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La famiglia Bush torna in scena per il duello alla casa bianca. Jeb Bush verso la presidenza contro Hillary Clinton

Sta per pubblicare un libro "per farsi perdonare i peccati", è nemico dell'aborto e parla castigliano grazie alla moglie colombiana.

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Come sempre, o quasi, in America. L’inesorabile ‘fattore D’. Dinastia. Familiare e politica.
Qualcosa di simile alle gerarchie ereditarie di una monarchia. Solo che, negli States, gli elettori votano e sanciscono l’incoronazione. Calamitati, però, dal nome del candidato che funziona da garanzia. Chi deposita la scheda nell’urna, vuole andare sul sicuro. E gli ‘uomini nuovi’ sono rari, eccezioni alla regola.
Dinastie, dunque. I Roosevelt, i Kennedy, i Bush, i Clinton. Famiglie blasonate che godono ciascuna del sostegno di potenti ‘lobbies’, in grado – perciò - di reperire ingenti fondi per le loro campagne elettorali. Tocca di nuovo a loro – stavolta - dopo la controversa parentesi dell’affabulatore Barack Obama, che aveva fatto sbocciare attese bibliche con il suo carisma di primo afro-americano salito alla Casa Bianca, attese in parte deluse. Tocca – com’è noto – a Hillary Clinton, consorte del sempreverde Bill, ex-first lady, ex senatrice di New York, ex-segretario di Stato, donna solida e decisa, democratica lontana dai radicalismi. La novità è che – con ogni probabilità – a sfidarla a fine 2016 sarà il corpulento John Ellis ‘Jeb’ Bush, pochi fronzoli, look da pacioccone, figlio e fratello di Presidenti: il saggio George ‘ il Vecchio’ e George W., Il ‘cow boy’ guerrafondaio.

Strana storia, quella del sessantunenne ex-popolarissimo governatore della Florida, dove ha ‘regnato’ dal ’99 al 2007, poi transfuga dalla politica – anche per il veto della madre Barbara, alla ricerca di un po’ di tranquilla privacy dopo aver subito a piene mani infinite dosi di ufficialità - e immersosi fino al collo, non senza destare qualche perplessità, nel mondo spericolato del business.

Di recente Jeb ha annunciato su Facebook la sua intenzione di tornare alle ‘armi’ per correre diritto verso il traguardo più ambito: la Presidenza degli Stati Uniti d’America. Parole semplici, non paludate, come avesse parlato degli appuntamenti che lo attendevano l’indomani. Si è messo subito al lavoro, il ‘rampollo reale’. Via i dieci chili di troppo a forza di nuotate e di sudate dietro al suo esigente ‘personal trainer’, un libro sulla sua fortunata esperienza di governatore, la clamorosa assicurazione che renderà pubbliche le 250 mila e-mail scambiate negli ultimi anni da lui e da quelli del suo staff con rappresentanti del mondo politico e della finanza. Una scelta assolutamente inedita, dettata dalla consapevolezza che – d’ora in poi – la sua storia personale sarà impietosamente passata al microscopio.

 



Perché qualche peccatuccio da farsi perdonare Jeb ce l’ha e non vuole farsi prendere in contropiede. Nulla di illegittimo – pare – ma alcuni suoi affari , anche in Cina, così come le consulenze per la Lehman Brothers (poi rovinosamente fallita) e per il discusso miliardario messicano Carlos Slim potrebbero creargli qualche imbarazzo al momento del rientro in politica. Attività che potrebbero intralciare il suo percorso verso la Casa Bianca. Segno evidente che, allora, Jeb non aveva immaginato la sua voglia di ‘nomination’, sospinta dal padre e dalla pressioni di vasti settori dell’universo repubblicano alla ricerca di un ‘front runner’ in grado di incrociare le armi alla pari con il ‘peso massimo’ democratico Hillary Rodham Clinton.

Ha un potente alleato al suo fianco, il prode Jeb: l’adorata moglie messicana Columba, sposata quarant’anni fa, che gli ha insegnato a parlare lo spagnolo – castigliano puro – e gli garantisce le forti simpatie dell’ampio elettorato ispanico – ormai determinante in un’elezione presidenziale - che lo aveva già apprezzato nel suo lungo incarico in Florida. Anche per la sua vicenda personale Jeb è un repubblicano atipico: al contrario dei duri e puri dei ‘Tea Party’, non vede con fastidio l’immigrazione – non è contrario alla riforma Obama – ed è fautore di un sistema scolastico multietnico e multiculturale. In compenso il più giovane dei Bush è smaccatamente liberista in economia e fisco, considera con disprezzo tutto ciò che odori anche alla lontana di socialismo e – influenzato dalla consorte cattolica - è nemico giurato dell’aborto. Un mix di conservatorismo e di aperture al globalismo che sarà messo alla prova nelle primarie del ‘Grand Old Party’, che lo lanceranno o meno nel folle vortice del duello per la Casa Bianca. Hillary e la ‘Clinton machine’ sono avvisati. Lui è il ‘terzo’ Bush.

Giovanni Masotti

Tags: politica, usa
di Giovanni MasottiGiornalista Rai Inviato da Mosca.