciuto un boom turistico trainato dalle visite alle location de Il signore degli anelli.
Per quanto riguarda l’Italia uno dei primi esempi risale al 1953, anno in cui grazie a Vacanze romane e alla coppia Audrey Hepburn e Gregory Peck Roma diventò improvvisamente meta di pellegrinaggi romantici. Più tardi qualcosa di simile è accaduto a Firenze in seguito all’uscita di Camera con vista di James Ivory; Il postino ha fatto di Procida e Salina nuovi luoghi di poesia e Io ballo da sola di Bertolucci ha contribuito al rilancio della “Tuscanity” in chiave bucolica.
A questo cineturismo sporadico e casuale si è cercato di dare un carattere più sistematico con la costituzione di Film Commission. Nate in Italia a ridosso degli anni duemila, molto dopo quelle statunitensi degli anni quaranta e quelle europee dei settanta, si tratta di un multiforme universo di enti locali o regionali, fondazioni, consorzi o S.p.A. costituiti con l’obiettivo di sostenere e attrarre le produzioni audiovisive sul territorio. Nell’arco di un quindicennio ne sono nate ben ventuno. Operano prevalentemente attraverso la fornitura di servizi: organizzativi (analisi della sceneggiatura, ricerca delle location adeguate ecc.), finanziari (incentivi che riducano i costi di produzione), promozionali (anteprime sul territorio e festival).

 

 

I benefici economici diretti del cinema sul territorio sono ormai un dato acquisito. Una troupe di centinaia di persone che si stabilisce in una location aumenta l’occupazione alberghiera, le presenze nei ristoranti e tutti i servizi collaterali. Ma a questi benefici diretti vanno aggiunti appunto anche quelli legati al cineturismo.
«Secondo alcuni studi - scrive un noto sito web del settore - vi sono oltre 100 milioni di viaggiatori, soprattutto americani e inglesi, che ogni anno abbinano la loro vacanza alla ricerca dei set cinematografici». Per il centro di ricerche Visit Britain, 1 turista su 5 ha dichiarato di aver scelto di visitare il Regno Unito a seguito della visione di un film. Nel 2006 un’indagine condotta da Risposte Turismo ha riportato che ogni 5 intervistati 4 avrebbero voluto visitare il luogo d’ambientazione dopo aver visto un film.
Secondo l’economista David Friedman ogni euro investito in un progetto cinematografico ne porterebbe in media 2,2 nelle casse del territorio. In Italia, in alcuni casi, il coefficiente al quale si deve fare riferimento è addirittura maggiore: la sola Matera, grazie a La passione di Cristo di Mel Gibson, è arrivata a un moltiplicatore di reddito pari a 4.

 

La Passione di Cristo



Non tutti i luoghi utilizzati dal cinema diventano però meta di cineturismo. Che cosa, dunque, trasforma una location in una destinazione di viaggio?
Molto dipende ovviamente dal successo del film ma anche dagli sforzi di chi gestisce la location, ovvero dalle Film Commission e dalla loro reale collaborazione con le produzioni cinematografiche.
In genere non basta relegare il territorio a mera risorsa paesaggistica.
In primo luogo l’inserimento dovrebbe avvenire in modo ben riconoscibile. Si parla di screen placement quando il territorio fa da sfondo all’azione del film ma più efficace è il cosiddetto script placement, in cui i personaggi nominano esplicitamente il luogo in cui il film è girato. Infine, il territorio può diventare parte integrante del film (plot placement) tanto da essere considerato uno dei protagonisti e in alcuni casi rientrare nel titolo del film (es. Basilicata coast to coast, Rocco Papaleo, 2010).
In secondo luogo, prima, durante e dopo la realizzazione del film è necessario ottimizzare le possibilità offerte per trasformare il territorio da semplice location a nuova destination di turismo. È quello che si chiama destination marketing plan, un insieme di strategie che promuovono la comunicazione tra settore pubblico e privato, programmano il miglioramento delle strutture e dei servizi, definiscono linee guida per il monitoraggio del fenomeno turistico. Se non si è supportati da un’adeguata pianificazione possono verificarsi effetti indesiderati quali turismo intrusivo, aumento dei prezzi e inconvenienti per i residenti.
In l’Italia è stato il caso di Panarea (Giuseppe Moccia, 1996). Fu un flop al cinema ma, dopo il passaggio in televisione, divenne cult B-movie soprattutto tra il pubblico giovane, connotando l’isola come meta estiva vip. Le conseguenze sono state un’ondata di turisti prettamente italiani e un vertiginoso aumento dei prezzi, scontento per tutte le altre fasce di produttività dell’isola e problemi di sostenibilità ambientale.
Pianificare il cineturismo in ottica sostenibile, che garantisca redditività, salvaguardi le risorse ambientali e culturali e determini le condizioni per creare un vantaggio diffuso nella popolazione locale è diventato un imperativo. Ma per fare questo potrebbe essere necessario ristrutturare tutto il sistema delle Film Commission. Non è un caso se "una legge quadro che riordini il settore a livello nazionale" è stata chiesta durante lo scorso Festival di Venezia proprio dall’attuale Ministro dei beni e delle attività Massimo Bray.

Valentina Leotta

di Valentina LeottaSceneggiatrice, ha svolto un dottorato di ricerca in film studies presso l’Università di Roma “Sapienza”.